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TESTO Commento su Lc 20, 37-38

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (06/11/2016)

Vangelo: Lc 20,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

«Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Lc 20, 37-38

Come vivere questa Parola?
L'uomo è una realtà storica, vive nel tempo: si pone in continuità con un tempo trascorso da cui trae la possibilità di comprensione di tutto ciò che è per lui una ricchezza; vive il presente come momento reale della sua coscienza e libertà; si rivolge al futuro per cogliere il significato del passato e del presente.
Il futuro, il non ancora, è per l'uomo la dimensione più radicale perché condiziona le scelte e determina la sua realizzazione.
Che cosa sarà l'uomo dopo la morte? È il problema fondamentale dell'esistenza. Se la vita presente è tutto, se non c'è speranza dopo la morte, è chiaro che è perso tutto e definitivamente. Se il dialogo d'amore con le persone finisce per sempre, l'amore non è più il fulcro della vita, tutto sembra avere una radicale incoscienza.
Il problema posto dai sadducei non era un interrogativo marginale. Essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l'uomo essere al mondo.
La risposta è categorica: ogni soluzione sarebbe precaria e sarebbe continuamente smentita se Dio non amasse davvero il mondo. Il suo amore sarebbe per noi una illusione se ci venisse a mancare nel momento della nostra salvezza. Non potrebbe chiamarsi Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, e di tanti che ci hanno preceduto, se questi non fossero più che un nome vuoto.
Dio è un Dio vivo per uomini vivi. È la sicurezza della nostra vita oggi. Da questa certezza nasce la vita e la pace; e questa certezza significa che solo chi vive per Dio, vive davvero.
Dio invita tutti gli uomini alla sua casa paterna, perché ci ama e ci ha promesso una consolazione eterna e una speranza felice.

Signore, Dio dei vivi, aiutaci ad aspettare la vita eterna nella responsabilità di trasformare questo mondo come testimoni della tua risurrezione.
Dio dei vivi, di chi oggi è veramente vivente, insegnaci a costruire una cultura di vita per migliorare la nostra umanità.

La voce di Papa Francesco
Ogni discepolo di Cristo è chiamato a diventare testimone della sua risurrezione, soprattutto in quegli ambienti umani dove più forte è l'oblio di Dio e lo smarrimento dell'uomo.... Perché questo si realizzi, bisogna rimanere in Cristo risorto e nel suo amore. La relazione con Gesù Risorto è l'atmosfera in cui vive il cristiano e nella quale trova la forza di restare fedele al Vangelo, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni.

Omelia Papa Francesco, 17 maggio 2015

suor Victoria Rivera FMA - vickyfma@hotmail.com

 

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