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TESTO Per una cultura dela vita

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Quaresima (Anno A) (13/03/2005)

Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45

In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Quali sono le comuni reazioni alla prospettiva della morte? Come ci si atteggia quando si scopre che il nostro trapasso è imminente e che la fine è inevitabile?

La risposta pronta ed immediata con cui siamo soliti affrontare tali interrogativi è quella relativa alla paura e al timore: si afferma quasi sempre che l'uomo mostra paura e angoscia quando si trova in prossimità del trapasso e che intenda "farsi amica" la morte attraverso espedienti di varia natura, o di evitare l'appuntamento con essa creandosi illusori spazi di eternità... Tutto questo corrisponde al vero, poiché l'esperienza ci mostra non pochi casi che tratteggiano la situazione appena descritta, ma quello del terrore non è l'unico atteggiamento che caratterizza le reazioni umane sull'argomento morte: vi sono infatti casi (tutt'altro che rari) nei quali la morte la si accetta con serena rassegnazione e risolutezza considerando l'impossibilità di poterla evitare; altri nei quali essa viene invocata e attesa ansiosamente come meta irraggiungibile, vedi tutte quelle persone attempate costrette ad una sedia o ad un letto; altri ancora nei quali addirittura la si procura per se stessi o per gli altri, quale fuga dalle situazioni sconcertanti o dalle oppressioni del quotidiano. Si tratta in quest'ultimo caso dei ricorsi al suicidio e all'eutanasia.

Va da sé pertanto che il problema del trapasso è multilaterale e non può essere affrontato in senso univoco, vale a dire considerando il solo timore per la propria vita.

E in conseguenza di ciò, è cosa evidente che, piuttosto che di un argomento sulla morte, occorre parlare di una cultura della vita, vale a dire affrontare il discorso in merito al come gestire la propria vita in tutte le circostanze e nelle varie occasioni di felicità o di avversione che ci possano capitare.

Solo una reale concezione della vita può infatti farci comprendere il vero senso della morte, e una simile istanza non può essere soddisfatta se non dalla Parola di Dio.

In tante circostanze, e specialmente nella Liturgia di oggi, Essa ci induce alla conclusione che è vano e illusorio procedere a tentoni nel voler scoprire il senso della vita per ogni dove, nelle varie proposte delle ideologie e della mondanità, che pretendono di offrire la panacea o l'elisir di lunga vita; piuttosto la vita la si trovca in Colui che ne è l'artefice perché Egli stesso è la Vita, cioè Dio, che nella prima Lettura concede alle ossa inaridite di comporsi nelle membra e animarsi in forza del suo Spirito; che attraverso il profeta Ezechiele medesimo promette al suo popolo che darà presto "un core di carne" perché non vivano nella freddezza e nell'arrogante insensibilità verso i divini moniti per poter morire in anticipo; che nel libro della Sapienza aveva ammonito che "vecchiaia veneranda non è lalongevità, né si calcola dal numero degli anni", onde poter qualificare il vivere di tuti i giorni nella qualità effettiva e non solo nella quantità; e che adesso in Gesù Cristo manifesta di essere "Via, verità, e vita" in una triplice forma: 1) attraverso una pedagogia del dolore e già esposta nel caso del cieco nato "questa malattia è per la gloria di Dio": qualsiasi malessere o infermità fisica, come anche qualsiasi orrore o inquietitudine non avvengono per fatalità o per una gratuita ironia della sorte, ma hanno uno scopo ben preciso: rendere l'evidenza di un Dio capace di soffrire accanto all'umanità, farsi carico dei nostri problemi e intervenire su di essi ora per alleviarli, ora (come nel caso dei miracoli) per porvi rimedio definitivo con il nostro assenso di fede, 2) esternando le proprie lacrime per l'amico Lazzaro, il che equivale ad attreibuire un senso al dolore in casi come questi: è legittimo che si pianga e che ci si avvilisca di fronte alla scomparsa di un nostro caro, ma guai se il dolore si trasforma in disperazione al punto da non farci lottare e costringerci alla resa; 3) attraverso la resurrezione di Lazzaro che attesta alla verità per cui in Cristo tutto vive: il miracolo dell'uscita dal sepolcro vuole infatti anticipare la vittoria pasquale dello stesso Cristo sulla morte e la certezza che tutti vivranno in Cristo, anche al di fuori del corpo fisico mortale, ma allo stesso tempo sottolinea che Cristo è la vita in tutti gli aspetti e in tutti i sensi.

In sintesi, Cristo è la resurreezione PERCHE' E' LA VITA; per il fatto cioè che egli costituisce il criterio e il punto di riferimento per la gestione del nostro quotidiano offrendo la risposta ai nostri problemi e predisponendoci di fronte al dolore e di fronte alla possibilità della morte.

Vita eterna vuol, dire infatti vita infinita, che riguarda il prima, il durante e il dopo con Cristo.

E questa certezza di fede ci incoraggia a spronarci gli uni gli altri nel difendere il dono della vita propria e altrui, anche nelle circostanze in cui sembra perdere il proprio senso e nel soggetto vi sia il senso di vuoto e l'assenza di dignità.
Il Dio della vita ci vuole vivi in pienezza.

 

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