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TESTO Commento su Luca 14,1.7-14

Carla Sprinzeles  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/08/2016)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Oggi la liturgia ci invita ad avere la consapevolezza del nostro limite senza spaventarci né abbatterci.
Ci vogliamo bravi, giusti, meritevoli davanti a lui. Accettare invece la nostra parte più debole, quella che ci umilia, è forse il modo più semplice per entrare in contatto con lui: chi si sente fragile, piccolo, si fida di chi è più forte.

SIRACIDE 3, 17-29
Nella prima lettura tratta dal Siracide, il saggio d'Israele Ben Sira ci offre una riflessione sull'umiltà.
La forzata ellenizzazione della terra di Giuda da parte dei sovrani della Siria, con l'obbligo di abbandonare la Torah, la Legge, mise in crisi il giudaismo del tempo.
Mentre un'ala di Israeliti, guidata dai fratelli Maccabei, in questa situazione sceglie la reazione armata, Ben Sira preferisce ergersi a difensore della fede giudaica attraverso un'altra via, quella della sapienza.
La lettura odierna è parte di un passo dove l'autore espone i vantaggi dell'umiltà e della mitezza sulla presunzione intellettuale e l'insipienza del superbo.
"Compi le tue opere con mitezza" ossia sii consapevole del tuo limite con sincerità, non ricercare un tenore di vita lussuoso né onori e privilegi sociali.
La mitezza rende l'uomo amabile agli occhi di Dio più di quanto lo sia una persona munifica.
E' umile chi non è orgoglioso, presuntuoso, ambizioso o prepotente verso il fratello.
"Quanto più sei grande, tanto più fatti umile!"
L'uomo deve rimanere cosciente della propria natura, non deve cercare realtà più grandi di sé, prendere in considerazione le cose che il Signore gli comanda e non quelle nascoste, non deve affannarsi in cose superflue.
Potranno trovare grazia davanti al Signore ed essere introdotte al senso della vita solo menti sagge disposte a impostare la propria vita secondo le regole date da Dio.
Il Signore ama la lode dei poveri, degli umili.
Anche Gesù è "mite e umile di cuore" e Paolo invita a "non aspirare a cose troppo alte, a piegarsi a quelle umili".
Il passo si conclude con un detto circa il valore della meditazione, nel quale Ben Sira ci offre un velato riferimento autobiografico: mentre l'orgoglio e l'alterigia cercano il proprio sapere in cose astruse, il saggio si intrattiene sulle parabole e le studia attentamente facendone oggetto di profonda riflessione.
Con un secondo detto che esorta a intervenire a favore dei poveri, Ben Sira riprende una consolidata tradizione biblica, secondo la quale ogni pia elargizione delle proprie sostanze trascende il semplice livello della solidarietà sociale e assume un valore religioso.

LUCA 14, 1-7
Il brano del Vangelo secondo Luca che leggiamo oggi, ci propone Gesù a casa di uno dei capi dei farisei. Il banchetto è il simbolo del regno di Dio, cioè della toria umana nel suo sbocco ideale.
Non vuol essere una norma di galateo, Gesù pensa in particolare al posto di ognuno davanti a Dio e insegna che alla gratuità dell'invito non si risponde cercando di farsi avanti, ma accettando di ricevere gratuitamente.
Il vangelo è colmo di ricette di felicità, mentre il nostro mondo è colmo di persone infelici.
Gesù ci dice: invita chi non può ricambiarti e sarai beato.
La cosa che più temiamo è far brutta figura, essere umiliati.
Contemporaneamente, la cosa che più cerchiamo è la relazione e l'amore.
Non ci rendiamo conto che per entrare in relazione bisogna appunto saper perdere la faccia, accogliere la nostra debolezza di cui quella del fratello è il riflesso.
Più ci sediamo in basso più troviamo amici, perché la relazione è facile con chi sa di non essere importante.
Salvaguardare invece un proprio ruolo, un posto, ci pone in stato di assedio, di timore dell'altro, di durezza, per difendere la propria posizione.
Creiamo il vuoto attorno a noi perché la nostra paura, ci fa paura.
A volte noi pensiamo di rispettare la libertà altrui, tenendo le distanze dall'altro, mentre in realtà abbiamo paura, non abbiamo compassione, quella che nasce dalla consapevolezza della nostra fragilità, così simile a quella di chi ci sta di fronte, anche se la neghiamo.
Con Dio è la stessa cosa.
Ci vogliamo bravi, giusti, meritevoli davanti a lui.
Accettare invece la nostra parte più debole, quella che ci umilia, è forse il modo più semplice per entrare in contatto con lui: il cieco tiene più forte la mano di chi lo guida.
Quando il Signore parla del bambino, quando lo dà in esempio agli apostoli, non ci parla di quella parte di noi che ripudiamo perché non la troviamo bella?
E se invece proprio quella dimensione di noi fosse capace di attirare l'amore misericordioso di Dio?
Chi si sente fragile, piccolo, si fida di chi è più forte.
Solo a questo punto siamo in grado di invitare a pranzo il marocchino, la ragazza che batte il marciapiede, o il vicino al quale non rivolgiamo più la parola da anni.
Possiamo sederci in piazza vicino al compagno di scuola, che oggi è un vecchio tossico, forse un barbone e che ha bisogno di ritrovare un po' di amicizia, di essere trattato con stima.
Non si sentiranno giudicati: al contrario, incontreranno in noi un cuore amico, consapevole di condividere la stessa debolezza, la stessa ricerca di felicità, un cuore che non si ritiene diverso.

Amici, tutti abbiamo bisogno di essere considerati, stimati, apprezzati, lodati, forse non ricordiamo che siamo amati in modo unico e personale dal Padre che ci ha creati!
In quest'ultima domenica di agosto lasciamoci riscaldare dal suo amore e confidando in lui apriamoci a chi ci è accanto con amore, comprensione e tenerezza.

 

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