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TESTO La tua mano, Signore, sostiene il tuo eletto

don Walter Magni  

IX domenica dopo Pentecoste (Anno C) (17/07/2016)

Vangelo: Mt 22,41-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,41-46

41Mentre i farisei erano riuniti insieme, Gesù chiese loro: 42«Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide». 43Disse loro: «Come mai allora Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo:

44Disse il Signore al mio Signore:

Siedi alla mia destra

finché io ponga i tuoi nemici

sotto i tuoi piedi?

45Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». 46Nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo.

Anche Dio ha le sue domande. Mentre il Vangelo di Marco registra ben 61 domande di Gesù, Matteo ne conta 40, Luca 25 e Giovanni 48. Domande che sono come una provocazione di Gesù nei confronti dei Suoi interlocutori, nel tentativo di renderli sempre più partecipi della Sua storia di salvezza. Come ci è dato di capire ascoltando il Vangelo di questa domenica.

Dio ha bisogno degli uomini
Potremmo pensare alle domande di Gesù come ad una mano che fuoriesce dal testo evangelico, nel tentativo di afferrarci, come obbligandoci ad entrare più profondamente nel testo. Chiamandoci ad essere protagonisti in grado di compromettersi con una propria risposta. La capacità di Gesù di fare delle domande giuste al momento giusto è un tratto qualificante della Sua identità di Figlio di Dio.
Tutto questo vale anche per un buon educatore, chiamato costantemente a capire il momento più adatto per provocare in un ragazzo la domanda giusta. Perché una domanda ben posta manifesta una disponibilità e una predisposizione sincera verso l'altro. Come Gesù, che quando domanda ci fa comprendere che Dio non si serve degli uomini, non li sfrutta, ma ha bisogno di loro. Anche solo un assenso o il bisogno di sapere che ciò che sta dicendo ci interessa, ci tocca. Per chi vuol vedere, il fatto che Gesù fa delle domande è un segno evidente che Dio che pure ci ha creato senza di noi, non vuole salvarci senza di noi. "La salvezza è una mano che afferra un'altra mano, un passo che si arresta quando un altro si arresta, un passo che s'affretta se l'altro si affretta" (don P. Mazzolari).
Così il Suo domandare interpella la nostra libertà, dimostrandoci anche quanto ci ama. Quasi potessimo dire che Gesù che ci fa delle domande è una grande dimostrazione d'amore. E imparare a stare, sostare davanti alle Sue domande, significa lasciarsi coinvolgere nel Suo cerchio d'amore.

Domanda da spiegare
Dunque: Gesù fa una domanda ai farisei, replicando alla loro risposta con un breve ragionamento. La domanda è questa: "che cosa pensate del Cristo? Di chi è Figlio?". Gesù non incentra subito su di Sé la domanda, dicendo: cosa pensate di me? Introduce invece i Suoi interlocutori nel grande orizzonte della fede del popolo ebraico, al quale sia Gesù che anche quei farisei appartengono. Una fede, quella ebraica, che trova il suo centro dinamico proprio nell'attesa del Cristo/Messia.
Alla Sua domanda quei i farisei rispondono attenendosi a quello che dice la Scrittura: il Cristo, il Messia, non può che essere figlio "di Davide". In questo modo Gesù ha lo spunto per continuare, motivando il senso della Sua domanda. Come dicesse: "perché allora Davide chiama Signore ("disse il Signore al mio Signore") quello stesso Messia che voi giustamente avete riconosciuto come suo figlio? Insomma: se Davide chiama Signore suo figlio è perché gli sta riconoscendo una paternità più grande della sua, la paternità stessa di Dio". Cioè, il Cristo/Messia è ad un tempo figlio dell'uomo e Figlio di Dio. Così a questo punto Gesù può ricentrare l'attenzione su di Sé, svelando l'intenzione più profonda del Suo domandare: "quel Cristo/Messia che è Signore, ora sta semplicemente davanti a voi: sono proprio Io quel figlio di Davide, figlio dell'uomo che è pure Figlio di Dio!.
Siamo cioè davanti ad una vera e propria rivelazione, manifestazione di Gesù come Dio.

Le nostre domande nella Sua
A questo punto il Vangelo registra il fatto che "nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo". Come s'avviasse nel silenzio l'opportunità, il dono della grazia e della fede. Un momento nel quale potresti semplicemente inginocchiarti riconoscendo la Sua divinità oppure trattenerti ancora, come perplesso e pensoso. Perché la domanda che Gesù aveva posto non è una domanda qualsiasi. La domanda di ogni domanda, che fa sintesi anche di tutte le nostre domande. Domanda che non accetta più come risposta una bella citazione, un generico assenso, qualche parola di compiacimento e di stupore. Chiede piuttosto una risposta che ti prende tutta la vita. Che ti compromette tutto. Obbligato ad entrare in una continua memoria di Lui. Come Paolo, che ripete a Timoteo: "Ricordati di Gesù Cristo...". Cioè: "non dimenticarti di Lui, fa' continua memoria di Lui":
"Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore".
La nostra fede in Gesù non sarà mai il risultato di qualche aggiornata interpretazione esegetica o di qualche libro che ci ha parlato di Lui in modo accattivante. L'esercizio fondamentale del credente cristiano sarà sempre quello di inscrivere pazientemente nella Sua domanda tutte le sue domande.
Attenendoci a quel Suo modo di domandare e a quel Suo stile inconfondibile di rispondere. Fino al dono estremo di Sé. "Avendo amato i Suoi li amò sino alla fine" (Gv 13,1).

 

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