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TESTO Commento su At 1,1-11; Lc 24,46-53

Carla Sprinzeles  

Ascensione del Signore (Anno C) (08/05/2016)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

L'Ascensione, è l'ultimo atto della morte di Gesù.
Potremmo dire che è l'ultimo saluto di Gesù ai suoi, quello che noi siamo chiamati a dare sul letto di morte. Gesù non l'ha dato sulla croce ai suoi - non c'erano - ma ci sono tutte le caratteristiche della morte, cioè c'è l'espressione dell'amore che è giunto a interiorizzare le persone.
Gesù dice che rimane con loro, con una presenza che è ancora più significativa di quella fisica.
Questo è un aspetto che noi trascuriamo, ma la vita spirituale è precisamente lo sviluppo di questa consapevolezza della presenza dello spirito di Cristo in noi, che è possibile precisamente perché Gesù non è presente fisicamente, nello spazio e nel tempo. Se fosse presente nello spazio e nel tempo il rapporto sarebbe un altro. Noi avremmo quasi l'idea di dire che sarebbe più importante.
Invece non è vero, perché la presenza fisica non è la più importante.
E' necessaria all'inizio, è l'avvio: non ci può essere una presenza interiorizzata se non c'è una presenza spazio-temporale. Noi non possiamo interiorizzare nessuno se non viviamo rapporti fatti di visione, di vicinanza, di attenzione, di ascolto della parola. Questo è l'inizio, la vera presenza a cui l'amore tende è la presenza nell'interiorità.
E' una presenza a livello più profondo, è un livello più ricco, c'è il distacco definitivo: non è più sulla terra e questa è la morte, ma rende possibile una presenza nuova e rende possibile da parte nostra un'accoglienza nuova del suo dono, il dono dello Spirito.
Anche a noi sarà richiesta questo dono della vita e questa interiorizzazione da parte delle persone che amiamo.

ATTI 1, 1-11
Leggiamo l'inizio degli Atti degli Apostoli, dove si registrano sinteticamente gli avvenimenti del periodo di transizione tra la vicenda terrena di Gesù e il tempo della Chiesa.
Durante le apparizioni pasquali, Cristo in un certo senso passa le consegne ai discepoli: "Ora tocca a voi!"
Inizia il tempo della Chiesa, un tempo di testimonianza pubblica e coraggiosa, che deve raggiungere tutti gli uomini.
"Mentre si trovava a tavola con loro..." il pasto preso insieme ai discepoli costituisce una prova che il Risorto non è un fantasma, ma rimanda al banchetto eucaristico, al luogo in cui i suoi amici potranno essere in comunione con lui.
Rispondendo a una precisa domanda degli apostoli: "E' questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?" Gesù precisa che la sua vittoria pasquale non instaura immediatamente il regno di Dio.
Non è la nostra competenza: il tempo non è nelle nostre mani.
Ma dice che avremo la forza necessaria di sopportare di stare senza spiegazione, di non sapere se il tempo è compiuto, sapremo tener duro fino a quando sarà necessario.
"Avrete forza dallo Spirito Santo.." forza per che cosa? Per essere testimoni. Di che? Affronto chi non la pensa come me? Non è così, la vita è un po' più complessa, ma soprattutto l'incontro con il Signore è un po' più complesso. "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore.."
Testimoniare che ciò che è accaduto a noi è che Dio ha benedetto la mia vita e così può succedere anche a te, far fiducia all'altro quando non ci crede più.
La scena dell'ascensione è rappresentata da Gesù che fu elevato e una nube lo sottrasse ai loro occhi. La nube che guidava gli ebrei nel cammino nel deserto e faceva loro ombra, ma oscura, nasconde anche. Occorre imparare un altro linguaggio, occorre imparare a vivere con un'assenza.
Dobbiamo imparare a usare un'altra grammatica: gli angeli dicono: "perché rimanete a guardare in cielo?" La nube indica la fine della presenza visibile di Gesù nel mondo e l'inizio della presenza interiore in ogni uomo e donna che lo accolgono.

LUCA 24, 46-53
Oggi leggiamo la fine del Vangelo di Luca: "Così sta scritto: il Cristo doveva patire e resuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati... di questo voi siete testimoni".
Testimoni della resurrezione dunque?
Certo, ma non solo, anche e soprattutto del perdono dei peccati!
Gesù promette di mandare sugli apostoli il suo Spirito, di cui sappiamo che è il dono perfetto del Padre, il "Per-dono", colui che dà il potere di rimettere i peccati.
Solo dopo questa promessa Cristo "si stacca" dai suoi "benedicendoli", come per confermare la nuova creazione che sta compiendo.
Dio infatti, fin dalla prima pagina della Genesi aveva benedetto l'uomo e la donna, rendendoli così fecondi, capaci cioè di collaborare all'opera della creazione.
Il Risorto ricrea l'uomo facendolo nascere alla vita divina capace di trasformare il male in Bene con il perdono, e lo benedice per renderlo capace anche di questa ri-creazione.
Perché continuiamo così facilmente a vergognarci dei nostri peccati, a giudicare quelli degli altri e a temere il giudizio di Dio?
Il Figlio è venuto, è morto ed è risorto proprio per dimostrarci che lo Spirito che anima Dio - se si può usare questa metafora - è perdono.
Se siamo testimoni di Cristo, lo siamo attraverso la nostra capacità di perdonare fino a poter dire a chi ci offende: sei con me nel paradiso del mio cuore profondo, ove il Padre mi accoglie con te senza giudicare né te né me.
Lasciandoci eredi e testimoni del suo perdono, Cristo ha cambiato il senso della storia: l'uomo può uscire dal meccanismo della vendetta e della paura perché la morte, conseguenza del peccato, è vinta.
"Tornarono a Gerusalemme con grande gioia e andavano nel tempio ogni giorno a pregare."
Non è un addio triste, è un addio che affida un compito, che affida una missione, che dà una forza nuova.
Ogni cambiamento nella nostra vita comporta la paura di quello che potrà avvenire, la mancanza di fiducia nella vita. La condizione fondamentale per attraversare queste situazioni è la fiducia in Dio. Avere fiducia in Dio vuol dire che la novità che la vita ci riserva contiene una ricchezza di vita che ci conduce a un altro livello di esistenza.
Un'altra componente è il distacco, è accogliere l'incerto, la novità che irrompe.
Il traguardo per chi crede è sicuramente positivo, quindi la gioia può essere quella della condivisione, la gioia di percorrere insieme un cammino fino al traguardo.

Il vero Maestro è quello che sa scomparire lasciando che gli altri, con ciò che hanno imparato da lui, percorrano la loro strada. L'ascensione è un punto di partenza per fare il bene concreto, possibile in questa vita e a compiere le opere di Gesù e anche di più grandi, come lui ha detto!

 

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