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TESTO L'uomo? Peccatore, ma pur sempre valido soggetto.

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/09/2016)

Vangelo: Lc 15,1-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Ostinato al male e perverso nell'idolatria e nell'abominio, il popolo d'Israele suscita l'ira del Signore soprattutto adesso che si è "prostituito" a un Dio plasmato con metallo fuso a cui attribuisce tutti i poteri e le facoltà del vero Dio Onnipotente re d'Israele. Gli rendono culto perché credono che sia stato quel pezzo di metallo a favorire la fuga d'Israele dall'Egitto. Dio esterna sulle prime propositi catastrofici di annientamento e di distruzione per quegli infedeli idolatri, ma quando Mosè intercede a loro favore, ricordando i benefici da Lui realizzati in Abramo, Isacco e Giacobbe e appellandosi all'amore e alla fedeltà con cui Dio ha sempre trattato il suo popolo, ecco che il Signore cambia atteggiamento: addirittura si pente delle minacce rivolte al popolo e ritrae tutti i suoi progetti di punitivo annientamento. Certamente, Dio non ha bisogno che qualcuno gli suggerisca come procedere quanto all'amore e alla misericordia, ma l'intercessione di Mosè è molto eloquente e significativa, perché attesta a come Dio consideri la validità della preghiera di un solo uomo che gli è fedele e come questi venga reso partecipe dei disegni divini. Nella sua infinita onnipotenza e ferma restando la sua volontà indiscussa, Dio si mostra dialogico e attento alle richieste umane di intercessione, considera soprattutto la fede acritica e partecipata di chi, come nel caso attuale di Mosè, gli rivolge preghiere in nome della misericordia e della bontà. E del resto Dio non si stanca di risparmiare dall'ira e dalla punizione chi ha mancato nei suoi confronti e appunto perché egli è misericordia infinita non può che approvare una richiesta di perdono nei confronti dell'uomo peccatore. Anzi Dio va in cerca dell'uomo appunto perché ha peccato nei suoi confronti, ma soprattutto perché nei suoi confronti l'uomo è peccatore. L'appello divino è quello della riconciliazione con sé, della presa di coscienza della validità della misericordia che ha più efficacia della vendetta e della punizione, lo sprone a considerare bontà, perdono e misericordia sono alla base della soluzione di ogni problema quanto al peccato, perché procurano la conversione. Tutto questo sottende al fatto che l'uomo peccatore agli occhi di Dio è troppo prezioso perché non possa essere recuperato. In Gesù Cristo Figlio di Dio fatto uomo, che preferisce la compagnia dei peccatori e dei pubblicani, Dio ci dice non soltanto che il peccatore ha valore inestimabile, ma che qualsiasi soggetto umano peccatore ha valore inestimabile. Ogni singolo individuo è prezioso. E infatti in Cristo avviene la riconciliazione di tutti gli uomini, guardati ciascuno con occhio di riguardo come soggetti importanti, soprattutto quando siano interessati dal peccato. Il paragone che Gesù stende fra un peccatore e l'unica pecorella che si smarrisce allontanandosi dal gregge sottende a un allevatore meticoloso e pedante fino all'inverosimile, il quale si preoccupa perfino di un minuscolo e sparuto capo di bestiame. Effettivamente nessun pastore che abbia oltre un centinaio di pecore avrebbe modo di preoccuparsi dell'unica che si smarrisce poiché gli resterebbe la garanzia di un intero gregge che produrrà comunque abbondantemente per l'azienda. Qui si vuole però sottolineare che il pastore è (per l'appunto) scrupoloso, pignolo e forse anche gelosissimo di ogni singolo elemento del suo gregge e non perderebbe alcuna delle pecore di cui è padrone. Tale è Dio nei confronti dell'uomo che si perde: un pastore geloso e preoccupato all'eccesso, che nulla omette pur di correre a recuperare la singola pecora che intanto può essere stata vittima di rovi, spine e lupi rapaci. Ogni singolo peccatore è importantissimo e prezioso.

Ma non possiamo non evincere anche una seconda osservazione, che ci deriva dalla testimonianza diretta dell'apostolo Paolo, la cui vita è tutta contrassegnata dall'amore con cui Dio, da acerrimo nemico della Chiesa e persecutore dei cristiani, lo ha reso propugnatore della vera fede. Nel prodigio della conversione di Paolo vi è anche la certezza che Dio non soltanto è capace di riconciliazione e di trasformazione di ogni cuore perverso, ma che vuole anche valorizzare ed esaltare gli aspetti migliori di ogni singola persona. Anche se peccatore, ogni uomo ha i suoi talenti e le sue preziose prerogative, per le quali va incoraggiato al massimo: il suo potenziale può recare infatti frutti copiosi in senso buono. Ancor prima di essere sedotto da Cristo sulla via di Damasco, Paolo mostrava inventiva, erudizione e fantasia orientate in senso anticristiano; Gesù sfrutta quelle stesse qualità a vantaggio della fede cristiana. Così avviene per ogni singolo uomo peccatore: per quanto grande e abissale sia la sua ostinata lontananza dal Signore, questi punta tutto sul suo innato potenziale di carismi e di doni, valorizza tutte le sue risorse e nel progetto della conversione sa come sfruttarle e orientarle al meglio per l'edificazione del Regno, in modo tale che ogni peccatore non soltanto è oggetto di amore e di riconciliazione, ma anche di stima e di fiducia incondizionata da parte di Dio. Dio in effetti salva "tutto" l'uomo e tutto ciò che è proprio dell'uomo.

 

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