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TESTO Commento su Is 8,23-9,3; Sal 26; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (22/01/2017)

Vangelo: Is 8,23-9,3; Sal 26; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 4,12-23

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Forma breve (Mt 4,12-17)

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Anche questa domenica, come la scorsa settimana, ritornano i temi della luce e della figura del Battista, che abbiamo ascoltato nel tempo di Natale.
Nella prima lettura troviamo l'annuncio del cambiamento. Il testo di Isaia (che è ripreso dal vangelo) contrappone una condizione di schiavitù (il giogo che opprime) a una condizione luminosa di pace e di ricchezza condivisa. Era un annuncio di speranza: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata". La "luce" che illumina ogni uomo e che garantisce la liberazione definitiva è il Messia, atteso e preannunciato dai profeti.
Questa risorsa della speranza è la vera forza creativa che nasce dal profondo di noi e che muove la storia. Noi oggi, però, siamo "immersi nelle tenebre": la paura ci domina e le speranze di un mutamento si assottigliano. Facciamo allora nostra la preghiera del Salmo 26: "Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?"
Nella seconda lettura san Paolo indica chiaramente alla comunità di Corinto, e a noi, il cammino che come cristiani dobbiamo fare, cioè quello dell'unità, della comunione, dell'amore a Cristo "Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire". È un invito e uno stile che dobbiamo fare nostri oggi, soprattutto nell'ambito familiare e comunitario.
Nel vangelo troviamo Gesù impegnato nella sua opera di evangelizzazione: chiama a sé i primi discepoli, insegna, guarisce, porta a tutti la parola di speranza e di vita. L'arresto del Battista fu un segnale per Gesù che era giunto il suo tempo. Matteo infatti vede il trasferimento di Gesù sulle rive del lago di Genesaret come il compimento della promessa messianica. "Galilea delle genti" è un'espressione per indicare come quel territorio fosse un luogo di forte immigrazione, d'incontro tra i popoli, di scambio tra culture differenti, non sempre in armonia tra di loro. È un po' l'esperienza che le vicende di questi ultimi tempi ci fanno vivere nelle nostre città; eppure anche all'interno di questa "Galilea delle genti" è possibile intravedere una luce, addirittura una "grande luce".
Il vangelo di oggi ci dice che, per vivere, la speranza non può rassegnarsi al fallimento, ma per cogliere il senso vero di questa speranza la strada non è quella di descrivere con slancio lirico la bellezza di una umanità fraterna e pacificata (come fa Isaia), che non riusciamo ancora a vedere. Occorre piuttosto tornare (come fa il vangelo) alla piccolezza dello stato nascente della predicazione cristiana, che mette a dura prova i nostri complicati ragionamenti. Il Battista è arrestato e Gesù crea subito un'altra piccola pattuglia di uomini destinati a portare la buona notizia del regno. Tutto sembra così inadeguato! Questi uomini sono pescatori senza cultura, presi da paesi e ambienti lontani da quelli che contano ("Che cosa può venire di buono dalla Galilea?").
Per realizzare il suo progetto, Gesù prende la gente comune, intenta al proprio lavoro. Questi sono gli inizi del regno di Dio. A noi possono sembrare scelte inadeguate. Eppure Gesù, per cercare collaboratori, non va nelle scuole dei dottori della legge, non passa nei palazzi della politica, perché Gesù non ha bisogno dei dotti e dei potenti, ma solo di uomini capaci di portare una speranza.
Dunque il protagonista di questo futuro nuovo è l'uomo che vive la sua normalità di uomo. L'unica condizione che gli è chiesta è quella di essere libero interiormente, cioè di non cedere alla schiavitù dell'abitudine e della rassegnazione, ma di custodire in sé quell'energia della speranza che è la nostra dignità di uomini e la nostra forza. I primi chiamati avevano questa qualità, perché non si va dietro a un uomo che passa, abbandonando tutto, se non c'è dentro una speranza, un'attesa, un desiderio di cambiamento, di miglioramento. Gli uomini tranquilli e soddisfatti nelle loro abitudini, che si affezionano alla loro tranquillità, non sono disponibili per un futuro nuovo. Gesù, che vedeva nei cuori, sceglie questi uomini così lontani dai nostri criteri. L'insegnamento per noi è questo: le nostre speranze non le dobbiamo affidare ai grandi di questo mondo, ma agli uomini veri. Solo essi possono costruire il tempo nuovo dell'uomo.
Tutti siamo chiamati a seguire Gesù "che andava annunciando la buona notizia del regno, curando ogni sorta di infermità nel popolo". Si tratta di annunciare e di guarire. Gesù vuole uomini capaci di aiutare questa liberazione. Il vangelo parla di tutti noi. E' vero, il brano letto, registra i nomi di Andrea, Simone, Giacomo e Giovanni, ma è rivolto a tanti altri uomini anonimi, chiamati allo stesso impegno, che si rivela come l'unica speranza di una convivenza più umana. C'è un seguire Gesù che si realizza anche rimanendo al proprio posto, senza abbandonare la famiglia, continuando il solito lavoro. Ciò che conta è il modo diverso di fare le cose di sempre, le cose che fanno tutti. Cambia il senso, la prospettiva, l'intenzione profonda della nostra vita se accettiamo la domanda che decide una vocazione: pensare solo a sé o pensare agli altri?
Proprio attraverso questa domanda decisiva, che tocca la coscienza di ciascuno di noi, nella vita di tutti i giorni, si rende visibile la novità del vangelo. Il Signore, passando, permette alla stragrande maggioranza degli uomini di rimanere al proprio posto. Ma se veramente accogliamo il suo invito, niente, dentro di noi, rimane al proprio posto, niente rimane come prima.
Anche oggi il Signore ci dice: "Convertiti e credi al Vangelo", anche oggi Gesù ci chiama a seguirlo, nelle varie situazioni che ci si presentano, in famiglia, sul lavoro, nelle nostre comunità, nel sociale... C'è però sempre la tentazione di far presente tutti i nostri motivi, le nostre scuse per rimandare la decisione più avanti, magari in un'altra occasione. E' oggi invece che siamo interpellati a dare una risposta perché Lui ci chiama!
Anche oggi c'invita a dargli retta, per provare a costruire e lasciare alle generazioni future un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto. Il futuro non dipende dall'economia, dagli andamenti delle borse, ma dipende da noi, e sarà luminoso se noi oggi siamo capaci di cogliere quella luce che ci viene dal Signore.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Tu che sei battezzato e hai coscienza dei doni ricevuti, come riesci a fare emergere le qualità positive o le possibilità in chi, in famiglia, nel mondo del lavoro, nella comunità, non ha preso ancora coscienza delle sue possibilità?
- Gesù sceglie d'andare a Cafarnao, città che potremmo definire le periferie di papa Francesco: noi come ci caliamo nelle periferie esistenziali che vanno dal luogo, alle persone, alle situazioni difficili?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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