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TESTO Tra novità e certezze

don Alberto Brignoli  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/10/2016)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

A volte, penso quanto sia duro accettare la novità del Vangelo, o meglio, accettare che il messaggio del Vangelo sia un messaggio di novità, un messaggio che ribalta le coscienze, che manda all'aria gli schemi, che punta a farci fare un'esperienza di fede prima ancora che insegnarci una religione. Una religione (lo dice la parola stessa) "lega" le persone a una realtà più grande di loro perché vi rimangano sottomesse; vera religione è quella che, mettendoci in contatto con Dio, non ci lega a lui, ma ci fa liberi unendoci a lui con le uniche catene che Dio ha, quelle dell'amore; vera religione, in definitiva, è una fede vissuta nell'amore a Dio e ai fratelli. Ma come dicevo all'inizio, accettare questa come la più grande e più profonda verità del Vangelo è duro e richiede fatica, perché - checché se ne dica - facciamo una fatica enorme a staccarci da una religione fatta di norme e di precetti che, sebbene apparentemente ci danno sicurezza, in realtà ci impediscono di scoprire il vero volto di Dio, che è grazia e gratuità.

Eppure, la religione con le sue norme e i suoi precetti non ci salva: ci salva la fede, come ci dicono le ultime parole del Vangelo di oggi, parole spesso usate da Gesù per congedare le persone che si sono rivolte a lui ottenendo misericordia: "Va', la tua fede ti ha salvato!". E mai, nel Vangelo, troveremo parole di Gesù che dicano: "Va', la tua religione ti ha salvato". Men che meno nel brano che abbiamo ascoltato quest'oggi, dove più che metterci davanti dieci malati di lebbra, Luca ci presenta la vicenda di ogni discepolo e ogni seguace di Gesù: una vicenda di continua alternanza tra fede e religione, tra una religiosità fatta di norme e precetti e una fede fatta di tentativi di avvicinarci a Dio a prescindere dalle norme e dai precetti della religione.

È difficile pensare che quello che abbiamo letto possa essere un brano storico, la semplice narrazione di un miracolo come uno dei tanti effettuati da Gesù. Le molte incongruenze ci fanno pensare più a una costruzione letteraria, quindi a un messaggio da comunicare, che a un fatto da narrare. Gesù in cammino verso Gerusalemme non può certo attraversare Samaria e Galilea nell'ordine in cui Luca ce le presenta; ed è anche un po' anomalo, per non dire totalmente surreale, che entrando in un villaggio venga accolto non da uno, ma da addirittura dieci lebbrosi, che per legge dovevano stare lontanissimi da qualsiasi luogo abitato. E come mai Gesù, che fino a pochi versetti prima era con i propri discepoli in cammino verso Gerusalemme, ora è completamente solo? E come mai Gesù, quando chiede dove siano spariti gli altri nove lebbrosi guariti, in realtà non ha interlocutori, quasi parlasse da solo? E come mai i lebbrosi si rivolgono a lui con un termine, "Gesù maestro", che solo i discepoli nel Vangelo utilizzano, e nessun altro?

Forse, allora, non abbiamo di fronte realmente un miracolo di guarigione (cosa comunque molto probabile, vista la familiarità di Gesù con i malati di lebbra, esclusi e rifiutati da tutti nella società), bensì la descrizione del cammino tormentato e faticoso dei discepoli alla scoperta della novità del Vangelo, la storia del loro passaggio da una religione di norme e precetti a una fede fatta di gratitudine e gratuità. Una storia altalenante, fatta di entusiastici slanci incontro al Maestro e di sano mantenimento delle distanze; di corse al riparo all'interno del villaggio (luogo della tradizione, delle certezze e della religione) e di guarigioni che avvengono solamente "andando fuori", uscendo, in periferia, come direbbe papa Francesco oggi, perché è solo uscendo che il discepolo è salvato, così come è solo aprendosi all'esterno che la Chiesa si riscopre come madre di salvezza. Per i discepoli non dev'essere stato facile incontrare e scoprire Gesù come il Salvatore; per loro, cresciuti negli insegnamenti della religione ebraica che li aveva rivestiti e appesantiti come piaghe di lebbra sul corpo, e ora chiamati a incontrare Dio direttamente, faccia a faccia, senza più la mediazione delle norme e dei precetti della Legge, vista ormai come una lebbra da cui sanarsi. Per loro, che trovano più giusto o forse più comodo compiere con i precetti della Legge presentandosi guariti ai sacerdoti per riceverne la certificazione legale, che non tornare sui propri passi rendendo gloria a Dio per il dono della salvezza; per loro, che prima di gioire per la salvezza ritrovata, attendono di sapere dai sacerdoti (giudici onnipotenti e onniscienti) se è proprio vero che sono stati salvati.

Che fatica per noi oggi, se lo è stato allora per loro, vissuti a fianco del Maestro, accettare che la novità del Vangelo passa attraverso una fede fatta di incontro gratuito e riconoscente con l'amore di Dio, piuttosto che con una serie di norme e di comportamenti di cui sentiamo il bisogno per evitare di andare fuori strada. Che fatica accettare che pur uscendo dai canoni della religione possiamo comunque incontrare Dio, e magari meglio di prima, facendo però lo sforzo di incontrarlo in maniera immediata, senza mezzi termini, e quindi con la possibilità di rendere gloria a Dio in piena libertà, senza la preoccupazione di osservare formule e canoni prestabiliti.

Tutte cose che ci vincolano ma che, alla fine, ci danno sicurezza: perché una fede vissuta nella libertà di dare gloria a Dio senza dover rendere conto a nessuno non è certo facile da professare. Occorrono libertà interiore e senso di grande responsabilità: consoliamoci, il cammino verso Gerusalemme è ancora lungo!

 

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