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TESTO Nessun servo può servire a due padroni

mons. Antonio Riboldi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/09/2016)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Tutti sappiamo che è un inganno alla coscienza ‘mettere un piede in due scarpe'! Eppure succede.

Ma la Parola di Dio non ammette distorsioni: comprende la nostra debolezza umana, pronta a deviare, ma stimola costantemente al ritorno sulla retta via con il Suo aiuto.

Noi, confessiamolo senza paure, che sono spesso pericolose ipocrisie, siamo talmente abituati a tanti piccoli o grandi compromessi con il male, da non riuscire, il più delle volte, neppure a vedere ciò che è bene e ciò che è male in ciò che pensiamo, diciamo o facciamo... soprattutto oggi!

Siamo ricchi, viviamo ‘da ricchi' (e qui per ricchezza intendo non solo il possedere realmente, ma il chiuderci nell''amore', nel desiderio del denaro, dei tanti capricci: anche se non possiamo forse permetterceli viviamo nel rimpianto o nell'invidia per chi li può ‘godere'!) e ci diciamo a posto con la coscienza e con Dio.

Quello che Dio, Bene supremo, non può accettare assolutamente è il vivere nell'ambiguità, pensando di poter seguire e servire Lui e contemporaneamente il nostro egoismo, il mondo.

Siamo un poco come quella gente che sta sulla soglia di una chiesa, con un piede dentro e uno fuori, e la pretesa di credersi fedeli a Dio, restando servi del mondo.

Ma Gesù chiude oggi ogni nostra velleità, che ciò sia possibile, con parole dure, ma vere, che dovrebbero portarci a scelte diverse da quelle che, forse, facciamo... Nel Vangelo ci propone una parabola un po' difficile e sconcertante, in cui è di scena uno dei tanti personaggi corrotti e furbi che popolano troppo spesso anche le cronache dei nostri giorni.

Si tratta di un amministratore che aveva mal gestito il patrimonio di un'azienda e che viene alla fine scoperto, rischiando il licenziamento. Di fronte all'incubo di perdere lo status sociale acquisito, egli ricorre a un meccanismo finanziario che lo penalizza temporaneamente, ma che gli permette di sanare i bilanci e di mantenere l'incarico.

"Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: ‘Tu quanto devi al mio padrone?'. Quello rispose: ‘Cento barili d'olio'. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta'. Poi disse ad un altro: ‘Tu quanto devi?'. Rispose: ‘Cento misure di grano'. Gli disse: ‘Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta'. Vedendo la mossa del suo intendente: Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza'.

Ed è proprio qui che scatta l'applicazione fatta da Gesù. È indubbio che quell'amministratore è un mascalzone - e questo non può certo essere oggetto di imitazione -, ma egli rivela che, quando si è in una situazione estrema e grave, si deve afferrare l'unica tavola di salvezza, anche a costo di una penalizzazione dei propri interessi. Ecco, allora, l'amara conclusione di Cristo: "I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce... Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto, e chi è disonesto nel poco è disonesto anche nel molto...

Purtroppo - fa capire Gesù - "i figli della luce", cioè le persone normali e oneste, sono spesso più lenti e meno pronti a compiere il bene e soprattutto a cogliere le occasioni che Dio presenta sulla loro strada. Cristo in particolare pensa al fatto di tanti suoi uditori che non capiscono l'urgenza di una decisione netta e forte nel seguire la sua parola. L'amore al denaro, alla ‘poltrona', schiavizza troppa gente, può depredarci di tutto quanto veramente ha valore, fino a renderci pagliacci in mano di quel tremendo burattinaio che è appunto la ricchezza ‘disonesta'

Ma anche l'omissione e l'inerzia sono un peccato: peccare non è solo non fare il male, ma anche non fare il bene.

"Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà a uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a due padroni: a Dio e a mammona". (Lc. 16, 1-15)

Quanto è stupenda invece la libertà di Gesù, povero e umile, Lui che ‘da ricco che era si fece povero per arricchire noi della sua povertà'.

È grande, profonda e vera gioia, quella di poter dire: ‘Non mi inchino a nulla', ma di mia scelta, per fare posto all'amore, voglio mettermi al servizio del Padre e di ogni uomo. Questa è la vera libertà.

Una scelta che ci aiuta ad uscire da ogni compromesso, per non rischiare di cadere nella situazione che, con durezza, il profeta Amos stigmatizza:

"Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: ‘Quando sarà il prossimo plenilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con il denaro gli indigenti e il povero con un paio di sandali'. Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere". (Amos 8, 4-7)

È davvero difficile, ma necessaria, la fedeltà a Dio e al Suo amore, come del resto lo è anche tra di noi uomini. E' l'unica via sicura per realizzare le parole che l'apostolo Paolo scrive, oggi, nella lettera a Timoteo: "Carissimo, ti raccomando prima di tutto che si facciano domande, suppliche e preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità". (Tim. 2, 1-8)

Quanta necessità abbiamo oggi di poter trascorrere giorni ‘tranquilli e calmi' tra di noi!

Accogliamo l'esortazione di Gesù: imitiamo la determinazione con cui agisce l'amministratore disonesto, ma impegnandoci con risolutezza nel bene, così da ‘farci degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi ci accolgano nelle dimore eterne"

 

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