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TESTO Commento su Zc 12,10-11;13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/06/2016)

Vangelo: Zc 12,10-11;13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,18-24

18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.

22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

Le letture di questa domenica ci mettono di fronte alla verifica della nostra fede, cioè ci invitano a passare da una fede consegnata per "tradizione", secondo le scritture, ad una fede personale, frutto di una scelta consapevole dopo l'incontro con quel Gesù in cui diciamo di credere.
Nella prima lettura il profeta Zaccaria ci parla di un Dio che vuole arricchirci di grazia e di consolazione attraverso il dono di se stesso, perché proprio "colui che hanno trafitto" sarà sorgente zampillante che laverà il nostro peccato. È l'anticipazione di quel Dio misericordioso che ha dato la sua vita per noi e che quest'anno santo straordinario ci invita a scoprire.
Il Salmo ci invita a non fermarsi alla terra arida, senz'acqua, ma a proseguire nella ricerca di Dio, che è"oltre" ed è altro.
Nella seconda lettura san Paolo ci ricorda che noi siamo figli di Dio in virtù della fede in Cristo, che abbiamo ricevuto nel battesimo, che ci trasforma in un'unica unità con Lui e che porta ad annullare tutte le differenze di razza e sesso. Parole che oggi trovano uno scarso riscontro nelle nostre società dove le differenze sono sempre più motivo di divisione e di rifiuti ad accogliere il "diverso" o chi non è conforme ai nostri schemi di pensiero.
Nel vangelo assistiamo ad un momento decisivo della vita di Gesù e dei suoi discepoli. Dopo un "ritiro di silenzio", che potremmo definire un ritiro spirituale, Gesù invita gli apostoli a riflettere sulla relazione autentica con Lui, a verificare l'intensità della loro fede e, dopo risposte che oggi potremmo definire "catechistiche", a riconoscerlo come Messia, l'inviato da Dio per compiere la sua opera. Ma quale Messia? Gesù cancella tutte le loro illusioni e le attese legate alle aspettative sbagliate sul suo ruolo. Si definisce "figlio dell'uomo" e annuncia per sé il destino del condannato. Rovescia ogni logica di potere e detta i criteri che devono regolare la vita dei discepoli.
Egli è colui che mette in crisi le nostre aspettative e le nostre sicurezze, chiamandoci a un severo impegno. La croce rimane il mistero da capire e da accettare. Vivere l'esperienza cristiana vuol dire godere il positivo della nostra vita, non togliendo però la sofferenza, ma dandole un senso.
Gesù invita a rinnegare se stessi per seguirlo. Questo non vuol dire rinunciare alla nostra umanità, ma valorizzarla, vincendo la mediocrità morale dell'individualismo per partecipare a un grande progetto di umanità.
Prendere la croce significa essere disposti a subire tutte le conseguenze della propria coerenza e delle proprie scelte di verità e giustizia, cioè impegnarsi a sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio e saper accogliere quotidianamente la volontà del Signore. Chi vuol salvare la propria vita, mantenendo inalterati i propri equilibri e conservando tutto quello che si ha senza mettersi in gioco, la perderà. Ma chi perderà la propria vita per la verità e la giustizia la salverà.
Gesù ci dice di prendere "la croce ogni giorno", non per ridurla ad una formulazione astratta, ma per ricordarci che la via della croce implica, ogni giorno, quei necessari gesti di rinuncia, di generosità e di condivisione che ci sono richiesti per trasformare la nostra storia di peccato in storia di salvezza.
Seguire Gesù significa rinnovare, ogni giorno, la nostra speranza in Dio. Qui si misura la creatività del cristiano, cioè la sua capacità di calare la visione evangelica dell'esistenza nella vita di ogni giorno. Questo vuol dire che la coerenza, la fedeltà, il coraggio di subire le conseguenze delle scelte ispirate al Vangelo devono concretizzarsi, con semplicità, nella vita di famiglia, nelle attività lavorative, nelle comunità e sul territorio in cui viviamo.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Siamo cristiani o diventiamo cristiani?
- Nell'ottica del divenire, non basta celebrare il matrimonio, ma bisogna viverlo! Nella nostra relazione di coppia che cosa ci sta aiutando a realizzare gli impegni che ci siamo scambiati il giorno del matrimonio? Quali invece gli ostacoli?
- Gesù è davanti a noi e ci chiede "Chi dite che io sia?" Quale la nostra risposta oggi?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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