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TESTO Non preoccupatevi per la vita, ma cercate il regno di Dio

Ileana Mortari - rito ambrosiano  

II domenica dopo Pentecoste (Anno C) (29/05/2016)

Vangelo: Mt 6,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 6,25-33

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

La lettura evangelica odierna (tratta dal Discorso della Montagna di Matteo), è tutta imperniata su un tema fondamentale: la fiducia nella Provvidenza.
"Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? (v.25) E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? (v.27)
Dunque: ci ritroviamo un corpo, per il cui accudimento il Maestro dice di non preoccuparsi; e soprattutto godiamo di una vita, che non ci siamo dati noi, né sappiamo quando cesserà; non è in nostro potere aggiungere neppure un secondo! Ma allora, questo significa che la nostra esistenza è sottoposta a un fato-destino immutabile? Tutto è già predestinato? I due versetti sopra riportati, e isolati dal contesto, sembrerebbero affermare quanto sopra. Ma fortunatamente non è così!
La pagina matteana contiene uno dei più importanti e profondi insegnamenti del vangelo: quello relativo alla Provvidenza, che la teologia definisce come uno dei massimi attributi di Dio; essa consiste nel fatto che Dio opera in modo da dirigere tutte le cose verso il loro fine. Dio ha creato il cielo e la terra e gli uomini e li conserva guidandone il cammino, lo sviluppo, con la sua continua assistenza. Già questo ci mostra in una luce diversa il v.27; noi non possiamo allungare neppure di poco la nostra esistenza, perché essa non deriva da una nostra decisione, né è opera nostra, ma è piuttosto un dono, uno straordinario DONO che il Padre ci ha fatto.
Non a caso al v.32 b troviamo il termine "Padre" anziché "Dio"; Gesù ci rivela un Dio che è anzitutto PADRE e basta pensare all'esperienza dell'essere "padri" (o "madri") per capire che Dio è nei nostri confronti proprio come il genitore che si preoccupa di continuo, con immenso amore, perché al proprio figlioletto nulla manchi di cui abbia bisogno.
Dio è Padre, Dio provvede ai suoi figli; ma questi dall'età infantile passano a quella adulta, in cui sono chiamati ad esercitare le facoltà tipiche dell'essere umano: la ragione, la volontà e la libertà. Proprio per questo l'uomo si differenzia da tutti gli altri esseri: egli è l'unico creato "a immagine e somiglianza" di Dio, cioè è l'unico in grado di stare davanti al Padre come suo immediato e intelligente interlocutore.
Ad un essere responsabile si affidano dei compiti e il Padre ne ha affidati diversi alla sua creatura prediletta: ad esempio "custodire il creato e coltivare la terra" (cfr. Gen.1,28: "riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra".) Nell'ambito della Bibbia non mancano certo esortazioni all'impegno fattivo; ad esempio: "Stà fermo al tuo impegno e fanne la tua vita, invecchia compiendo il tuo lavoro." (Sir.11,20)
Dunque, all'uomo spetta un compito e una fattiva occupazione. Ma questo non è in contrasto con Mt.6,25: "Non preoccupatevi per la vostra vita, etc."? No, perché, a ben vedere, il testo originale è "me merimnàte", cioè: non vi affannate, non preoccupatevi eccessivamente, non "stressatevi" per il cibo e il vestito. Dunque, non solo è ammessa, ma è doverosa - nella linea della responsabilità - la preoccupazione del singolo per le necessità quotidiane e Dio ha dato all'uomo il cervello per pensare e le mani per lavorare e procurarsi così il suo cibo; quella che Gesù condanna è l'eccessiva preoccupazione, l'ansia smisurata, l'apprensione senza fine.
Se infatti la Provvidenza è l'atto d'amore con cui Dio segue e accompagna la vita delle sue creature, Egli per questa sua realizzazione si serve anche della cooperazione degli uomini, che sono chiamati a mettere a frutto i loro doni e capacità.

Certo, resterà sempre un mistero il modo in cui si accordano e si armonizzano l'agire dell'uomo e quello di Dio, ma c'è una certezza che ci conforta: Dio non agisce in competizione con noi, per cui o fa tutto Lui o facciamo tutto noi! E c'è un'immagine che rende bene l'idea di quel che accade: il ricamo. Esso, come noto, ha un diritto e un rovescio; quest'ultimo è un groviglio di fili, colori sovrapposti, confusione, nodi e tagli di filo e colori, intrecci senza senso, disegni incomprensibili e per di più brutti da vedere... è l'immagine del nostro mondo, caotico e spesso con domande inevase e problemi irrisolti. Ma lo stesso ricamo, dalla parte diritta, è uno stupendo e armonioso disegno colorato, dotato di senso e bellezza, dove non un filo è fuori posto e tutto risulta chiaro, ordinato e significativo. Quest'ultimo è il RICAMO-REALTA' DEL MONDO come lo vede Dio e come lo vedremo anche noi un giorno, alla fine dei tempi!

Che fare nel frattempo? Ci sono due possibilità: o vedere tutto come frutto del caso o vedere tutto come dono di un Padre amoroso; è la FEDE che fa la differenza. E in quella stupenda lezione di fede che è il Discorso della Montagna di Matteo, oggi ci viene detto: "Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta." (v.33)
Che cos'è il "regno di Dio" che dobbiamo cercare? Per la verità "regno" è un termine un po' infelice al giorno d'oggi, in cui re e regni non esistono quasi più. Occorre pertanto superare l'immagine regale tradizionale per coglierne la sostanza; se il "regno" è tutto ciò che possiede e può fare un re nella sua potenza, "regno di Dio" è il progetto e l'azione di Dio per salvare gli uomini, il suo intervento, definitivo e risolutore, che stabilirà giustizia e pace sulla terra e in cielo; è "giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm.14,17); è l'irruzione della verità, della santità e della grazia, della solidarietà e della misericordia; è quella ricchezza di valori che si rivela e si attua nella storia attraverso la parola e l'opera di Gesù.
"La sua giustizia" è la grazia, misericordia, salvezza, fedeltà di Dio; è la "giusta" relazione tra Dio e l'uomo; è la ricerca fattiva e il compimento del progetto di Dio, come è stato rivelato da Gesù, e che ha il suo centro dinamico nell'amore.
Se regno e giustizia di Dio sono il "primum" nella vita dell'uomo, scompare l'affanno irrazionale e spropositato e si recupera quell'atteggiamento sereno e fiducioso che il Salmo 130/1 descrive magnificamente: "...Io resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre...." (v.2). "Un bimbo tra le braccia della sua mamma o del suo papà non ha paura che gli manchi qualcosa. Se abbiamo paura, vuol dire che non ci sentiamo così, che non confessiamo Dio così. La nostra angoscia, la nostra preoccupazione è quindi una confessione di sfiducia in Dio." (U.Neri, Il Discorso della montagna, Ancora, pag.112)

 

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