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TESTO Oggi devo fermarmi a casa tua, perché tu possa essere un giorno con Me in Paradiso!

mons. Antonio Riboldi

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/10/2016)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Alla luce della infinita ricchezza della misericordia del Padre è bello, in questa domenica, contemplare il racconto della conversione di Zaccheo, ‘un uomo ricco, capo dei pubblicani' lo dipinge il Vangelo.

La sua è una ricchezza non del tutto ‘pulita e giusta'. Ma Zaccheo era da tempo rincorso, cercato dalla grazia, anche se lui non lo sapeva.

Quando sente dire che Gesù passa per Gerico, non vuole privarsi della possibilità ‘di vedere chi fosse Gesù'. È ricco, ma troppo piccolo, tanto che è impedito dalla folla in questo suo desiderio.

I soldi non comprano tutto, anzi! Ma non si arrende, a costo di rendersi ridicolo.

Non sa che è atteso da Gesù: ‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua': una vocazione vera e propria, un incontro che stravolge tutta la sua vita.

Zaccheo diviene discepolo di Gesù e le sue ricchezze dono ai poveri. ‘Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri: e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto'. (Lc 19, 1-10)

È certamente, quella di Zaccheo una delle più belle esperienze di misericordia raccontate nel Vangelo. Ci sono tanti Zaccheo, in ogni tempo, che passano stancamente la propria vita nel pensare alle cose di questo mondo, pericolosamente distratti verso l'Unico necessario.

Occorre ritrovare, noi per primi, Suoi discepoli, il desiderio che ebbe Zaccheo, di lasciare tutto per incontrare il Tutto. Il resto sarà solo racconto di una resurrezione o della gioia ritrovata quaggiù, per preparare quella definitiva, entrando a far parte della ‘moltitudine immensa che nessuno poteva contare', la visione che l'Apostolo Giovanni usa per descrivere quanti popolano il Paradiso, ossia la moltitudine dei Santi, di cui celebreremo la Festa martedì.

Per tanti, anzi, per troppi, lacerati nel dubbio o semplicemente ingoiati dal materialismo provvisorio considerano il Paradiso una favola per bambini.... inesistente! Salvo poi crearsene di ‘artificiali'.

Ma anche per noi, che ci diciamo cristiani, spesso, quando ci fermiamo superficialmente sulla realtà che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, quella ‘moltitudine' può sembrarci un'affermazione esagerata.

È così raro ammirare ‘i tratti di santità' nella gente comune, che ci sta intorno, e soprattutto siamo così consapevoli della grande fatica che facciamo per trapiantare in noi il ‘divino', che è poi la santità, che, a volte, pensiamo al Paradiso come una mèta irraggiungibile.

Chiediamo al Padre continuamente misericordia per il nostro stato di peccatori e, dopo un attimo, ripetiamo le stesse mancanze fino a dubitare di essere sinceri nella nostra richiesta di perdono... e in aggiunta, dimentichiamo quasi sempre l'essenziale: ‘come noi li perdoniamo ai nostri debitori'.

Viene da chiederci: ‘La santità, a cui non si può rinunciare senza negare noi stessi e la ragione della nostra vita, è solo un atto eroico di qualcuno o è mèta di tutti?'.

È doveroso chiedercelo, in questo mese di novembre, in cui la nostra riflessione si affaccia sulla ‘grande moltitudine' di santi e defunti. Tutti abbiamo parenti, amici, che sono già presso Dio.

Ognuno ha giocato la propria vita: chi certamente in modo santo, magari soffrendo tanto, e chi non ci ha nemmeno pensato, da vero incosciente. Si presenta la riflessione sulla morte, che vorremmo a volte scacciare, ma che è per tutti. Fermandoci presso il sepolcro dei nostri cari viene spontaneo, nel profondo del cuore, affermare: ‘Non è possibile che il grande dono della vita, uscito da Dio immortale, che ci ha creati a Sua immagine, finisca in un pugno di terra. Così come non è possibile che l'amore che ci univa, qui in terra, sia finito, sapendo che l'amore non conosce fine e partecipa dell'eternità.'

La vita - e lo sentiamo tutti nell'esperienza quotidiana - è il valore fondamentale e il più serio da noi posseduto. Pensiamo alla vita di una mamma in casa, la vita di un giovane o una giovane nella sua fatica di crescere bene, la fatica di un padre di famiglia sul lavoro, di un missionario o di un sacerdote nella cura delle anime, di una consacrata che, scelta e chiamata da Dio, si consuma nel silenzio e nell'amore, di un ammalato costretto a fare i conti ogni istante con la sofferenza o di un anziano privato di tutti i suoi affetti, che continua ad amare nella solitudine.......

È infinita la lista.... Sulla vita investiamo tutto di noi: fede, dignità, felicità, amore, onestà, sofferenze. Almeno nella volontà - spero per tutti senza eccezioni - si vorrebbe fare della vita un ‘racconto' che splenda agli occhi del mondo per la testimonianza data - ‘siate una lucerna sul monte', dice Gesù -.

Per chi vive la sua fede, appare chiaro che la vita è innanzitutto la storia meravigliosa di un Padre che ci ama e, attraverso il compimento della Sua volontà, stende su di noi la veste di santità, che è il Suo abito, tanto da poter giungere ad affermare, nella verità, come S. Paolo: ‘Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me'. Lungo il cammino, alle volte questo ‘abito' è lacerato dalle nostre infedeltà, forse dimenticato per la nostra insana voglia di metterci addosso ‘altro', che è rifiuto di bellezza e di amore. Ma la sincerità della nostra continua conversione - il ‘rientrare in se stesso' del figlio prodigo - dà a Dio la possibilità di ricucire gli strappi e togliere le macchie o, ancor più divinamente, darci ‘il vestito nuovo': questa è la santità, la vocazione di tutti, senza eccezioni, come afferma il Concilio Vaticano secondo: "Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità"(LG. 41)

Ho sempre nel cuore l'esempio della famiglia a cui Dio mi ha affidato. Mi impressionava la fede di mamma che, ogni giorno, iniziava la sua giornata con la S. Comunione. Papà, prima di recarsi al lavoro, accettava volentieri di pregare con mamma, e alla sera era lui che conduceva il S. Rosario, recitato da tutta la famiglia. Questo è santità: guardare al Cielo come la mèta della vita e la vita come un cammino insieme verso quella mèta, sapendo che siamo amati dal Padre, confortati dallo Spirito, redenti dal Figlio e sostenuti dalla Comunione con tutti i fratelli e sorelle che ci hanno preceduto e ‘tifano' per noi!

Solo così la vita quaggiù può diventare gioia e servizio, solidale e vissuta nella pace.

 

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