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TESTO Commento su Isaia 52,7-10; Giovanni 1,1-18

Carla Sprinzeles  

Natale del Signore - Messa del Giorno (25/12/2016)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Amici, cerchiamo di capire se stiamo vivendo una festa cristiana o pagana.
Il natale cade nel solstizio di inverno e i nostri lontani antenati paventavano la morte del sole: per esorcizzare questa paura, facevano festa, accendevano lumi, usavano farsi regali. Con Costantino il culto del sole nascente diventò il Natale di Cristo, Luce del mondo. I simboli pagani del solstizio d'inverno segnano ormai la nascita di un bambino ebreo, che avrebbe cambiato la storia. era nato per instaurare un ordine nuovo e molto antico: quello progettato agli albori della creazione, in cui la terra era affidata all'uomo, non per accaparrare i frutti né il suolo, bensì per condividerli con i fratelli.
Gesù nasceva senza possedere nulla, ci ha presentato un Dio padre che viene verso di noi e arriva fino a donare a noi il suo sangue, la sua vita, per essere vicino all'ultimo della terra. L'ironia è che la nostra civiltà, che si dice cristiana, festeggia in modo pagano la sua nascita: radicalmente in modo opposto alla sua missione.
Dove sono i poveri, che condividono in modo che tutti abbiano il necessario, compreso loro stessi? Dove sono i miti, che rispettano i diversi e trasmettono nei loro gesti la bontà del creatore per ogni essere umano? Dove sono i misericordiosi, che chiedono al Padre di perdonare a chi fa loro del male, consapevoli che questo male lo hanno spesso inconsciamente provocato? Dove sono coloro che sanno fare il lutto delle cose inutili, dei piaceri che tolgono il pane dalla bocca dei fratelli? Dove sono i puri, il cui cuore sa vedere solo il Bene all'opera in ogni uomo, persino attraverso le nefandezze, frutti del disagio accumulato per generazioni? Dove sono coloro la cui giustizia altro non è che il riflesso di quella del Padre, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, il riflesso dell'amore infinito per ogni essere umano, qualunque sia il suo comportamento?
Cristo è nato perché nasca in ogni uomo l'essere vero, ossia quell'immagine del Padre di cui il bambino di Betlemme è stato il prototipo, per farci vivere, anche noi come lui, quale manifestazione del Bene, dell'Amore.

ISAIA 52, 7-10
La prima lettura richiama l'azione profonda della Parola di Dio nella storia degli uomini, attraverso il Deuteroisaia, quel profeta dell'esilio di cui non sappiamo il nome, che indicava ai messaggeri che annunciavano con gioia le vie tracciate da Dio per gli esuli che tornavano da Babilonia a Gerusalemme.
I versetti, che si leggono, sono inseriti in un inno di gioia e di esultanza per la ricostruzione di Gerusalemme, che il profeta intravvede in un prossimo futuro. Il significato del testo è concentrato sull'espressione: "vedono con gli occhi il ritorno del Signore." Nulla di più consolante che poter vedere con i propri occhi la realizzazione di un desiderio, che è la ricostruzione di Gerusalemme, luogo della presenza di Dio e del suo popolo.
In un contesto di esilio e di lontananza, di assedio e di distruzione, tali parole riaccendono nel cuore una luce. Dunque c'è un messaggero che dà buone notizie e annuncia la salvezza. La prospettiva è sempre più ampia e universale poiché quello che Dio sta per fare a Gerusalemme non riguarderà solo il popolo di Israele, ma tutta la terra abitata.
Il contenuto dell'annuncio è chiaro: la regalità di Dio non viene solo affermata, ma diventa oggetto di una professione di fede. Va notato che non si dice che Dio è re, quasi per attribuire un titolo onofirico, ma si dice che "regna". Il Dio di Israele non ama ricevere titoli, ma vuole che sia riconosciuta la sua azione positiva nella storia. Dio non si è dimenticato della sua promessa, è fedele e le porta a compimento.

GIOVANNI 1, 1-18
Il vangelo di oggi, in una forma universale e solenne, ci ha presentato, attraverso le tappe della storia della salvezza, l'azione di Dio nella creazione prima, poi nella storia degli uomini, poi attraverso i profeti nel suo popolo, il popolo che ha raccolto perché annunciasse appunto il compimento, e infine nel Figlio che si è espresso in Gesù.
In tutta la sua vita, non solo nella nascita. La nascita anzi non avrebbe nessun significato se non avesse avuto il compimento; non sammo qui a ricordarla se non avesse poi avuto quell'espressione suprema di amore sulla croce che l'ha condotto alla resurrezione e al dono dello Spirito. Per questo nel celebrare come ogni domenica la morte e resurrezione del Signore, oggi ricordiamo anche questo avvio, questa nascita: proprio perché ha avuto quel compimento.
Spesso identifichiamo l'incarnazione con il momento del concepimento o della nascita di Gesù, ma non è esatto, perché l'incarnazione si è realizzata in tutta la vita di Gesù.
Se non ci fosse stato il compimento non avremmo neanche registrato questa nascita, come non la registrarono al suo tempo: nessuno si accorse che era nato colui che poi sarebbe diventato il messia: è il compimento che ha reso significativa la sua nascita.
Questo vale anche per noi: la nostra nascita potrà essere celebrata, a livello profondo, a livello invisibile agli occhi umani, se avrà come compimento un nome, il nome dei figli di Dio. E' per questo che noi celebriamo la nascita di Gesù, perché coinvolge il nostro cammino, perché dà un senso alla nostra esistenza.
Gesù è cresciuto "in sapienza, età e grazia", ma appunto perché cresceva a livello spirituale: all'inizio per merito della sua famiglia, per la fedeltà di Giuseppe e Maria, che col loro amore hanno creato un clima tale di vita spirituale, per cui l'hanno educato a conoscere Dio, ad amarlo, a pregare. Successivamente per il suo cammino di fedeltà.
Oggi tocca a noi diventare messaggeri di pace e gioia. Tocca a noi annunciare al mondo che è possibile distribuire i beni sulla terra in modo diverso, che è possibile una forma nuova di umanità, che è possibile distribuire i beni sulla terra in modo diverso, che è possibile eliminare la povertà estrema sulla terra e procedere sulla via della giustizia! E' possibile perché già la forza creatrice contiene tutto questo, ma richiede persone che diventino strumento, espressione efficace di questa Parola.
Cominciando da noi, dai piccoli gesti di ogni giorno. E' possibile. E quando una parola è resa visi bile e udibile nella storia umana, se è Parola di Dio, sconvolge le cose e crea novità: nascono figli di Dio in mezzo a noi e la salvezza è assicurata.

Siamo fatti per essere contenti, facciamo fatica a riconoscere che abbiamo bisogno di questo amore per vivere. Il grave è che lo possiamo rifiutare! Neppure Dio estorce un amore, ma se lo accettiamo, non perché siamo bravi e belli e santi, ma perché siamo stati generati da DIO.
Restiamo dei poveretti, ma con un cuore a misura di Dio, capaci di gioia infinita.
Buon Natale a tutti!

 

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