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TESTO Una porta aperta per sempre

don Luca Garbinetto  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (20/11/2016)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Le porte di un palazzo regale normalmente si chiudono per proteggere i beni preziosi che ci sono dentro e la vita di chi lo abita. Le porte di casa nostra sono pure spesso chiuse con tanto di chiavi e chiavistelli, per difenderci dalla minaccia di chi potrebbe fare qualche visita sgradita. E purtroppo a volte le porte delle nostre chiese rimangono sprangate, solitarie tra la solitudine della gente.

Oggi papa Francesco chiude la porta di una chiesa. Una porta giubilare, una porta santa. Ma è una chiusura speciale, che va vista al contrario. È un'icona, una parabola, e quindi un monito, una sollecitazione. Per un anno la porta è rimasta aperta, a indicare che la Chiesa è la presenza della misericordia di Dio che apre sentieri e percorsi di speranza per l'umanità ferita. Oggi, però, la Parola e la solennità di Cristo Re ci aiutano a situare quella porta di misericordia al posto giusto.

La porta vera è il cuore di Gesù crocifisso. E il Suo cuore è definitivamente aperto, per sempre spalancato. Gesù è presenza del Padre, segno visibile della Sua misericordia. Il cuore squarciato di Gesù, dunque, è la porta della misericordia di Dio aperta per sempre.

E la porta vera è anche il Paradiso. Si spalanca per un condannato a morte, un malfattore e brigante. Si spalanca allora per ciascuno di noi, nella misura in cui ci riconosciamo ancora bisognosi di attraversare la soglia.

Appare curioso, per la nostra umanità fragile: le ante chiuse dei portoni ci stuzzicano a volte una strana curiosità, una sorta di seduzione quasi morbosa. Se sono porte solide e solenni, ci chiediamo cosa ci sia dietro, e cerchiamo la serratura della chiave per poter sbirciare oltre. Ci solletica il gusto del proibito, ci pizzica la brama di rischiare, di oltrepassare un limite.

Ed invece oggi ci viene detto che una porta è spalancata. Quella dell'amore, quella della gratuità, quella della vita eterna. Sarà che rimarremo ancora a lungo a guardarla da lontano?

La porta della chiesa che si chiude è invece un monito al nostro per noi: non chiudete la porta del cuore! Il tempio dello Spirito siamo noi, e non vorrebbe, il Signore, che da dentro girassimo il chiavistello impedendo alla misericordia di attraversare i nostri vuoti e le nostre ferite.

Ora quel Gesù che si è lasciato sfondare il cuore per consegnare la Sua vita a noi, quel Dio che ha gettato dietro le Sue spalle ogni chiave che potesse impedire l'accesso al Regno dei Cieli, è lì che bussa insistentemente, senza calcoli di tempo né di energie, affinché si spalanchi la porta del nostro cuore e il Re venga ad abitare in noi.

Strano Re, il nostro. Ai re terreni si deve rispetto e ossequio, un timore misto di invidia, con il sapore della paura e della compiacenza. Davanti ai re terreni si piegano le ginocchia per dovere, e un po' per convenienza.

Gesù, invece, è un Re che ha scelto per trono la croce e per corona le spine. Un Re spoglio, dei vestiti e dell'onore. Un Re senza porta di sbarramento. A Lui il ladrone pentito ci insegna a restituire timore, ma è il timore che si deve a un animo ricolmo di tenerezza. È il timor di Dio. Le ginocchia si piegano, in cielo in terra e sottoterra, non perché infiacchite dalla paura, ma tremanti di commozione, abbattute dallo stupore. È proprio così: il Re di misericordia, il Signore del Cielo e della terra sta appeso alla croce, disarmato, e consegnando se stesso consegna a noi le chiavi per accedere alla vita per sempre.

Piegando le ginocchia ci troviamo accanto proprio Lui, maestro di diaconia, primo servitore che lava i piedi ai peccatori. Per la porta della misericordia si passa soltanto con le ginocchia piegate e lo sguardo posato sui piedi sporchi dei fratelli. Lì si apre nuovamente ogni chiavistello, lì si abbattono i muri, lì si accede al Regno. Nella pratica quotidiana e pacifica delle opere che abbiamo riscoperto e gustato, come tracce della bellezza del nostro Dio in noi, risiede la combinazione vincente perché la vita scorra eternamente in noi, anche qui e ora.

 

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