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TESTO Preghiera: un Padre, un amico, un sapersi poveri

don Maurizio Prandi

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/07/2016)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Il tema che ci viene offerto dalla liturgia della Parola di questa domenica è quello della relazione con Dio, della preghiera. Una preghiera che è intercessione (prima lettura); una preghiera che è immersione (seconda lettura); una preghiera che è un luogo (vangelo). Proprio di quest'ultima affermazione parlavo ieri con don Matteo... Gesù si trovava in un luogo a pregare scrive il vangelo. L'evangelista avrebbe anche potuto scrivere semplicemente: si trovava a pregare... ma quella specificazione se non altro incuriosisce e forse è davvero importante sapere quale sia quel luogo. Quella frase dei discepoli: insegnaci a pregare potremmo allora tradurla così: che bello quel posto! Porta lì anche noi! Gesù li porta lì, non se lo fa ripetere due volte e dice loro che la preghiera non è solamente parole o una formula... il luogo della preghiera è la relazione:

1) la preghiera è il volto di un Padre, ovvero qualcuno che ci ha generato o ci genera ancora... papa Francesco diceva una cosa bella durante un'omelia: Gesù ci ha insegnato che la prima parola della preghiera deve essere: Padre...chi prego? Il Dio onnipotente forse? No... è troppo lontano, questo Dio io non lo sento e nemmeno Gesù lo sentiva. Chi prego allora? Il Dio cosmico? Un po' abituale in questi giorni pregare questo Dio cosmico che è in tutto... una modalità politeista che diventa superficialità... preghiamo il Dio che è Padre e che come suggerisce Matteo nel suo vangelo è nostro... perché nessuno di noi è figlio unico e se non so essere fratello difficilmente potrei diventare figlio di questo Padre, che è mio, ma anche degli altri.

2) la preghiera è dentro un'amicizia che si permette di andare un po' oltre la semplice educazione, perché è il volto dell'amico alla cui porta puoi bussare anche in piena notte, quando tutto è oramai chiuso e tutti dormono su un un'unica stuoia, sicuro che ti presterà quello che chiedi...

3) la preghiera è dentro un sapersi poveri, bisognosi, tanto poveri e bisognosi che, avete ascoltato, è necessario chiedere, cercare, bussare... oppure è necessario, ed è il caso della prima lettura, presentarsi a Dio riconoscendo che si è polvere e cenere.

Ancora una volta siamo chiamati a riflettere su questo: l'amore (sacrosanto!) per il luogo sacro, non può chiuderci in quelle quattro mura, ma deve indurci ad uscire, ad incontrare, a servire.

La prima lettura ha come sfondo relazionale una domanda, una preoccupazione da parte di Dio: se rendere o non partecipe Abramo della sua decisione di punire e quindi di sterminare la città di Sodoma. Dio non nasconde il suo proposito e decide di condividere con Abramo quanto porta nel cuore. Nella salvezza di Sodoma, ma anche del mondo intero entra l'uomo con la sua corresponsabilità. Dio fa conoscere ad Abramo il suo progetto e Abramo non dice: Oh... meno male! Tutto sommato questo mi viene anche bene... visto che devo diventare una nazione grande e potente, il segno della benedizione di Dio potrebbe essere proprio questo: un Dio che toglie di mezzo i miei nemici! Niente di tutto questo invece... Abramo si mette in mezzo, tra la città e Dio stesso, e lì sta, a ricordare a Dio che non può tradire se stesso facendo morire i giusti che sono in quella città. Non solo... la prima lettura ci dice anche che la preghiera dell'uomo può cambiare il piano di Dio. Chissà... forse è un po' semplicistica come affermazione, però il testo sembra volerci far capire proprio questo: Dio prende sul serio l'uomo, e i suoi desideri contribuiscono a definire il progetto di Dio. Certo, è importante la qualità la grandezza del desiderio. La prima lettura ribadisce anche un'idea che ben conosciamo: quella di Dio non è una giustizia distributiva, non è un dare a ciascuno il suo... quella di Dio è una giustizia solidale come la parabola degli operai dell'ultima ora ci insegna. I giusti, anche se sono pochi diventano strumento di salvezza per una città intera così come il Giusto, anche se uno, diventa strumento di salvezza per il mondo intero! mi piace molto questo aspetto della personalità di Abramo: ci insegna a non dividere la nostra sorte dalla sorte degli altri, ci insegna a non voler essere salvati da soli.

Abramo intercede perché Dio gli svela la sua volontà... a me pare davvero importante questa idea... se penso al vangelo e alle parole che siamo chiamati a dire, siamo rimandati all'unica Parola che Dio-Padre ha rivolto a noi: il Figlio! Battesimo al Giordano e Trasfigurazione sul monte Tabor ci dicono proprio questo: le uniche parole che Dio rivolge agli uomini sono quelle pronunciate su suo Figlio: Gesù, il Figlio, è tutto quello che il Padre ha da dirci, ha da dire agli uomini. Se possiamo intercedere per una umanità dolente, bisognosa, affaticata, è perché ci è stato rivelata la volontà di Dio: Gesù, il Figlio, dona se stesso per tutti!

È molto bello anche poter cercare nel vangelo di Luca i momenti in cui Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre ricordando che il termine aramaico che sta sotto è quello più confidenziale di tutti, quello usato dai bambini: papi, papino... Gesù in un certo modo dice ai suoi discepoli e anche a noi questo: imparate a tornare bambini, fatevi piccoli per poter dire con tutta lo confidenza possibile anche voi: abbà! Balbettate (come fanno i bambini quando vogliono attirare l'attenzione del loro papà) quella parola rivolti a Dio... per incontrare Dio non c'è bisogno di formule molto elaborate; è Gesù stesso a suggerirci la semplicità. Una cosa sembra necessaria però: farsi piccoli, farsi bambini. Ecco un altro aspetto di quella povertà cui accennavo prima. Allora per pregare non si tratta di inventare formule ben costruite e intessute di chissà quali paroloni... per pregare è necessario ritrovare lo spirito d'infanzia.

Ma proviamo, come suggerivo, a prendere il vangelo di Luca per leggervi in quali altri momenti Gesù chiama Dio in questo modo così confidenziale: al cap. 22: Padre, se puoi allontana da me questo calice...; al cap. 23,34: Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno...; al cap. 23,45: Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito... La preghiera in Gesù è diventata vita e la vita per Gesù altro non è che incontrare il Padre... Gesù incontra il Padre quando insegna ai discepoli a pregare, ma lo incontra anche nel momento della sofferenza, nel momento dell'angoscia, nel momento della morte (d. Daniele Simonazzi)... che bello! nel momento in cui solitamente neghiamo la presenza e la paternità di Dio (la sofferenza, la morte), ecco che Gesù incontra il Padre, ecco che Gesù ci dice che l'incontro è possibile anche quando ci pare essere distanti, tanto distanti.

C'è anche uno spazio importante che riguarda noi e il nostro volto... è una riflessione che traggo da un ascolto di una scuola di preghiera tenuta da mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza e che lego alla seconda lettura, a quella immersione nella vita di Gesù che viene richiamata evocando il battesimo... chiedendo a Gesù di insegnarci a pregare, come discepoli chiediamo di entrare anche noi in questo dialogo cosi misterioso, intimo... chiediamo, in buona sostanza di presentarci davanti a Dio con il volto di Gesù, con il volto del figlio. Gesù ci concede tutto questo invitandoci a dire: Padre. Poter usare questa parola significa essere partecipi dell'esperienza di Cristo... scusate se mi ripeto: significa essere immersi in quella vita lì!

 

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