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TESTO I poveri: i nostri principi!

don Maurizio Prandi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/09/2016)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Circa le domande che ci stanno accompagnando nel nostro cammino estivo, quelle sulla relazione e sul volto del discepolo, anche le letture di questa domenica possono darci un grande aiuto. In modo particolare credo che ci venga detto che il discepolo è qualcuno che mette al primo posto Dio e non le cose o il denaro, e nelle relazioni cerca sempre la verità di se e dell'altro. Ci viene detto che ciò che conta è essere veri, non attori, non ipocriti. Mettere Dio al primo posto non vuol dire mettere in secondo piano gli altri o gli affetti, tutt'altro!

Trovo molto significativi la prima lettura ed il salmo responsoriale, che ci aiuta a meditarla e a raccoglierne il senso. Il profeta Amos denuncia l'ipocrisia di chi apparentemente è ligio alle regole dettate da Dio, ma sotto sotto, tutti questi faticosi adempimenti sono per fare del denaro il proprio Dio! Nell'ipocrisia dei commercianti si nasconde anche la cattiveria e una certa spietatezza: queste persone sono quindi il contrario di Dio, colui che all'inizio di ogni messa invochiamo come colui che ha pietà di noi, cioè come colui che si coinvolge, che non guarda da distante, da fuori, ma che entra nella nostra vita e nelle nostre fatiche, che si avvicina e cammina con noi.

Il profeta Amos condanna l'avidità e la disonestà dei commercianti che fanno del denaro un Dio e che attendono con ansia la fine dei giorni di festa; paiono quasi in lutto perché non si può fare soldi. Il sabato ad esempio: insofferenti per il riposo sabbatico che vieta qualsiasi attività lavorativa, vieta gli scambi commerciali e quindi vieta di fare soldi! Che brutto questo! Gli operatori commerciali non vivono il sabato come memoria grata della creazione, ma come un tempo che paralizza i ricavi!!! Dimenticano una cosa fondamentale: che Dio ha dato le feste come occasione perché il ricco si faccia vicino al povero! Il lato più cattivo e spietato di queste persone sta nel fatto che essi progettino di commerciare con il massimo di guadagno, senza lasciarsi prendere da scrupoli di nessun genere: pesi e bilance false, "venderemo anche lo scarto del grano". Infine, al colmo del ladrocinio, si rivelano usurai e strozzini, acquistando le persone che, divenute insolventi anche per poco (un paio di sandali), non potevano pagare che dando se stesse in cambio. Ma Dio è il difensore dei poveri e non è indifferente a chi è calpestato dall'avidità di chi commercia credendo di restare un impunito. A volte si dice che c'è povero e povero, e qui di chi si parla? Vengono usati due termini: il primo, ebion indica quelle persone che dipendono in tutto e per tutto dagli altri, per mangiare, dormire, vestirsi; persone che per tanti non esistevano in quanto incapaci di produrre e meritano quindi, secondo il testo, di essere calpestate. Il testo in italiano, quando parla di umili traduce la parola ebraica anawim termine che indica in modo generale tutti quelli che hanno bisogno di aiuto. Questi, (avete ascoltato il testo), qualcuno lavora perché vengano sterminati. Il povero deve scomparire dal tessuto sociale, ma non in senso positivo (che bello: non ci sono più poveri, tutti stanno bene...). Capite bene che rispetto al tema della relazione, l'aridità interiore di queste persone raggiunge profondità difficilmente immaginabili: persone incapaci di qualsiasi prospettiva che riguardi l'umano e il divino.

Prospettiva che invece ci dà il salmo responsoriale che ci parla di uno sguardo, quello di Dio, che ha come unico obiettivo il povero! Raggiunto dagli occhi di Dio il povero può vedere, a proposito di se stesso, un cambiamento inimmaginabile. Lo sguardo di Dio dona al povero una dignità pari a quella dei principi, coloro che reggono lo stato d'Israele. Gesù, in tutta la sua vita terrena ha provato a farcelo capire: che bello sarebbe allora se per la nostra chiesa i poveri potessero essere visti proprio così: come i nostri re, i nostri principi.

La chiesa ci invita a pregare proprio per questo in una delle preghiere eucaristiche presenti nel messale (Va c). Ne riporto alcuni stralci a partire dal prefazio: mi sembrano molto significativi:
E' veramente giusto renderti grazie, Padre misericordioso: tu ci hai donato il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro fratello e redentore.
In lui ci hai manifestato il tuo amore per i piccoli e i poveri, per gli ammalati e gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. Con la vita e la parola annunziò al mondo che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli.
Dio, Padre di Misericordia, donaci lo Spirito dell'amore, lo Spirito del tuo Figlio. Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli, infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa' che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti. La Tua chiesa sia testimone viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.

Attraverso forti parole di rimprovero, il profeta Amos ci dice che il discepolo è colui che, contrariamente ai commercianti e ai latifondisti senza scrupoli ai quali il profeta si dirige, pone la dignità della persona, (di ogni persona), al di sopra dell'interesse, e lo fa perché riconosce in ogni uomo il volto di Dio che in Gesù si avvicina a lui e si fa presente; qui trovo bello un passaggio della seconda lettura di oggi in cui leggiamo che uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini: l'uomo Cristo Gesù. La seconda lettura continua anche il tema aperto la settimana scorsa circa il discepolo che è chiamato a stare di fronte a Dio per intercedere e fare della propria vita una preghiera. Oggi ci viene detto qualcosa in più: questa preghiera deve essere respiro di apertura e di universalità.

Sono tante, in questo senso, le indicazioni che S. Paolo ci dà, raccomandando a Timoteo che si facciano preghiere per tutti gli uomini perché volontà di Dio è che tutti gli uomini siano salvati nell'uomo Cristo Gesù che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Tutto questo mi pare davvero di una bellezza straordinaria: nel massimo di unicità (unico mediatore) vi è il massimo di universalità perché Gesù si pone tra Dio e tutti gli uomini. E' lo stesso Gesù a collocarci lì, e quello diventa il luogo che come chiesa siamo chiamati a vivere, ad abitare per accogliere ogni uomo e portarlo a Dio così come Gesù ha fatto nella sua vita. Questo è davvero molto interessante: c'è un vero e proprio cambio di direzione, un rinnovamento. Paolo raccomanda (lo ripeto scusate), che la preghiera deve essere fatta per tutti gli uomini, e lo dice quando nel giudaismo la preghiera doveva riguardare solo i propri connazionali. Sei amico di Gesù allora ( e qui uso lo stesso linguaggio di domenica scorsa), se il tuo sguardo è capace di andare più in là dei confini della tua nazione ad esempio, o se il tuo sguardo è capace di andare più in là rispetto alla cerchia degli amici o delle persone con le quali ti trovi bene, se il tuo sguardo è capace di andare al di là di ogni etnia e fede o non fede religiosa. Trovo che rispetto a quanto il vangelo ci chiede oggi, ovvero lo stare in guardia perché non sostituiamo il denaro e quello che possediamo a Dio, il testo di S. Paolo ci dà indicazioni importanti. La prima appunto è questo invito alla preghiera, al coltivare la relazione con Dio, a porre sempre al centro Dio, a tenerlo come punto di riferimento; preghiera che deve avere una caratteristica: la costanza voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, quindi in ogni istante della nostra vita, sempre.

Credo che sia soltanto questa fedeltà alla relazione con Dio (ecco un secondo aspetto circa il discepolato) che ci garantisce dal fare dei soldi e delle cose un idolo. Un dato che non mi sembra per niente trascurabile è questo: la preghiera è sempre preghiera del povero: domande, perché non tutto ci è chiaro; suppliche, perché niente possediamo e tutto abbiamo bisogno di ricevere; ringraziamenti, perché desideriamo avere un cuore di carne e non di pietra e soltanto chi pensa che tutto gli è dovuto rimane nelle sue durezze e non si apre alla gratitudine. Il testo ci invita anche alla intercessione (anche se non si capisce molto dalla traduzione). Il povero è colui che prega per gli altri e lo fa, come suggerisce l'ultimo versetto della lettura che oggi ci viene proposta, chiedendo il dono della pace: la preghiera è "senza collera e senza polemiche", preghi, ovvero sei contro ogni idolo di violenza e di guerra, contro ogni giustificazione della conflittualità. E' bello, bellissimo il segno delle mani pure e levate verso il cielo, lontane dal brandire strumenti di offesa e di morte.

Per quello che riguarda il vangelo mi piace condividere con voi un pensiero che ricordo don Daniele Simonazzi ama ripetere: la parola ricchezza traduce l'aramaico mamona, che ha nella sua radice la parola amen che sappiamo bene significa credere, stare saldi, confidare, amare; qualcuno pensa che il denaro ispiri un indubbio senso di fiducia quindi. Il vangelo invita a schierarci: o il nostro amen è per Dio, o è per mamona, o ci affidiamo a Dio, o ci affidiamo al denaro e alle cose che possediamo.

Infine, ripropongo quanto ho appreso nel tempo della missione a Cuba (non sono operazioni di nostalgia...) perché mi ha segnato molto e fatto bene. Mi ha fatto bene un giorno Margarita, che ha detto che Gesù vuole farci capire che è più importante poter contare su un amico che non su qualche soldo in tasca e che ci sono persone che passano la vita a cercare soldi per accumularli ma è molto più bello quello che sceglie di fare Gesù: cercare le persone. Sono due pensieri semplici, lo so, ma che trovo così limpidi, belli, pensieri che mi hanno fatto nascere la domanda, già tante volte affrontata: e io che cosa cerco? Ecco che il vangelo di oggi allora diventa un forte invito a guardare il futuro per domandarci cosa desideriamo, cosa sogniamo, che cosa ci attendiamo dal domani. Su questo guardare in avanti ricordo alcuni adolescenti che sognavano: chi una bella carriera scolastica (Lisania), chi un lavoro, (Christian), e poi Liliana: innamorarmi, essere amata, essere una donna fedele; mi piaceva, nella sua semplicità, anche questo cammino, così distante dal desiderio di successo, di possesso, di visibilità che soffoca i cuori di tante persone. Forse è cominciando da qui, ci siamo detti, che possiamo comprendere le parole di Gesù sulla fedeltà nel poco e nel molto. Fedeli nel poco, al nostro sogno di adolescenti, per vivere nutrendosi di quella intuizione e alimentandola con una vita trasparente e libera da tutto ciò che il mondo di oggi ti propone come il meglio o come ciò di cui non puoi fare a meno. Ti propongono tante cose, ma tu hai il tuo sogno, la tua intuizione da custodire, da portare sempre con te.

 

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