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TESTO Commento su Luca 18,9-14

Omelie.org - autori vari  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/10/2016)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Marco Simeone

Il vangelo di questa domenica penso che lo ricordiamo tutti a memoria: il fariseo giusto che si chiude nel suo orgoglio è veramente antipatico e quasi siamo contenti che non venga giustificato. Tutt'altra musica per il peccatore pentito, è "coccoloso" pensare che anche se pecchiamo ci sarà sempre speranza per noi... allora finisce così? Semplice, no?

Difficilmente il vangelo si può dire semplice: diretto si, immediato, potente, chiaro. Quando invece diventa semplice quasi sempre vuol dire che lo stiamo applicando agli altri, cioè quanto è cattivo quello che... e poi ognuno riempie quella figura con il volto di chi gli sta più antipatico: non penso proprio che questo sia lo scopo della parabola!

I due verbi che danno il senso del brano sono presumere (di essere giusto) e disprezzare.

Gesù si trova davanti persone che "presumono" di essere giuste, che guardano dall'alto in basso l'umanità malata che è intorno a Gesù e che da lui sta cercando una parola di salvezza.

Presumere significa che in modo sbagliato uno pensa qualcosa: quindi è non conoscere perfettamente una realtà e da questa conoscenza imperfetta trarre conclusioni inevitabilmente sbagliate. Noi tutti presumiamo di noi stessi: prima di tutto pensiamo di conoscerci (conoscere se stessi) e poi, ovviamente, presumiamo di essere giusti, a volte addirittura gli unici giusti, gli unici che possono dirsi vittime del mondo intero.

Il fariseo racconta solo i suoi meriti (veri) ma non riesce proprio a riconoscere i propri peccati (altrettanto veri), più che fiero di sé è tutto speso a rassicurarsi, ha paura di se stesso e si presenta a Dio come il meglio in circolazione, o almeno migliore di quel poveraccio in fondo alla chiesa che sa di essere peccatore e non ha nemmeno la forza di negare l'evidenza.

Questa paura va a braccetto con la sua incapacità di vedersi per ciò che è: cosa significa?

Beh, io la domanda la rivolgerei a tutti voi: siete così sicuri di conoscervi? Lo dico nel bene e nel male, cioè siete capaci veramente di vedere, di definire, di riconoscere sia i vostri talenti che i vostri peccati?

Il fariseo per essere rassicurato sceglie di disprezzare: io non so il mio valore (pretium) quindi se trovo qualcuno che valga di meno o che faccio passare per minore (de-pretium) sono di sicuro meglio di lui... quindi sto sicuro perché Dio si accanirà con quello, mica con me!

Quante volte il rapporto con l'altro è la lotta tra due naufraghi per un pezzo di legno perché si vogliono salvare.

Gesù loda il "peccatore" non come peccatore ma come umile, cioè la persona che "ha deciso nel suo cuore il santo viaggio" (Sal 83,6), uscire dalle proprie menzogne e/o illusioni per stare sotto lo sguardo amorevole di Dio e guardarsi con gli occhi di Dio; allora sì che riusciamo a riconoscere il nostro peccato e il suo perdono, perché nella verità di Dio c'è giustizia e misericordia, c'è verità e perdono che ricrea, uno è peccatore e riconciliato. Il fariseo non può essere giustificato (=essere fatto giusto) perché è tutto chiuso in se stesso, non può perché non vuole essere riconciliato, perché ha paura della verità (nel vangelo di Giovanni si direbbe che preferisce le tenebre alla luce).

Ecco perché la preghiera dell'umile buca le nubi, perché sale da un cuore sincero ed è attratta da Dio stesso. Ecco perché s. Paolo nella seconda lettura riesce ad essere misericordioso anche con chi lo ha abbandonato, perché conosce la fragilità dell'uomo per esperienza personale, ma anche quanto sia grande l'amore di Cristo; è per questo che dice di esser pronto all'esperienza della morte, perché non ha più paura: Gesù lo ha liberato dal suo peccato e allora non fa fatica a credere che gli darà la vita eterna. Quanta pace viene dalla misericordia di Dio, addirittura non ha più paura della morte!

Questa domenica il vangelo ci chiede se sappiamo guardarci con gli occhi di Dio.

Il salmo 5 al versetto 6 dice che "gli stolti non sostengono il tuo sguardo", adesso, in questa eucarestia ci riesci a guardarti come Gesù ti guarda, sai sostenere quello sguardo pieno d'amore? Questo vuol dire essere giustificati da Dio, cioè resi capaci di rispondere e corrispondere.

 

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