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TESTO Scandalosamente Dio

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (11/12/2016)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Troppo categorico, Giovanni. Troppo "tutto d'un pezzo". Non poteva che finire così, in carcere. In carcere per colpa dei potenti, di fronte ai quali non ha piegato il capo come una canna al vento, e con i quali non ha voluto condividere nulla: vestiti, palazzi, banchetti, ideologie, soldi...nulla di tutto questo. Categorico, tutto d'un pezzo, intollerante nei confronti del comportamento della famiglia reale di Galilea, scandalosamente protagonista di un divorzio inconcepibile per l'epoca, e costruita su un matrimonio illegale che rendeva illegale anche il titolo regale. Al re e alla regina adulteri sarebbe stato giustissimo applicare il principio della scure posta alla radice degli alberi, per tagliare quest'albero privo di frutti di opere buone; oppure il metodo del fuoco che brucia la paglia rimasta sull'aia dopo la battitura del grano. Del resto, questo era il Messia predicato e atteso da Giovanni: colui che avrebbe colpito i malvagi e gli empi, senza guardare in faccia a nessuno, ricchi o poveri, potenti o ultimi, oppressi e oppressori. Chiunque avesse sbagliato, avrebbe pagato, perché Dio è venuto a chiamare non i peccatori, ma i giusti; non gli ultimi, ma i primi della classe.

Sennonché, dopo qualche tempo, Giovanni, mosso dallo Spirito, indica ad alcuni dei suoi discepoli il Messia, e lo indica come "l'Agnello di Dio", come il capro espiatorio del Levitico venuto a portare via, addosso a sé, tutto il male presente nel mondo. Da lì, Giovanni fa qualche passo indietro per lasciare spazio a questo suo parente, figlio di una cugina di sua madre, un galileo sul quale i suoi compaesani di Nazareth raccontano dicerie insulse, secondo le quali non si sa bene chi sia suo padre. Poco importa: anche del grande Melchisedech, re di giustizia e di pace, si diceva che fosse "senza padre e senza madre". Ciò che conta, è che venga a eliminare il male, definitivamente: a togliere di mezzo i malvagi, a eliminare i peccatori e a radunare intorno a sé i giusti. L'esatto contrario di ciò che Gesù sta facendo: tutti i peccatori, i pubblicani e le prostitute accorrono a lui; forma un gruppo di discepoli tra cui c'è gente poco raccomandabile, e quando qualcuno lo critica su questo, dice chiaramente che lui non è venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Ma allora, quel Messia che Giovanni aveva annunciato come giustiziere e vendicatore? Quella scure pronta a tagliare gli alberi infruttuosi? Quel fuoco pronto a bruciare paglia e sterpaglie? Per di più, ha lasciato Giovanni da solo a lottare contro la prepotenza e il peccato di Erode; e quello, dalla solitudine del carcere, gli manda a dire il suo sconforto e il suo dubbio: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?".

La fede di Giovanni non crolla, per il suo Dio darà la vita; ma di certo, inizia ad avere qualche dubbio. Così come ce l'abbiamo noi, quando professiamo con ferma convinzione che Gesù è il Salvatore che è venuto a liberaci dal male e dal peccato, eppure il mondo è ancora pieno di malvagità; quando diciamo che Gesù duemila anni fa ha portato la pace sulla terra, e la terra ancora oggi non conosce pace. Così come Gesù ha dei dubbi su di noi, quando ci prepariamo alla sua venuta nel Natale attraverso mille iniziative, attività, manifestazioni, incontri, gesti familiari e comunitari, spese, regali, ore di shopping, addobbi, lustrini e luci...e magari nemmeno due minuti di preghiera al giorno...se lo starà chiedendo pure lui se stiamo veramente aspettando lui o qualcun altro...

Che noi manchiamo di fede e riempiamo l'attesa del Signore di tutto meno che di lui, non è certo una novità; ma a Giovanni la fede non mancava, e la sua domanda è veramente una domanda esistenziale, una domanda su Dio: "Ma che Dio sei? Dammi un po' di luce, illuminami, per capire quale strada devo intraprendere per incontrare te, il mio Messia, il mio Salvatore, che ti manifesti l'esatto opposto di ciò che ho predicato". Gesù ha troppa stima di Giovanni per dargli una risposta qualsiasi e liquidarlo con due battute: al più grande profeta, al più grande frutto dell'umanità, all'uomo tutto d'un pezzo che non si piega ai potenti e non si riveste dei loro abiti, né abita nei loro palazzi, il cugino di Galilea manda a dire il concetto fondamentale della fede cristiana, ovvero che la conversione non è smettere di peccare, ma smettere di scandalizzarsi di Dio.

Non ci si deve scandalizzare di un Dio che prende la scure per abbattere gli alberi e la trasforma in una zappa per smuovere il terreno, concimare e fare in modo che arrivino i frutti; non ci si deve più scandalizzare di un Dio che, sì, è ancora forte come il fuoco, ma non brucia, bensì - come il roveto ardente dell'Esodo - scalda, illumina, e dà vita e speranza a chi è immerso nel buio gelido della notte. Non ci si deve scandalizzare di un Dio che dà l'opportunità, all'ultimo degli ultimi della terra, di essere il più grande nel Regno dei Cieli.

Certo, è faticoso accettare un Dio così, perché accogliere il suo messaggio di misericordia, richiede pazienza: ma se ci pensiamo bene, questo messaggio dà la possibilità a tutti, davvero a tutti, di tornare a dare frutti di vita, e di vita buona, perché il male scompaia dal mondo a forza di bene.
E non era forse questo, ciò che volevamo da Dio?

 

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