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TESTO Invece Dio...

don Alberto Brignoli  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/07/2016)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

"Pensavo di potermi fidare di quella persona, e invece..."; "Pensavo fosse un ragazzo scapestrato e buono a nulla, e invece..."; "Pensavo che la vita mi aveva ormai già dato tutto, e invece...". Pensiamo a quante volte, nella vita, abbiamo usato espressioni di questo tipo, riferite in particolare a situazioni o a persone dalle quali ci attendevamo una cosa e invece ne abbiamo ottenuta un'altra. E finché si tratta di situazioni o di persone, ci sta, perché viviamo in una mutabilità talmente grande che non possiamo mai essere certi di ciò che gli altri, gli eventi della vita, e anche noi stessi mettiamo in atto. Ma quando ci si mette di mezzo Dio a scombinare i nostri pensieri e le nostre convinzioni su di lui... come la mettiamo? Come la mettiamo con un Dio che "pensavamo" fosse in una determinata maniera, "e invece" si è rivelato in un'altra? Come la mettiamo con Dio, quando siamo convinti di conoscerlo e invece si dimostra diverso da come lo conosciamo? Già, perché questa situazione è molto più frequente di quello che pensiamo.

Noi siamo, infatti, abituati a pensare Dio così come ci è stato rivelato o come ci è stato insegnato, e forse non può essere altrimenti: del resto, ognuno di noi è parte di una storia dalla quale proviene e nella quale cerca di inserirsi nel miglior modo possibile, e questo vale anche per la religione. Crediamo Dio così come ci è stato insegnato dai nostri padri, con tutto il bagaglio di norme, di precetti, di comandamenti, di strutture che fanno ormai parte della nostra religiosità. Se li osserviamo, avremo vita, o - per dirla col Vangelo di oggi - "erediteremo la vita eterna". Arriva però un momento in cui quello che abbiamo ricevuto non ci basta più, sentiamo il bisogno di andare in profondità, di capire di più la nostra fede. Non ci basta "amare Dio e amare il prossimo": vogliamo capire almeno chi è il nostro prossimo. Insomma, anche noi, come lo scriba del Vangelo, abbiamo bisogno di "giustificare" la nostra fede, di dare una spiegazione al nostro credere. E se amare Dio alla fine tutto sommato risulta facile, perché è sufficiente osservare i suoi comandamenti, la sua legge, le sue istituzioni, cose nelle quali egli si identifica, amare il prossimo non è così semplice, perché in fondo facciamo fatica a capire chi è il nostro prossimo, chi ci è prossimo.

A volte, infatti, pensiamo che il nostro prossimo sia la persona bisognosa che dobbiamo aiutare, sia qualcuno cui fare la carità, qualcuno oggetto delle nostre cure. E invece... il Vangelo di oggi trova la sua chiave di lettura proprio in quell'"invece" collocato esattamente a metà del racconto. Un racconto che siamo talmente convinti di conoscere bene che, alla domanda su "chi sia il nostro prossimo", rispondiamo "colui che ha bisogno di noi", sulla scorta di ciò che il samaritano ha fatto con il malcapitato. "Invece", Gesù chiede allo scriba "chi era il prossimo del malcapitato", dal momento che lo scriba voleva sapere chi fosse il suo prossimo. E la risposta è l'esatto opposto di ciò che pensiamo: il nostro prossimo è colui che ha compassione di noi. Farsi prossimo non vuol dire solamente andare in aiuto di coloro che hanno bisogno di noi; vuol dire prima di tutto lasciare che gli altri si facciano prossimi a noi, lasciare che gli altri entrino a far parte della nostra vita. Il trucco, ormai, è svelato: nostro prossimo è Dio, perché è Dio che si prende cura di noi. E qui iniziano i dolori, perché noi - come dicevo prima - pensiamo di conoscere Dio, pensiamo di sapere quasi tutto di lui, pensiamo di volergli bene quando realizziamo la sua volontà, le sue norme, i suoi precetti e i suoi comandamenti. E invece, non è così, perché quando Dio si fa prossimo alla mia vita, non lo fa attraverso norme, leggi e precetti: quelli, non salvano. Chi ci salva è l'amore che Dio riversa nei nostri cuori.

Siamo noi, ognuno di noi, quell'uomo che scende da Gerusalemme a Gerico, che percorre il viaggio della vita dalla santità della città di Dio alla perversione della città del male, da quell'innocente santità iniziale del battesimo alla perversa spirale del male che ogni giorno ci tenta e ci chiede di giocare con lei, salvo poi rimanerne tramortiti, assaliti, privati di tutto ciò che è umano. Cosa ci rimane da fare? Sperare in Dio, che passi dalla nostra strada e ci aiuti, ci risollevi, ci salvi con la sua grazia. Eccolo che passa, Dio! E non una, due volte: passa con due suoi rappresentanti. Passa attraverso un sacerdote, colui che insegna i precetti di Dio e ce li trasmette nella liturgia; passa attraverso un levita, il custode del Tempio e dell'Arca, il custode della fede e delle tradizioni. Le persone giuste per salvarci... macché... sono di fretta e passano dall'altra parte... magari non ci hanno visto... No, ci hanno visto eccome: ma sono di servizio, non hanno tempo per noi, e poi siamo sporchi e feriti, e i precetti della religione, quelli del Dio in cui confidiamo, impediscono loro di darci una mano, per non risultare a loro volta contaminati dal peccato. Sembra tutto finito: invece Dio, passa di lì, su quella stessa strada (non sarà mica peccatore anche lui?), ci vede e si ferma, perché lui ha compassione. E che sia il Dio di Gesù Cristo non c'è dubbio: solo Dio prova "compassione" con quel verbo lì, solo Dio versa sulle ferite "olio" e "vino" (battesimo, cresima, eucarestia, unzione degli infermi, ordine sacro... cinque sacramenti su sette fatti con olio e vino!), solo Dio entra in città su un'umile cavalcatura, solo Dio ci affida alla sua Chiesa perché si prenda cura di noi!

Noi pensavamo che Dio avesse le fattezze di un sacerdote o di un levita: invece, Dio è un Samaritano, uno che non avremmo mai pensato, uno che non risponde certo ai canoni della religiosità ufficiale, ma che risponde all'unico canone dell'amore. E ci chiede di fare lo stesso, ossia di riconoscerlo in chi si fa prossimo a noi, anche se diverso da come ce lo aspetteremmo, e di servirlo in chi ha bisogno di noi, anche se diverso da come lo vorremmo. Non è facile accettare un Dio così, che si fa prossimo a noi nei mille samaritani di oggi, samaritani perché diversi, stranieri, opposti a noi, e ci chiede di fare altrettanto: non importa, anche se non è facile, accettiamo la sfida e mettiamoci in cammino. Capiremo anche noi alla fine di tutto, come i discepoli di Emmaus in questo entusiasmante vangelo di Luca: essi pensavano e speravano che Gesù il Nazareno avesse liberato Israele, e invece... è andata diversamente, e per di più tocca loro sentire che Gesù, nonostante tutto, è vivo.

Così è Dio: noi ce lo immaginiamo e per tutta la vita lo crediamo fatto in un modo, e invece...

 

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