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TESTO Commento su Luca 12,32-48

fr. Massimo Rossi  

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/08/2016)

Vangelo: Lc 12,32-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Forma breve (Lc 12,35-40):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

La pagina di Luca che avete ascoltato è la continuazione del Vangelo di domenica scorsa: che cosa merita la nostra attenzione, più di ogni altra cosa, il nostro affetto più di ogni altro affetto? Paolo parla di cose di lassù distinte dalle cose della terra; Il terzo evangelista parla di tesoro nei cieli, al sicuro dai ladri e dai tarli.

Intanto, siamo ancora quaggiù, in questa valle di lacrime, piena di ladri e di tarli, ove niente e nessuno è al sicuro! La nostra vita è tutta qui, almeno così sembra; la vita eterna è un dogma di fedeche ripetiamo ogni domenica recitando il Credo. Nessuno è mai tornato a raccontarci se c'è e com'è...

Il misterioso autore della Lettera agli Ebrei ci presenta la figura di Abramo, modello di coraggio della fede. La vicenda del grande patriarca è interamente orientata e mossa dalla fede; Abramo fece tutto per fede: abbandonò la sua terra, entrò in contatto con altre culture, generò fuori tempo massimo il figlio Isacco; accettò addirittura di sacrificarlo nel caso che Dio gliel'avesse chiesto; e lo riebbe dalle Sue mani, come simbolo di una posterità numerosa come la sabbia del mare e come le stelle del cielo.

Anche oggi, come ai tempi di Abramo, per avere fede ci vuole coraggio.

Non possiamo avere fede, se non crediamo nella Provvidenza! non basta dichiarare: "Io credo in Dio!"; è necessario credere che Dio provvede a me e ai miei bisogni.

Quando si parla di Provvidenza divina, chissà perché, la si immagina come qualcosa, come Qualcuno che interviene per risolvere i problemi, sì che l'uomo può stare tranquillo... tanto c'è Chi ci pensa al posto suo... In altre parole, è difficile immaginare che Dio possa lavorare insieme con l'uomo; o io, o Dio. E così, la separazione tra Dio e uomo rimane...

E l'incarnazione è vana, tutt'al più è un modo di dire. Perché, se non riusciamo a credere che Dio possa agire insieme con noi, allora non crediamo neanche che Gesù sia vero Dio e vero uomo.... e andiamo ad indagare, a sezionare il Vangelo col bisturi della ragione, per capire se, quando disse quelle parole, le disse come uomo, o come Dio; e quei gesti prodigiosi, compreso l'atto di morire in croce, il Signore li compì come uomo, o come Dio?

Sapete quante persone non credono sul serio che Gesù è Dio? Uomo perfetto, sì! tre volte santo, sì! ma Dio, no! Dio non è Gesù, Dio è un'altra cosa...

Sia chiaro che non credere sul serio nella divinità del Signore non è, certo, un atto di umiltà!

Verosimilmente, le prime affermazioni del Vangelo di oggi - "vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro..." - non sarebbero indirizzate a tutto il popolo, ma solo alla ristretta cerchia dei discepoli, meglio, degli apostoli.

Pietro lo intuisce, ma chiede al Maestro di precisare. Il figlio del falegname non raccoglie la provocazione e continua a parlare.

La riflessione sul regno di quaggiù si intreccia con quella sul regno di lassù.

In realtà non si tratta di due riflessioni diverse che l'evangelista semplicemente accosta.

Non ci sono due regni, ma un regno solo: ciascuno di noi comincia ad esistere nel tempo e la sua vita non ha più fine; si passa dalla vita fisica a quella eterna senza soluzione di continuità. Ce lo ricorda la Preghiera Eucaristica che il sacerdote recita in occasione dei funerali, "la nostra vita non è tolta, ma trasformata.".

L'insigne teologo e biblista Alberto Maggi, dichiara che i vivi non muoiono, e i morti non risorgono. La vita eterna comincia qui, nel presente. Questa tesi a dir poco originale, non è poi così peregrina; è attinta dal Vangelo di Filippo, un testo apocrifo dove leggiamo che: "Se non si risuscita prima, mentre si è ancora in vita, morendo non si risuscita più.": vi esorto a non intendere espressioni come questa in senso letterale; sarebbe integralismo, così come quando si traduce e si interpreta un testo biblico alla lettera.

Tutto dipende dal significato del verbo risuscitare": nella valenza usata dal testo antico e riproposta da Maggi, risuscitare significa iniziare a vivere una vita di qualità diversa rispetto a quella umana-solo-umana: è la vita dei figli di Dio, e deve cominciare su questa terra, per poi sconfinare nell'eternità. Se moriamo da morti, cioè senza aver scelto quella vita di qualità, non avremo la possibilità di risorgere. La vita eterna è dunque la vita cristiana: o comincia durante l'esistenza terrena, o non ci sarà neanche dopo la morte.

San Paolo, che non è un apocrifo, invoca spesso la categoria della vita da schiavi, i quali, aderendo alla fede, sono già risuscitati ad una vita nuova, rispetto a quella passata. Nella lettera ai cristiani di Efeso (Paolo) afferma: "Con Cristo, il Padre ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù." (2,6); dice che "ci ha anche risuscitati", e non che "ci risusciterà"!

È ancora Paolo a insegnare: "Con Cristo siete stati sepolti nel battesimo, in Lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti." (Col 2,12), e anche: "Se dunque siete risorti con Cristo..." (Col 3,1).

La vita eterna non è un premio che riceveremo nell'aldilà, ma una condizione presente.

La vita nuova che Cristo ci insegna a scegliere in tutta libertà, aderendo senza esitazione alla fede, è indistruttibile! Tengo a precisare che la fragilità che inclina gli uomini a cedere al peccato non intacca l'adesione convinta e definitiva all'opzione cristiana. È vero, il peccato smentisce la scelta cristiana, ma non si può pensare che un peccato, ancorché grave, la possa compromettere del tutto. Credere che la perfezione cristiana consista nel non commettere peccati è un atto di superbia, oppure, al contrario, è sintomo di disimpegno e di scarsa stima di sé....

Per concludere, ritornando alla domanda iniziale, "che cos'è la vita eterna", la vita non è eterna in senso temporale, quanto a durata, ma in senso reale, quanto a qualità: saldamente radicata nella fede, sull'esempio di Abramo, la scelta cristiana è talmente forte e ostinata da vincere anche il peccato, anche la morte.

 

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