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TESTO Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano

don Simone Salvadore

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (20/11/2016)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Quante volte abbiamo rivolto a noi stessi queste domande: "Perché lo faccio? Cosa penso di ottenere? Penso davvero che ne valga la pena?"
Tante volte a ragione, ma non sempre.

Così come ci sarà capitato magari di essere spettatori di qualche ingiustizia, umiliazione, violenza gratuita, verso le quali abbiamo posto in atto dei freni inibitori, al fine di isolarci dal contesto, per non farci coinvolgere troppo in una situazione spiacevole.

Non è inusuale muoversi nel mare della vita, illudendosi di lasciar prevalere in noi stessi o di far emergere negli altri un illusorio istinto alla sopravvivenza, sciorinando logica, sapienza e prudenza della vita del mondo. Un mondo che ha scelto di trovare sempre e comunque una via d'uscita, quella più facile, evitando categoricamente la sofferenza, il dolore e perché no: la responsabilità.

Non è facile infatti, caricarsi della sofferenza, di un esito "mortale" che ci toglie la vita, non necessariamente in maniera definitiva.

E così ci imponiamo un limite che sembra innocuo e di poco conto, ma che in realtà è velenoso, e ha a che fare con la storia del mondo così come è sempre stata e come si dice usualmente, sempre sarà.

Il rischio che si corre così è di anestetizzarsi, di mettersi da parte. Non ci accorgiamo cioè di metterci nella condizione, di limitare la nostra umanità, la nostra compassione, di smettere di amare e di non volere più il bene nostro e dell'altro: gradualmente.

Anziché condividere le fatiche e le sofferenze, preferiamo evitarle o farle evitare.

Tutto viene prima della cosa più grande e importante: scegliere di prendere una posizione nella vita e di portarla fino in fondo con amore e per amore, nella verità e nella giustizia, fino alla morte.

Così iniziamo a pensare e ad analizzare sempre e solo le condizioni migliori e favorevoli come se queste fossero i segni utili per un discernimento di verità. Un discernimento che in tal maniera, non troverà mai conferme, perché ci vogliamo limitare a vedere solo ciò che ci piace e ci conforta.

E' tipico del "potere" di questo mondo, del possesso a tutti i costi, non voler riconoscere la verità per quella che è nella realtà ("Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto" Lc 23,35).

Il potere, che è sempre subdolo e codardo, aggredisce con rabbia la verità, riduce la realtà, la snatura, la annichilisce. Non ha alcun interesse a riconoscere il valore intrinseco della persona, delle cose, perché altrimenti dovrebbe cambiare natura e denominazione. Dovrebbe chiamarsi servizio, donazione, Amore.

Il potere di questo mondo si limita a riconoscere e scegliere quello che è utile e conveniente all'acquisizione di sempre nuovo e maggiore "potere". E chi si fa schiavo di tale padrone si accontenta di sopravvivere nella quieta disperazione.

E' un lento attorcigliarsi e complicarsi la vita che prima o poi soffoca e fa morire definitivamente, rischiando di coinvolgere anche le persone che ci stanno vicino.

Si fa fatica a comprendere allora il perché un uomo giusto e senza colpa accetti di sopportare, di vivere su di sé il male radicale che ci ha portati all'indifferenza, alla mancanza di senso, al si salvi chi può.
La scelta di Gesù appare davvero come una follia.

Eppure ci dice cosa sia davvero l'Amore e di che cosa sia capace. In Gesù l'Amore, assume il volto del coraggio, della condivisione, della compassione, del desiderio sempre in atto per riscattare la vita della persona amata; sempre, senza condizioni, costi quel che costi. Il Signore Gesù è disposto a pagare tutto quello che c'è da pagare affinché ritorniamo a vivere la vita piena come quella che abita in lui ("E' piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose" Col 1,19-20).

In questo si rende manifesta la sua regalità e la sua signoria.

 

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