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TESTO Togliere gli ostacoli, come fa Dio

don Angelo Casati  

II domenica T. Avvento (Anno A) (20/11/2016)

Vangelo: Lc 3,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-18

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

7Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 9Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».

10Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Forse questo era l'inizio del vangelo di Luca. Ho cercato il primo verbo. Nel nostro brano sguscia dopo una lunga teoria di nomi - non sto a ripeterli - i nomi - diremmo - di quelli che allora contavano. Politicamente e religiosamente. Il primo verbo: "La parola di Dio scese - in greco "accadde"- su Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto". Accadde. Il vero, nuovo, accadimento: "Accadde su Giovanni". E chi lo conosceva? E che potere poteva avere? E poi, nel deserto!

Ogni volta che leggo i nomi vedo il dirottamento di Dio, della sua parola. Poi me lo dimentico - troppo spesso me lo dimentico - prendo il giornale e ritorno ai nomi che contano. E mi dimentico che il potere - sto dicendo una cosa che è rivoluzionaria - Il potere viene dal deserto. E non da un deserto attraversato, violato nel suo silenzio, dal passaggio minaccioso, stordente, dei carri armati, come tristemente accade oggi. No, quello del Battista, allora, era un deserto nudo.

Giovanni, secondo alcuni, prima dell'esperienza nel deserto, aveva officiato nel tempio, ma non in quel luogo era scesa su di lui la parola di Dio: troppe parole forse, troppe liturgie vuote, troppe compromissioni. Lascia il tempio, va nel deserto. Sembra di cogliere un forte richiamo al luogo in cui può venire Dio, può accadere l'evento, l'evento della sua parola: "accadde su Giovanni nel deserto".

Oggi - mi sembra di capire, non so se sbaglio - sta diventando quasi un bisogno, cui non sempre purtroppo sappiamo dare risposta, proprio questo: di uscire dalla moltitudine, dal frastuono delle parole e anche delle immagini, dal loro imperversare senza sosta. Quasi un bisogno di lentezza, rallentare il passo. Un bisogno di silenzio, di raccoglimento, cioè di un "accoglimento dentro", dentro pareti, dentro le pareti dell'anima, nel nostro deserto. Stiamo forse riscoprendo parole come "cuore", "spirito", "anima". Come luoghi da visitare.

Affascinante andare per mostre, noi ci nutriamo di bellezza. Non meno affascinante, anche se forse meno immediato, visitare il luogo del cuore, dello spirito, dell'anima. In una parola scendere nel nostro pozzo interiore, dove accade la Parola. Dove la Parola non è semplicemente "sentita". Accade, genera. Lasciatemi dire anche questo: sul dove e sul come trovare il deserto, non ci sono ricette per noi che non facciamo, né siamo chiamati a fare, la vita dei monaci.

E dove puoi trovare per te e quanto può durare per te uno spazio di deserto, il tuo spazio? Per te che esci, lavori, hai figli, ti prendi cura di nipoti... e aggiungiamo le mille incombenze della vita, della giornata. Dove? Quando? Voi mi capite, si tratta di immaginare, di inventare. Anche spazi minimi! Vengo alle parole di Giovanni. Che non suonano - l'avete sentite - come un invito a restare nel deserto. Tutt'altro, l'invito è a convertirsi, cioè a cambiare rotta, cambiare mentalità, a lasciarsi condurre da una mentalità nuova, illuminata da Dio, dalla sua parola.

E a riprendere poi il posto nella vita. Lo dice a chi è più ricco e possiede due tuniche, lo dice agli esattori delle tasse, ai soldati, lo dice a tutto il popolo, nessuno escluso. Invita fondamentalmente - se ben osservate - ad essere più umani, a far sé che il mondo sia più umano, la terra una terra più vivibile. In ogni professione, starei per dire, anche in quella ecclesiastica, la mia, in ogni situazione è in agguato un rischio, grande o piccolo, di disumanità! Siamo a rischio di disumanità!

Forse in quest'orizzonte - di una "conversione come recupero in umanità" - potremmo rileggere i brani del profeta Baruc e dell'apostolo Paolo che oggi abbiamo ascoltato. Era commovente l'immagine di Gerusalemme, la città a cui Dio sembra prestare i suoi occhi. Una città che si commuove perché accade una grande convocazione, è meta di incontri, di raduni. "Sta in piedi sull'altura e guarda". E che cosa fa Dio? Dio "spiana ogni alta montagna e le rupi perenni, colma le valli livellando il terreno".

E questo - scrive Paolo - Dio non lo fa solo per Israele, ma per tutte le genti. Mi ha molto colpito l'immagine di Dio che toglie gli ostacoli. Li toglie, soprattutto per quelli che fanno più fatica. E ho pensato a quanti ostacoli invece inventiamo noi, creiamo noi! Quante rupi, quanti avvallamenti, quanti muri! Sembra che facciamo l'opposto di Dio. Orgoglio, di ognuno di noi che crede in Dio, sarebbe la vocazione a togliere ostacoli.

Pensate a chi bussa al nostro paese, o a chi deve - è un esempio! - rinnovare un permesso di soggiorno, o a chi sta aspettando un ricongiungimento: i tempi, le file, le burocrazie! Tu hai vocazione di togliere ostacoli. Come fa Dio. "Noi che siamo forti" scrive Paolo nella lettera ai Romani "abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene per edificarlo".

E aggiunge Paolo: "Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi per la gloria di Dio". Sorprendente! "Perla gloria di Dio". Sorprendente per noi che a volte ci chiediamo che cosa sia la gloria di Dio e come dare gloria a Dio: accogliere, come Gesù accolse noi, è la gloria di Dio. Gloria di Dio è fare ritorno a un modo di vivere più umano, dando fiducia alle parole dell'evangelo.

Ebbene, dando fiducia a queste parole, e non ad altre - lasciatemelo dire - noi facciamo il bene anche della terra, come dice Paolo a conclusione del nostro brano: "Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo". Togliere ostacoli, radunare, accogliere, riempie di gioia e di pace la terra.

 

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