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TESTO Commento su Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/10/2016)

Vangelo: Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Il tema di riflessione che ci propongono le letture di questa domenica è quello della fede, una fede che porta a credere senza veder subito realizzato il contenuto (prima lettura), che aiuta ad andare avanti nonostante tutto (seconda lettura), che spinge a mettersi al servizio senza pretese di ricompensa (vangelo).
Nella prima lettura il profeta Abacuc si chiede smarrito perché il Signore resta spettatore dell'oppressione: è ancora possibile credere? Quante volte anche noi siamo portati a farci la stessa domanda! Abacuc è sconfortato. Il piccolo e ostinato popolo di Israele deve continuamente lottare per sopravvivere contro potenze che lo assediano. Ma la risposta di Dio è un invito, ad Abacuc e ad Israele, a conservare la fede, ad avere fiducia. Dio non promette interventi risolutori, chiede piuttosto il coraggio di una mentalità nuova, che sa anche convivere con lo scandalo del male, facendone però una occasione di radicale conversione.
Nel Salmo 94 il salmista ci ricorda che Dio è la roccia sicura su cui radicare la nostra esistenza e la nostra storia, una storia che vuole essere di giustizia, di pace, di sicurezza e di speranza. La fede esige una risposta che sia visibile nei fatti, cioè in uno stile di vita che sia chiara testimonianza di Colui in cui si crede. Quello che è importante è accogliere il dono della misericordia e non indurire il cuore.
Nella seconda lettura Paolo, prigioniero in catene, scrive con parole di incoraggiamento a Timoteo per aiutarlo ad affrontare le difficoltà e lo sollecita a non aver timore di proclamare la sua fede davanti a coloro che lo perseguitano, in virtù dello Spirito ricevuto, che aiuta a dare testimonianza del Vangelo ricevuto, anche davanti alle minacce e lo incita a ravvivare il dono che è in lui.
Nel Vangelo di Luca troviamo gli apostoli disorientati dalle ultime parole di Gesù legate alle esigenze radicali del Signore in merito a chi dà scandalo ("meglio che gli sia messa una pietra da mulino al collo e venga gettato in mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli"), e sulla necessità di perdonare sempre; essi chiedono al Signore di rafforzare la loro fede. Avere una fede più grande significa accettare un progetto non calcolato sulle nostre attese istintive, ma costruito sulle intenzioni di Dio. Significa sentire la bellezza, la grandezza, il fascino di questo progetto e trovare il coraggio di affidarsi a esso. Di fronte alla incoerenza di coloro che si professano credenti (ecco lo scandalo), la loro fede sembra una parola vuota, consolatoria, che invita a vivere in spazi fuori della realtà. La gente non si lascia incantare da questa fede evanescente. Pretende che la fede sia testimoniata non solo in chiesa, ma nella vita di tutti i giorni. Chi accetta la logica del Vangelo (la fede) trova la forza di vivere anche in un mondo segnato dagli scandali. Egli, infatti, sa che il Signore costruisce il suo regno anche nelle situazioni più sfavorevoli, che sembrano impossibili, cioè nel mondo degli egoismi, dell'indifferenza e della violenza. Questa certezza è decisiva per strapparci allo scoraggiamento e all'inerzia.
Non si tratta di aumentare la fede, di averne tanta o poca, ma di vivere una fede autentica, genuina; allora ne basterà anche una briciola e, attraverso questo pur minimo spiraglio, si manifesterà la grandezza e la potenza di Dio. Dunque la potenza della fede è anzitutto la potenza dell'amore, quell'amore incredibile per l'uomo, per ogni uomo, che Dio ha manifestato nel suo Figlio e che rende il credente stesso capace a sua volta di amare.
C'è poi una seconda provocazione: siamo servi inutili. Cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi. A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede e vuole farci capire che svolgendo quello che dobbiamo fare, siamo servi inutili. La giusta traduzione non è "servi inutili", ma "semplici servi", cioè ognuno di noi ha il suo compito e nessuno più ritenersi più importante di altri e sopra gli altri e se svolgiamo un servizio, qualsiasi esso sia, lo si compie non per cercare onore e ricompensa, ma perché l'essere cristiani ci spinge a questo. Gesù ci invita a superare quella mentalità farisaica per cui si accampano diritti e si pretendono riconoscimenti per il proprio operato nella vecchia logica del "do ut des" come se Dio fosse obbligato a ricompensare l'obbedienza ricevuta dall'uomo.
L'amore è gratuito e la gratuità ci fa liberi e simili al Signore. Questo è il primo servizio dei cristiani nel mondo, servizio che si applica anche nei rapporti interpersonali che devono essere gratuiti e senza alcun interesse di sorta, compresi quelli in famiglia tra uomo e donna, genitori e figli... L'uomo trova il proprio valore e la propria identità nella sua capacità fondamentale di servire con amore. Noi siamo quello che amiamo! Noi siamo il nostro servizio, e non i nostri titoli e averi... Servo inutile è colui che, in una società che pensa solo all'utile, scommette sulla gratuità, senza cercare il proprio vantaggio, senza vantare meriti.
La fede si accresce nel servizio, nell'essere attenti alla Parola e disponibili all'azione, semplici, bisognosi di un dono che non viene da noi, ma viene dall'alto. Il primo "servo inutile" è proprio Gesù, che si è fatto povero, e sulla croce si trova in mezzo a due malfattori, e vi è rimasto sino al dono della sua vita, per dirci che il suo valore non è dato dal titolo di "Dio", ma dal fatto che ci ha amato.
Il rapporto tra Dio e l'uomo somiglia a quello tra due amici, tra due sposi, tra persone che si amano e fanno tutto il possibile per il bene l'una dell'altra, senza stare a guardare l'orologio, senza sbandierarlo ai quattro venti, senza esigere medaglie di riconoscimento.
Chiediamo allora anche noi con gli apostoli: "Signore, accresci la nostra fede" e aiutaci a diventare "servi inutili"!

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Anche noi ci facciamo le domande di Abacuc (ma Dio dove sei?), ma qual è la nostra risposta? Siamo capaci di coniugarle con la dimensione della fede?
- Che stile di vita e quale modello ci siamo dati come persona, coppia famiglia? Tornaconto e/o servizio?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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