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TESTO La dignità regale impressa nel tuo cuore, susciterà in te la nostalgia del Re. Lo riconoscerai perché lui è già in cerca di te.

don Simone Salvadore

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/10/2016)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

L'Affanno, l'operosità e l'ingegno di Zaccheo nel cercare un contatto con il Signore, subisce il colpo di scena di essere anticipato e di scoprirsi cercato e chiamato per nome, da Gesù.

La nostalgia, l'interesse trepidante di potersi avvicinare a Colui che non conosce ma da cui si sente attratto, sono la spinta irrefrenabile di un cambiamento in atto e ancora incomprensibile, nella sua forma e nella sua portata. Il suo cuore non gli ha ancora rivelato che questo incontro, cambierà irrimediabilmente la sua vita.

Anche Zaccheo ha un cuore: un cuore che ancora vive e desidera la liberazione.

Tutto sembra voglia cospirare affinché questo non possa accadere: la folla, la sua piccola statura.

Una statura che non è espressione solo della sua dimensione fisica ma anche della sua dimensione umana.

Zaccheo è un uomo facoltoso, un professionista dell'inganno, sottosviluppato e denutrito nella sua umanità e incapace di rapportarsi in maniera autentica e alla pari con gli altri.

Il tentativo di salire sul sicomoro è infondo espressione dello stile finora condotto in tutta la sua vita, innalzandosi sugli altri con il potere della ricchezza fondata sulla frode.

Sceglie con cura la posizione e l'albero su cui salire "perché doveva passare di là" (Lc 19,4). È avvezzo a studiare e cogliere con arrivismo tutte le opportunità e le convenienze.

Tutta la sua vita a sgomitare per essere qualcuno, per poi ritrovarsi schiacciato e schiavo di un potere e di un benessere che lo ha rattrappito, contratto, irrigidito, impoverito nelle sue facoltà umane.

Un potere che gli ha tolto il respiro, l'identità, e soprattutto il bene più caro della sua vita: la dignità.

Lui le cose le ha sempre viste da lontano, non le ha mai conosciute veramente, non si è mai abbassato nel servizio, nella gratuità.

Non ha mai fatto l'amore nella reciproca donazione: ha semplicemente consumato furtivamente.

Ha sempre pensato che fosse più conveniente e soddisfacente, cogliere tutte le occasioni per trarre vantaggi personali ed economici, diventare appena possibile il padrone della vita degli altri con lo strozzinaggio, scalare e acquisire posizioni e potere economico, condizionare la qualità della vita e l'esistenza delle persone.

Il suo cinico modus vivendi, la sua filosofia, trova perfetta corrispondenza nel proverbio anonimo siciliano: "Cumannari è megghiu di futtiri".

Eppure Gesù stretto da una folla pressante, sa che Zaccheo è lì e disperatamente sta cercando il Signore della sua vita senza nemmeno chiaramente saperlo.

Gesù, come una madre, come una donna chiama visceralmente suo figlio per nome, gli dice di scendere, di abbassarsi e di riprendere il suo vero posto di figlio, la sua dignità di persona amata, perché possa visitarlo e incontrarlo finalmente nella sua casa, nella sua vita. Mi ricorda vagamente il comando di Gesù a Pietro: "Vade retro Satana, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini" (Mt 16,23 oppure Mc 8,33).

Quante volte ci siamo allontanati smettendo di pensare secondo Dio, secondo la sapienza della sua Parola, pensando che la nostra scaltrezza, la nostra furbizia e quella del mondo degli uomini fosse meglio?

Quante volte ci siamo allontanati senza rendercene neanche conto, tradendo la nostra chiamata alla libertà dei figli di Dio?

Tutti siamo immersi dentro questo calderone: chi più, chi meno. Ognuno con le proprie responsabilità diversamente stratificate.

Ognuno con maggiore o minore lucidità di assenso: dentro e fuori della Chiesa, nelle Istituzioni, nelle opere pie, nelle onlus.
Chi farà il primo passo coraggioso a scendere di livello?
Chi si sentirà nuovamente chiamato da Gesù?
Tutti siamo chiamati alla libertà e ad amare in pienezza.

Non è vero che qualcuno tra noi non ne potrà diventare capace.
Nessuno è condannato a morire cattivo.

Il Signore è capace di ricondurre ed accompagnarci alla nostra forma originale quella per la quale siamo stati pensati.

In Lui si realizza il miracolo di essere nati tondi e di morire quadrati. Perché Lui "ama tutte le cose che esistono e non prova disgusto per nessuna delle cose che ha creato; se avesse odiato qualcosa, non l'avrebbe neppure formata." (Sap 11,24).

 

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