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TESTO Uscire dal sepolcro

padre Gian Franco Scarpitta  

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (27/03/2005)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Che cosa avverrebbe oggi, se Cristo non fosse mai risorto?

Non occorrono particolari razionalismi per rispondere a questa domanda, né specifici studi o deduzioni di sorta, ma è sufficiente prendere in considerazione la realtà che ci circonda: se la Pasqua non fosse mai avvenuta realmente, non ci troveremmo, dopo centinaia di anni, a celebrarla nelle nostre chiese attraverso opportuni programmi liturgici che la fanno precedere da altre celebrazioni come la Quaresima e la Passione; se Cristo non fosse risorto non avverrebbe che oggi perfino le piccole cappelle di solito abbandonate siano prese d'assalto dalla massa dei fedeli, non esclusi quelli che abitualmente disertano le funzioni religiose, né avrebbero luogo i successivi banchetti su tavole convenientemente addobbate e imbandite.

Indipendentemente da come lo interpretiamo, il pranzo che consumeremo oggi nelle nostre case è infatti strettamente correlato a questo evento, la Pasqua.

Gesù sarebbe certamente ricordato ed esaltato come si addice a tutti i personaggi della storia insigni per le virtù o per il pensiero e l'impostazione di vita, tuttavia resterebbe un uomo, anzi un evento sterile relegato ad un passato destinato a non ripetersi.

Ma la risposta più convincente all'interrogativo di partenza ce la fornisce San Paolo: "Se Cristo non è risorto, vana è la nostra predicazione e vana e la vostra fede, e voi siete ancora nel peccato..."; il che vuol dire – e in fondo è la stessa cosa di cui sopra - che se la Resurrezione non fosse un evento reale, sarebbero inutili tutte le iniziative di apostolato, inutile la celebrazione della Domenica, inutile il sacrificio di tante persone che rinunciano alla propria libertà individuale per consacrarsi alla causa del Vangelo, cioè del lieto annuncio di salvezza e di vita eterna.

Invece, il fatto stesso che tutti gli anni noi ci si trova a rivivere la gioia di una giornata speciale costituisce già di per sé la prova ineluttabile della resurrezione di Cristo, e qualifica il senso pieno della nostra festa: la resurrezione è infatti il centro della nostra fede, l'elemento fondante che ci qualifica cristiani e che ci individua rispetto a tutti gli altri, mentre il fatto che Gesù sia risorto è per noi motivo per reimpostare la nostra vita nell'ottica della speranza e della gioia, per coltivare i nostri progetti guardando fiduciosi al futuro, facendo memoria del passato e della ricchezza che ci ha dato in dono.

Non soltanto noi ci immedesimiamo nell'evento, ma ne traiamo anche vantaggio, o meglio ne partecipiamo essendo Cristo Risorto – Ancora San Paolo – "primizia di coloro che sono morti", vale a dire la garanzia che tutti si può risuscitare con lui

Il termine "Pasqua" nella sua accezione ebraica vuol dire "passaggio", e indica uno spostamento da una situazione di negatività ad una rinnovata dimensione di gioia. Nel caso degli Israeliti schiavi in Egitto, la Pasqua era ( ed è tuttora per gli Ebrei) la fine della schiavitù del popolo in Egitto e l'avvento della liberazione in vista della Terra Promessa, nel ricordo del passaggio materiale del Mar Rosso; per noi cristiani è il passaggio dalla morte alla vita nel Cristo che esce vittorioso dal sepolcro per non rientrarvi più. La Resurrezione non è semplicemente "tornare in vita" ma passare dalla morte alla vita.

Soffermiamoci un istante su quest'ultima proposizione "uscire dal sepolcro". Quando si tratta della Pasqua non si deve parlare sbrigativamente di "Resurrezione", ma andando oltre occorre considerare il fatto che Gesù è uscito vittorioso dai meandri oscuri di una tomba che lo attanagliava; ha disfatto le bende e abbandonato il sudario; secondo la lettura sommaria dei vangeli ha anche eluso la sorveglianza delle guardie; ha ribaltato i marmi possenti del sarcofago che ne ricopriva le membra... in una parola ha esercitato la sua superiorità sulla morte in modo convinto, fermo e determinato, mostrando come questa non avesse alcuna consistenza. Non ha importanza se prima non era sceso dalla croce o non aveva debellato con un soffio chi metteva le mani su di lui per arrestarlo; quello che conta è che lui sul sepolcro si sia manifestato quale il Signore della vita che si prende gioco della morte, che può dominarla e abbatterla nonché avere la meglio su di essa. Anzi, tutti i miracoli fatti in precedenza non avrebbero senso se non fossero rapportati immediatamente a questo segno sensazionale per la sua unicità storica: uscire dal sepolcro come Giona uscì dalle viscere del pesce, mentre la resurrezione di Lazzaro aveva affermato nei gesti e nelle parole che lui è il Cristo, la resurrezione e la vita, e tale adesso si dimostra con questo atto che sbalordirà le donne e gli apostoli.

Pertanto la Pasqua oltre che oggetto primario di fede è anche il vanto e l'orgoglio del cristiano: in Cristo risorto l'umanità si rinnova nell'ottica della vita e della gioia, si possiede la certezza della vita senza fine essendo stata debellata la morte in modo definitivo e abbiamo la certezza che in Cristo nessuno muore più. Abbiamo anche noi la forza di che la morte sia sconfitta, e questo non soltanto nel senso escatologico del termine (la fine del corpo) ma anche in quello che concerne il nostro quotidiano intriso di problemi e di angosce, poiché la Resurrezione apre le porte alla fiducia in Gesù e alla certezza che lui, che non muore più, è vicino a noi e ci accompagna nelle pene e nelle gioie di tutti i giorni. Ragion per cui quello che celebriamo oggi è l'evento per il quale si devono omettere lacrime e sospiri ma abbattere ogni malessere e ogni morbo lesivo alla nostra tranquillità spirituale.

Se restiamo in Cristo morto e risorto, nessuno potrà mai "rovinarci la festa" mettendo in crisi la nostra serenità, neppure in quelle minime circostanze nelle quali siamo frustrati dai dolori e dalle angosce a motivo delle cattiverie materiali o verbali che gli altri ci propinano, poiché chi ha distrutto la morte ci innalzerà su chi si illude di aver successo dandoci fastidio. E nessun dolore potrà mai abbatterci o renderci impassibili, perché chi ha vinto la morte lo ha fatto sperimentando anzitutto il dolore e non potrà che farcelo superare. Così come non vi sarà problema o lacuna che il Fautore dell vita non ci farà superare.

Quello che conta è che noi ci affidiamo alla vita e rifuggiamo la morte.

 

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