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TESTO Commento su Matteo 17,1-9

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II Domenica di Quaresima (Anno A) (20/02/2005)

Vangelo: Mt 17,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 17,1-9

In quel tempo, 1Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Dalla Parola del giorno

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro.

Come vivere questa Parola?

La luce taborica suscita in Pietro una duplice reazione. Attratto dal fascino della bellezza teofanica del Cristo, l'apostolo spalanca il cuore alla contemplazione e ne gioisce: "Signore, è bello per noi stare qui". Ma nell'entusiasmo, forse ancora troppo epidermico, non comprende il senso dell'evento e soprattutto non riesce ancora ad accoglierlo in gratuità, senza allungare le mani. Ecco perché s'affretta ad afferrare quello scampolo di beatitudine presumendo di poterlo in qualche modo delimitare e stringere a sé, protraendolo nel tempo, anzi, fermando il tempo: "Se vuoi, facciamo tre tende".

E' la stessa contraddizione che talvolta caratterizza il nostro rapporto con Dio. Lungo i giorni, mentre gustiamo nell'interiorità profonda la Sua bellezza che si dischiude discreta e attraente, vorremmo che questa percezione transitoria divenisse permanente. Ma così desiderando stravolgiamo il senso del tempo, volendo trasformare il nostro divenire nella storia come un eterno presente. Ecco la miopia! Bisogna invece, come afferma il card. Martini, "accettare che Dio passi e poi sia passato, e coglierne i frutti e il riverbero nella speranza che ripassi". Sì, è in questa dinamica di ombre e di luce, di terra e di cielo, che bisogna entrare, accogliendole nel loro alternarsi senza tendere avidi il cuore e le mani. Ecco la quiete! Quella quiete che scaturisce dal gratuito salire e discendere con Gesù dall'alto monte dell'intimità, vissuta ora nella chiara luce della contemplazione, a tu per tu nell'amore, ora nella fatica gioiosa di percorsi più oscuri.

Oggi, nel mio rientro al cuore, mi allenerò a stare in disparte con Gesù e a salire e discendere con Lui dal monte dell'intimità, pregando:

Quando tu, Signore, smetterai di essere trasfigurato davanti a me per educarmi al silenzio dell'attesa paziente, allora sarò io, per tua grazia, ad essere trasfigurato, deponendo le ombre pesanti dei miei desideri per accogliere la luce lievissima della tua volontà.

La voce del fondatore del movimento di spiritualità "vivere in"

Per me la grande festa è quella della nostra quotidianità che si snoda attraverso tante vie e tanti sentieri non sempre allegri e che va sempre ad inserirsi o ad incrociare la perenne quotidianità di Dio. La festa sta in questo continuo camminare insieme: Dio nella sua perennità, l'uomo nella sua quotidianità. L'eterno si fa tempo ed il tempo si fa eterno. ..Manifestazione del Dio unico, quello proprio di ciascun popolo, di ciascuna civiltà, di ciascuna epoca. Quel Dio che, veramente, è Padre di tutti e si fa amico, compagno di tutti. E si fa uomo trasfigurato per dire all'uomo: Non andare lontano, perché io sto con te, vivo nella tua casa, accanto a te. Vivo dei tuoi problemi. Con te soffro e gioisco. Con te sono nato e con te morirò. Ma nessuno mai potrà separarci. E tu sarai sempre dove io sono: io Dio e tu con me nella pienezza della mia divinità sempre, senza più né fine, né morte, ma eterna, infinita felicità.
(Don Nicola Giordano)

 

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