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TESTO Il tuo nome scritto sul palmo di una mano

don Angelo Casati  

Ottava del Natale del Signore - Circoncisione del Signore (01/01/2017)

Vangelo: Lc 2,18-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,18-21

18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Nella liturgia che chiude e apre l'anno - penso lo immaginiate - è difficile, rischioso, parlare. Perché? Perché è facile cadere nei luoghi comuni, è facile fare bilanci supponenti dell'anno che è passato o fare prefigurazioni presuntuose per l'anno che è appena sgusciato dal grembo del tempo.

Perché la premessa? Forse - e lo confesso - per mettere al riparo uno come me, che non possiede simili qualità, né di indagini sociologiche né di previsioni lungimiranti. La mia lanterna batte luce vicino. E allora sto con le letture, sto con qualche frammento delle letture. Sempre a colpirmi, ad esempio è il fatto - e già ce lo siamo detti altre volte - che, nelle tre letture della Messa di questo primo giorno dell'anno, ci sia un riferimento puntuale, quasi insistente, al "nome", il nome legato a volti.

Il vangelo di Luca ci ha raccontato come all'atto della circoncisione, che immetteva un neonato nella storia di un popolo, al bambino fu dato il 'nome' di "Gesù"; il brano ai Filippesi affermava a chiare lettere che al suo Figlio, morto di croce, "Dio donò il 'nome' che è al di sopra di ogni nome"; e nell'invito rivolto nell'Antico testamento ai sacerdoti era detto: "Porranno il mio 'nome' sugli Israeliti e io li benedirò".

Non so se capita anche a voi di soffermarvi a pensare alla funzione e, ancor più, alla bellezza di un nome proprio di persona: al nome si accendono visi. Se non siamo consumati dall'abitudine, nel dire un nome si accendono ricordi e tenerezze. Nel sentirti chiamato per nome ti senti come sfiorato, quasi ti sentissi d'un tratto strappato all'anonimato. Quasi mi dicessi: "Per lui io ho un nome".

E da come tu lo pronunci sento la tenerezza che ti abita. Per me. Ebbene noi questa mattina, glorificando e lodando Dio come i pastori, dedichiamo al suo nome il nuovo anno. Mi è venuto oggi spontaneo pensare che il nuovo anno potrebbe essere immaginato come un libro o, se volete un diario. Ti viene chiesta una dedica per il libro. A chi lo dedichiamo? Pensate con quanta tenerezza facciamo una dedica su un libro.

Forse non riusciamo a dire tutto quello che vorremmo, ma scriviamo con intensità un nome. Ci prende una voglia di dire bene, di bene-dire. Sì, benediciamo Dio. Lo benediciamo da questa prima mattina dell'anno: con questa eucaristia, è come se scrivessimo una dedica. A Dio, sulla prima pagina dell'anno. Una dedica che vorremmo non impallidisse, come succede per le parole, perché la parola "dedicare" nella sua radice etimologica significa un "dire con intensità", un dire dal di dentro.

Ci guida un desiderio, il desiderio che le pagine che verranno scritte nell'anno siano, per quanto possibile alla nostra povera misura, degne del nome che questa mattina scriviamo nella prima pagina. Un nome, quello di Dio, impronunciabile secondo le pagine dell'Antico Testamento, un nome che ora però diventa pronunciabile nel nome dato a questo bambino nell'ottavo giorno: "Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo".

"Il sentiero della luce" mi ha scritto in questi giorni un amico "passa attraverso un seno di donna. E come potrebbe essere se non nella logica di una tenerezza incarnata?". Una tenerezza, quella di un Dio che si è abbassato. Ce lo ricordava questa mattina la lettera ai Filippesi. Ci ricordava che per questo il nome di Gesù è al di sopra di ogni altro nome: perché "svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini".

E' proprio il contrario di quello che spesso pensiamo quando diciamo a noi stessi o a qualcuno: "Fatti un nome". Sì, "ha svuotato se stesso, assumendo una condizione di servo. divenendo simile agli uomini". Fatti grande! Sì! Nel segno della tenerezza. La tenerezza di Dio fa dire al profeta che il nome di ciascuno di noi Dio l'ha scritto sul palmo delle sue mani: "Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato" (Is 49,16).

Vedete dove arriva il nostro nome! Sulle palme della mani di Dio. Così come si disegna il nome di creature amate! Il nome di Dio, sulla prima pagina dell'anno, come per una dedica; il nostro nome sulle palme delle mani di Dio come per una custodia. Mi sono chiesto: "E il nome dgli altri?". Ci sono nomi di persone che conosciamo, stimiamo ed amiamo: sono come scritti sul palmo delle nostre mani.

Dio benedica lungo l'anno il loro nome. Ci sono però nomi - e voi lo sapete - che possiamo a volte pronunciare con astio, con durezza, con disprezzo. Dio ci liberi, nell'anno, dal pronunciare il nome di chicchessia volgarmente, aspramente, dall'alto in basso quasi fosse nome di un suddito. Dio si è abbassato. Pronunciamo con rispetto i nomi.

Forse potremmo leggere anche in questo orizzonte la giornata della pace che quest'anno ha come tema la "non-violenza": "Facciamo della non violenza" dice il papa "il nostro stile di vita". Penso all'invito alla non violenza nei contesti mondiali, nazionali, ma anche all'invito alla non violenza in contesti più vicini, più personali, più quotidiani: "facciamo della non violenza il nostro stile di vita"! E da ultimo - e vorrei concludere - ci sono i "senza nome".

E qui si apre tutto un altro capitolo, un altro orizzonte, che andrebbe esplorato. E' brutto quando, per gli altri, non sei un nome, sei solo un numero: vieni chiamato con un numero! E ancora più disumano, ancora più triste quando di certe, tante, troppo, tragedie non facciamo altro che che dire purtroppo dei numeri.

Faccio un esempio: dei migranti che muoiono in mare, senti dire un numero, i nomi si sono come eclissati, un eclisse in umanità, un nostro naufragio in umanità. E pensate, sul versante opposto, alla bellezza di un popolo o di singoli che cercano di dare un nome. E non solo ai morti, ma anche ai vivi. Quasi a dire: "Tu hai un nome per me! Sei nella custodia. Noi ti disegniamo sulle palme delle nostre mani".

Dio ci conceda di disegnare nomi e nomi sulle palme delle nostre mani, ci conceda di scrivere sulle palme delle nostre mani i nomi dei senza nome.

 

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