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TESTO Intercede la regina, adorna di bellezza

don Walter Magni  

II domenica dopo Epifania (anno A) (15/01/2017)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

L'episodio delle nozze di Cana, proclamato in questa domenica, non è solo un racconto simpatico che ci narra di Gesù che trasforma l'acqua in vino in occasione di una festa di nozze. Per il Vangelo di Giovanni, questo episodio è una manifestazione molto precisa di Dio. Si dice, infatti, che in quella occasione Gesù "manifestò la sua gloria", avviando in questo modo un inizio importante: "Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù".

L'inizio dei segni in una casa
Chiariamo il significato di certe parole. il Vangelo di Giovanni in rapporto all'episodio dell'acqua tramutata in vino non dice che si tratta di un miracolo, ma di segno. Un miracolo è qualcosa di spettacolare e di sensazionale che eccita la fantasia e suscita meraviglia e stupore, mentre un segno, in senso evangelico intende
insegnare qualcosa, indicare qualcuno. Avviando un atteggiamento di fede, di credibilità nei Suoi confronti. Anzi il Vangelo di Giovanni afferma che in questo caso siamo davanti al primo segno, al "principio dei segni". Come se si volesse cominciare a segnalare qualcosa, Qualcuno che va continuamente cercato, anche oggi. Cosa o chi propriamente?
Intanto questo segno avviene in una casa di un paesino della Galilea. Questo ci meraviglia non poco perché i grandi segni del passaggio di Dio e della sua presenza noi li vedremmo meglio collocati in una chiesa, in un tempio o anche in un santuario che sta in cima ad un monte o un sacro monte. Invece l'inizio dei segni, stando al vangelo, avviene in una casa come tante. Che modo singolare da parte di Dio di darci i Suoi segni. E se le cose stanno così allora potrebbe essere interessante capire che anche nelle nostre case, nei luoghi dove ordinariamente viviamo Dio sta ancora lasciando i segni della sua presenza, del suo passaggio. Perché Dio ci parla anzitutto dentro la quotidianità delle nostre cose. Del resto del vino ultimo, quello buono, solo i servi e solo Maria sapevano da dove proveniva, mentre tutti gli altri, sposi compresi, l'avevano bevuto, senza sapere cos'era capitato davvero e com'era avvenuto questo segno.

Durante una festa di nozze
Ma c'è anche un'altra segnalazione che non possiamo perdere. Il fatto che questo segno viene operato nell'orizzonte gioioso e allegro di una festa di nozze di giovani sposi. Che è come dire che Dio si rende presente ("e c'era anche Gesù...") e soprattutto ama manifestarsi dove si fa festa e gli uomini e le donne di questo mondo sono felici e gioiosi. Soprattutto quando la festa è di tutti. Soprattutto è la festa di tutti coloro che semplicemente si amano. Proprio quel tipo di festa durante la quale capita che qualcuno si lascia andare un po', mettendosi a cantare e abbandonandosi a qualche passo di danza. Senza troppi calcoli, senza tutte quelle formalità che talvolta irrigidiscono il volto della gente, stravolgendo la bellezza del mistero di Dio. Come capita a volte in certe nostra celebrazioni che hanno perso la passione e non esprimono un sentimento. Talvolta persino senza amore. Dio fa fatica a stare dentro certe situazioni dove prevale la rigidezza e l'indifferenza.
Il nostro è piuttosto un Dio che non si trattiene e non sa stare chiuso in se stesso. E' un Dio che si sbilancia, soprattutto se si tratta di rapportarsi, di comunicare, di amare. Che se ha deciso di regalarci il primo dei Suoi segni durante una festa di nozze, significa che sbufferebbe anche lui davanti a certi ritualismi. Anzi, in qualche parabola evangelica Dio ama raccontarsi come se fosse il regista delle nozze di Suo Figlio. Al punto che, lungo tutta la Scrittura, spesso si è servito dell'immagine intensa - fisicamente e spiritualmente - dell'amore tra un uomo e una donna. Tanto che potremmo pensare che l'episodio di Cana potrebbe essere una ripresa che il rabbi Gesù fa del Cantico dei cantici. Insomma: il nostro Dio non disdegna l'ebbrezza del vino, la gioia del canto, l'abbraccio dell'amore.

"Non hanno più vino"
E per questa incontenibilità di un Dio appassionato non bastano neppure sei giare di pietra ricolme di tutta quell'acqua sacra, per la purificazione. Seicento litri d'acqua che diventano vino spumeggiante. Così che tutta questa abbondanza di grazia si riversa sull'insieme di tutte le nostre tradizioni, su tutte le nostre coreografie celebrative, troppo spesso smorte e scolorite. C'è da sperare che non venga mai più a mancare questo vino. Quel sussulto, quell' entusiasmo, quella passione che possa rivitalizzare anche le nostre cose di chiesa. E' interessante, in questo senso, l'espressione usata da Maria all'inizio dell'episodio di Cana, quando con piglio deciso s'era permessa di dire a Gesù: "non hanno più vino". Segno di un'attenzione profonda, di un intuito, di una chiaroveggenza di donna e di madre. Perché poi c'è davvero il rischio che nelle nostre chiese, nelle nostre case venga a mancare il vino gioioso e spumeggiante del Vangelo. Se è vero che nei nostri ambienti e nelle nostre comunità l'apparato c'è tutto e non manca niente dal punto di vista della organizzazione e della forma, tuttavia è proprio la sostanza che talvolta sembra si sia volatilizzata. E non è difficile intuire, dietro tanti ritualismi e un ordine apparente, scorgere molta stanchezza e un certo vuoto. Come mancasse l'anima, il cuore stesso nelle molte cose che facciamo, anche le più povere ed essenziali.
Che grazia grande potrebbe essere per noi l'Eucaristia della domenica, quando non si riduce ad una giara di pietra vuota e un po' screpolata dal tempo. Importa tornare a custodire il vino nuovo dell'Evangelo. rendendo più gioioso il nostro volto, lasciando che anche i nostri occhi tornino a brillare. Come il volto disteso di chi ha di nuovo incontrato il Dio della vita, della gioia. Si, il Dio della festa, dei banchetti, il Dio della danza senza fine.

 

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