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TESTO L'ingresso del Messia

don Walter Magni  

IV domenica T. Avvento (Anno A) (04/12/2016)

Vangelo: Mt 21,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,1-9

1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, 2dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. 3E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». 4Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

5Dite alla figlia di Sion:

Ecco, a te viene il tuo re,

mite, seduto su un’asina

e su un puledro, figlio di una bestia da soma.

6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 9La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:

«Osanna al figlio di Davide!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Osanna nel più alto dei cieli!».

L'evangelo di questa domenica è una grande rappresentazione dell'Avvento, quasi una messa in scena del venire di Gesù in mezzo a noi. "Ecco, il tuo re viene a te..." è la citazione che sta al centro del brano con tutta la forza del venire di Gesù. Lui, che "venne nella sua casa..." (Gv 1,11) e che a Zaccheo diceva: "oggi devo venire in casa tua" (Lc19.5), sino a concludere così nell'Apocalisse: "Sì, verrò presto". Sì, certo: "Vieni, Signore Gesù" (Ap 22,20).

"Benedetto colui che viene"
Gesù amava descriversi come veniente, Colui che viene: "sono venuto a cercare e salvare ciò che era perduto"; "non sono venuto per i sani ma per i malati" e ancora: "Sono venuto perché abbiano la vita". Ma oggi Gesù va in una direzione precisa. Vuole entrare in Gerusalemme. Città tanto amata e desiderata. Sintesi dei Suoi sogni e delle Sue speranze. Compimento della Sua vita e luogo della Sua morte e resurrezione. L'Avvento di Gesù è certamente, in primo luogo, un fatto personale che mi coinvolge anzitutto in una relazione individuale con Lui. Gesù coltivava volentieri del tempo per stare con alcune persone. Addirittura di notte, con Nicodemo o nell'ora più calda del giorno, come quando S'era fermato a conversare presso un pozzo con una donna samaritana. Ma capitava che pure S'arrestasse, estasiato o pensoso, persino piangendo, all'ingresso di una città. Come attraversato da un senso di affetto e di compassione profonda per tutta quella gente che se ne stava all'interno della città, fatta di case ammassate sul pendio della collina. L'avvento di Gesù è anche un fatto collettivo e politico, nel senso stretto del termine. Nel senso che finisce inevitabilmente per incontrare la coscienza civile di un popolo, con le sue domande, con i suoi drammi organizzativi e sociali. Per questo, come credenti non ci possiamo sottrarre davanti a una responsabilità civile, ricercando con forza e caparbietà di ripetere: "Benedetto Colui che viene nel nome del Signore". Come a Gesù nessun uomo è estraneo, così per Lui non esistono città nelle quali non possa entrare, che non possa abitare.

"Il maestro ne ha bisogno"
E merita pensare anche ad alcuni personaggi anonimi di questa scena evangelica. Persone che l'hanno aiutato a entrare nella grande città. Sentendomi uno di loro. Come uno che appare anche solo per un istante, dicendo una sola battuta sulla scena e poi scompare. Li vedete quelli che sembrano quasi regalare l'asina e il suo puledro a Gesù? Che pongono una sola domanda: Perché mai lo slegate? E poi semplicemente si fidano e lasciano fare. Immagine chiara di tutti coloro che nella quotidianità continuano a intessere piccoli, ma grandi rapporti di fiducia. Di fiducia negli altri, nel futuro o anche solo in se stessi. Sono gli uomini e le donne che abitano questa terra, in modo fiducioso e leggero, che vivono semplicemente l'atto umano del credere, del continuare a fidarsi, ad affidarsi rischiando. Se la fede nelle nostre chiese oggi è in crisi è forse perché ci attraversa una profonda sfiducia in chi ci sta accanto, nell'umanità semplice delle persone. In crisi è l'atto umano del credere. Non ci fidiamo più, non diamo più credito all'altro. Samo chiamati a rialimentare fiducia, creando strutture di fiducia. Quasi fosse una sorta di terreno fertile ancora capace di far riattecchire la fede in Dio, in un Dio che viene, che viene sempre. Perché nella palude della diffidenza, anche il germoglio del cielo si perde. Far bene il bene, accettare l'altro senza lasciarsi sopraffare dal tarlo del sospetto, della malizia dell'altro, ci introduce alla fede. Spalanca il nostro cuore alla speranza. I proprietari del puledro, di un villaggio senza nome, rappresentano tutti gli umili servitori del Regno, casa e lavoro, che stanno dalla parte della gratuità, senza monetizzare la vita ad ogni costo. Semplicemente affidabili, credibili.

"Ed egli vi si pose a sedere"
Il Regno, dunque, avanza anche sulla groppa di un'asina col suo puledro che proprio alcune persone semplici e anonime Gli avevano prestato. Che se anche dovessi considerare la mia esistenza come inutile, arrivato a questo punto, posso sempre immaginare che anche la mia povera groppa potrebbe servire per una buona causa. Come non avessi il diritto di dire più: è troppo povero questo mio cuore perché il Signore lo adoperi. Quand'anche mi sentissi debole, nient'altro che un puledro inutile, è allora che sarei forte e il Signore potrebbe proprio servirSi di me. Proprio di me, se Lo lascio fare, come Lui si è lasciato fare. Dove la debolezza non è un impedimento, ma il principio del Suo avanzamento, del Suo venire, del Suo solenne entrare nella città Santa. Paesaggio della città questo, ma a ben guardare soprattutto paesaggio dell'anima. Perché la storia che il Vangelo ci ha raccontato guardando a Gerusalemme ci riporta alla scena propria delle nostre città e di una città ancor più segreta e nascosta, così come sta racchiusa nel nostro cuore. Mentre non mi resta che guardare. Che ammirare proprio Lui che avanza così nel cuore delle città degli uomini, nel cuore di ogni uomo. In modo discreto e rispettoso, non invadente. Senza imporsi e con grande umiltà. Quasi in silenzio, lasciandoSi acclamare. Sentendomi parte di quella folla che Lo precedeva e Lo seguiva, coprendo con i propri mantelli quegli animali quasi fossero un trono regale. Mentre canta festosa un ritornello: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!".

 

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