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TESTO Commento su Luca 9,51-62

fr. Massimo Rossi  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26/06/2016)

Vangelo: Lc 9,51-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

"Mettersi in cammino verso Gerusalemme" è una espressione tecnica che significa: decidere di affrontare le prove decisive della vita, sapendo che (la vita) non sarà facile, che sarà anzi dolorosa, molto dolorosa.

Sto parlando dell'esperienza di Gesù, ma anche di tutti coloro che desiderano seguirlo.

Gerusalemme era la città santa della fede ebraica: lo è ancora, così come è anche la città santa della fede cristiana. Ma i motivi sono assai diversi, direi, opposti.

Per gli Ebrei, Gerusalemme è la città di Davide, la sede del tempio di Dio; e il tempio era l'orgoglio di tutti gli israeliti, oltreché il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

Il tempio di Gerusalemme si ergeva come emblema di splendore, grandezza e potere, in una città che aveva ormai perduto la grandezza, i fasti e il potere dei secoli passati: la superiorità indiscussa e indiscutibile dell'Impero romano non consentiva a nessun popolo straniero di rialzare la testa e di misurarsi con esso. L'Impero travolgeva tutto e tutti! Tuttavia il tempio di Gerusalemme incuteva rispetto, ed anche i custodi della religione, il partito dei Sommi Sacerdoti, sapeva farsi rispettare dai rappresentanti di Roma.

Orgoglio, potere, rispetto: questo, dunque, significava per gli Ebrei, Gerusalemme e il suo tempio.

Per Gesù di Nazareth e per noi cristiani, salire a Gerusalemme significa esattamente il contrario!

A Gerusalemme il Signore depose ogni orgoglio, rinunciò ad ogni potere, perdette ogni rispetto di sé. La versione del Vangelo: "Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme...", andrebbe tradotta con: "si diresse a muso duro verso Gerusalemme", "fece la faccia brutta contro Gerusalemme": Gesù sapeva che Gerusalemme lo avrebbe rifiutato, cacciato fuori a morire come un cane...e questo non lo riempiva certo di gioia.

Il Vangelo di oggi non è un vangelo allegro: le tre sentenze raccolte da san Luca in queste righe chiariscono tre aspetti essenziali della vita di Cristo e di coloro che rispondono alla sua chiamata:

- il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo; oggi si direbbe "senza fissa dimora";
- i morti appartengono al passato;

- la vocazione ha la precedenza assoluta su ogni affetto, anche sui vincoli familiari.

Parlando del matrimonio, la Bibbia insegna: per questo, il figlio lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla sua sposa e insieme saranno una cosa sola (cfr. Gn 2,24; Mt 19,4-5).

Oggi Gesù si rivolge a coloro che hanno scelto la cosiddetta vocazione al cuore indiviso, a noi consacrati e sacerdoti, e ripete la stessa raccomandazione: chi vuole seguire il Signore a tempo pieno, deve lasciare la famiglia e non voltarsi indietro.

I legami di sangue possono costituire un impedimento alla realizzazione della propria vocazione!

Questo va detto in modo forte e chiaro, soprattutto oggi, in cui la cura dei genitori anziani e ammalati costituisce uno dei punti più delicati e cruciali della società occidentale.

So di toccare un nervo scoperto per tante famiglie, compresa la mia.

Sembra che Gesù si duro, addirittura crudele ed insensibile nei confronti dell'amore filiale.

Ma non è così, non può essere così! andrebbe contro il quarto comandamento - onora il padre e la madre -, il quale letteralmente prescrive di prendersi cura dei genitori quando non sono più in grado di badare a sé stessi.

Gli insegnamenti di Gesù non contraddicono mai la Legge di Mosè!

Il Vangelo non abolisce la legge antica, ma la porta a compimento, la contiene e la supera.

Rispetto a quanto prescritto dal quarto comandamento, il detto del Signore precisa che l'attenzione alla famiglia di origine non può e non deve pregiudicare la vocazione personale, qualunque essa sia.

Ciascuno ha il diritto/dovere di seguire la propria strada. Nessun genitore può avanzare pretese nei confronti dei figli, mettendo in atto ricatti morali velati o palesi, che suscitano o alimentano nei figli insani sensi di colpa.

Il gesto del profeta Elia di gettare il mantello sulle spalle di Eliseo è diventato un simbolo: ognuno di noi ha vissuto un'esperienza simile, una sorta di profezia vocazionale.

È rimasta famosa la scena del Papa Paolo VI, in visita a Venezia, quando, sceso dal motoscafo, salutò il Patriarca della città, Cardinale Albino Luciani, togliendosi la stola e mettendola sulle spalle di lui.

Proviamo a ripercorrere a ritroso la storia personale e scopriremo che il nostro stato di vita non è frutto di una decisione estemporanea, improvvisa, ma era stato preparato e, in qualche modo anticipato da un fatto, da un episodio, da un incontro...
Destino?

No, vocazione che si è fatta più chiara col passare degli anni, fino al giorno in cui ci siamo arresi e ci arrendiamo ancora alla volontà di Dio, scegliendo di viverla, nella buona e nella cattiva salute, tutti i giorni della nostra vita.

 

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