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TESTO Verso la verità per intero

padre Gian Franco Scarpitta  

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (01/05/2016)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Nella nostra società si constata con amarezza come la gelosia e l'invidia tante volte imperversino nelle nostre relazioni o nelle categorie sociali. Persone che hanno finalmente raggiunto un obiettivo, si sono affermate in un determinato campo o hanno conseguito un'insperata posizione tendono insidie ad altre che vorrebbero raggiungere il medesimo traguardo, usando cattiveria e presunzione nei loro confronti. Non di rado, chi si è affermato dopo tante lotte, non vorrebbe che altri si affermassero e chi ha costruito una casa (anche nel senso concreto del termine) ha invidia del vicino che parimenti sta costruendo la propria e si da alle malelingue, ai pettegolezzi o si mette a "fare la spia". E' inutile negare che, laddove vi siano gravi carenze di sacerdoti o di religiosi in una Diocesi o in un Ordine, ciò non sempre è dovuto alla sola secolarizzazione o all'indifferentismo religioso latente. Vi sono spesso delle cause da ricercarsi all'interno della medesima struttura, nelle lacune che caratterizzano la condotta stessa dei membri che vi fanno parte, non ultima la paura della "novità" che apporterebbero le nuove leve o i nuovi arrivati. L'esistenza di nuovi membri comporterebbe che si rivedano abitudini consolidate nel tempo o che si debbano condividere delle risorse prima suddivise fra pochi. Inoltre, una persona nuova susciterebbe maggiore attenzione nella gente e avrebbe maggiore successo rispetto a chi è della vecchia guardia. Ciò soprattutto quando il nuovo arrivato è di provenienza differente. Così anche in tante situazioni professionali o di vita associata. Come pure si verifica spesso, all'interno di un gruppo, una presunta superiorità sugli altri da parte di chi proviene da una determinata classe sociale; chi da tanti anni occupa un determinato ruolo o una posizione vanta diritti sugli altri o si impone come fautore di leggi o di discipline.

Il comune denominatore di tutti questi fenomeni è sempre la gelosia associata all'invidia, che costituiscono l'arma vincente del maligno per la rovina di un corpo o di una società. Anche nel cristianesimo dei primi tempi dovevano verificarsi situazioni simili, visto che il cap 15 degli Atti degli Apostoli ci descrive un malcelato senso di discordia e di rivalità fra i cristiani neofiti dal paganesimo e quelli di provenienza giudaica. Questi ultimi, poiché per primi sono approdati a Cristo o comunque detengono un'eredità culturale che ha dei punti in comune, pretendono di imporre norme e regole disciplinari a chi proviene da dimensioni etiche e religiose del tutto differenti. Come si sa, il cristianesimo dei primissimi anni pur riconoscendo nel Signore Gesù Cristo il vero Messia e Re dei Giudei, osservava ancora le prescrizioni della Legge di Mosè e non disattendeva norme e usanze di particolare rilievo quali la circoncisione. Essa era già praticata dai cristiani di matrice ebraica che a loro volta intendevano imporla ai convertiti dal paganesimo. Erano tenuti questi a farsi circoncidere come gli altri? Dovevano anch'essi sottoporsi alle medesime usanze giudaiche e osservare la Legge mosaica? A risolvere la questione provvede quello che viene identificato come il primo Concilio della Chiesa a Gerusalemme, il quale, come è volontà di Paolo e Barnaba, allarga gli orizzonti e le vedute della Chiesa incentivando i cristiani all'inculturazione, allo scambio e all'adattamento a nuovi costumi e ai nuovi sistemi culturali. Spiega Paolo che ora quello che conta è essere nuove creature in Cristo (Gal 5, 6), appartenere a lui indefessamente senza riserve, al di là dei moniti e delle prescrizioni. Il cristianesimo non si risolve in una sola area cultuale ma l'unico vangelo si incarna in tutte le dimensioni e in tutte le culture, facendole proprie e incidendo su di esse. Non è possibile imporre una sola forma o un solo schema precostituito a tutte le mentalità e alle varie culture esistenti.

La Chiesa deve essere "cattolica" cioè universale, in grado di estendersi verso tutti i popoli e di accogliere la varietà dei doni, dei carismi, delle mentalità e delle culture come un fatto dello Spirito Santo.

Di conseguenza interviene il vero fautore della concordia e della riconciliazione: lo Spirito Santo. Questi decide nelle deliberazioni del collegio apostolico di Gerusalemme che i pagani non debbano essere messi in crisi con imposizioni di norme a loro estranee: saranno liberi di non aderirvi con la sola eccezione da guardarsi dalle idolatrie di origine pagana. Dovranno non assumere obbligatoriamente nuovi costumi, ma semplicemente abbandonare vizi e costumi non più confacenti. Lo Spirito Santo si esprime tutt'oggi quanto al rispetto delle etnie, dei popoli, delle tradizioni di vario genere e della legittimità che il Vangelo venga ad esse annunciato universalmente e non in una sola forma. Del resto lo Spirito di Pentecoste sarà quello della xenoglossia, cioè del parlare in modo che gente di ogni parte del mondo sia in grado di capire le grandi opere di Dio. E' lo stesso Spirito promesso dal Signore, senza il quale saremmo disorientati e non riusciremmo da soli a pervenire a determinate soluzioni che di fatto egli stesso prende assieme a noi; l'unico Spirito in grado di guidarci alla verità tutta intera perché ci ragguaglia della presenza certa ma invisibile del Risorto. Nello Spirito Santo per mezzo di Cristo accediamo al Padre e veniamo a conoscenza della sua volontà, soprattutto perché siamo rivestiti di quella carica d'amore necessaria ad ascoltare con fede e a mettere in pratica la parola stessa di Gesù. Questi infatti ci ammonisce che solo chi usa amore nei suoi confronti, amore sincero e veritiero, può ascoltare la sua Parola e assimilarla come Parola del Padre che tutti chiama a sé. Fare ogni cosa con amore vuol dire aver avuto convinzione piena di ciò che si sta operando, esserne rimasti entusiasti, gioirne e donarsi con libertà, quindi "se uno mi ama osserverà la mia parola il Padre mio lo amerà" con la conseguenza che lo stesso mistero della Trinità prenderà dimora in noi e ci consoliderà nell'amore medesimo.

Sempre lo Spirito Santo, capace di amore verso Gesù, in forza della stessa Parola è in grado di risanare inutili conflitti quali quello appena descritto e altri che avvelenano la convivenza comunitaria anche ai nostri giorni, apportando la pace e la concordia, ovvero infondendo il raziocinio, il buonsenso e la rettitudine e l'umiltà, quest'ultima indispensabile per identificare le condizioni affinché i conflitti vengano sanati. Talvolta queste risiedono nelle presunte autoaffermazioni o nella volontà di predominio alla quale non si sa rinunciare. Anche in tal senso lo Spirito ci guida verso la verità per intero, quella che riguarda noi stessi.

 

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