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TESTO Dita e naso. Tommaso ficcanaso

don Marco Pozza  

II Domenica di Pasqua (Anno C) (03/04/2016)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Poca-roba, davvero. A ficcarci dentro la punta del naso, l'aria era noiosa: sapeva di stantio, di stanchezza, d'ammuffito. Diciamo che nei nasi s'era attaccata aria di paura: dei Giudei, della storia andata, di quella presente, della storia a venire. Parevano talpe sotterrate dentro il cenacolo: talpe cieche come discepoli (discepoli ciechi talpe), talpe ingobbite, inaffidabili. Solo uno trovava il coraggio d'andare e venire, d'uscire e rientrare: Tommaso-la-talpa, l'unico che la «sera di quel giorno, il primo della settimana» era andato a farsi gli affari suoi. Magari anche solo a prendersi una boccata d'aria, a respirare aria fresca: lui solo manca. L'Altro, nel frattempo, arriva di sorpresa e s'infila dentro un grido in codice: «Pace a voi!». Appena risorto, torna ancora da loro: torna a coccolare quella ciurma impaurita con la coda-tra-le-gambe. Il grande Abbandonato torna a cercare coloro che l'hanno reso tale. Ancora da loro, dagli abbandonanti. Li rimette in sesto, li tira fuori dal concessionario, li rimette in strada. Proprio come accaduto a Lui: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Mica una ripicca da sfacciati: è la più stramba degli amori impossibili, folli, bambini. Non più da soli in strada, a spingere la macchina; con tanta benzina, invece, nel serbatoio: «Ricevete lo Spirito Santo». La creazione fu una questione di alito: «Soffiò nelle sue narici un alito di vita» (Gen 2,7). La ricreazione è ancora una questione di respiri, di sospiri, di soffi: «Soffiò e disse loro». Polvere del suolo più Spirito, paura mescolata con lo Spirito: basta sempre poca roba - poco più di niente - per generare capolavori: per chi ha mira, basta un soffio. Mica quisquilie, neanche stavolta: chissà se saremmo ancora in grado di riconoscerli, dunque, adesso che hanno lo Spirito addosso. Doppiamente risorti.

Tempi addietro, uno di loro, Levi/Matteo, un giorno scarabocchiò una frase nei suoi brogliacci: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,15). Forse voleva scrivere tutt'altra cosa: "Dalla paura li riconoscerete". Avrebbe fatto più bella figura anche lui, una di quelle talpe, se è vero che «otto giorni dopo», quando l'Abbandonato ritorna, scopre che gli abbandonanti sono ancora tutti indaffarati nell'opera della settimana prima: lo stanno abbandonando, armati della paura che nemmeno lo Spirito era riuscito a buttare giù dalla torre. Mostrano d'essere esattamente quello che sono, confermano d'essere ciò che stanno facendo: capaci solo d'abbandonare. Lui li ha messi in strada, loro - tempo pochi attimi - sono già tornati ad infilarsi dentro il cenacolo: le macchine son tornate nel concessionario, il traffico faceva troppa paura. Le macchine, però, come le navi, non son costruite per stare nel salone, ma per ficcarsi nella strada. Eccolo che torna, dunque. Stavolta becca anche Tommaso, degli Undici l'unica talpa che andava-e-veniva, che almeno aveva il coraggio di ficcare il naso fuori: troppo facile, oggi, dargli dell'incredulo, dirgli "Tommaso ficcanaso", rinfacciargli la non-fiducia degli amici. S'erano forse fidati - quegli stessi che adesso gli rinfacciano stizziti il fatto di non credere loro - della presenza del Maestro Risorto? Che, per non rinnegare se stesso, torna; l'Abbandonato ritorna a trovare quelli che sanno solo abbandonare. La sua predisposizione per le canaglie non sembra essere mutata nemmeno coi panni del Risorto. Torna per loro, torna per lui: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». La talpa-Tommaso è l'unica disposta ad arrendersi alla meraviglia, volle vedere a tutti i costi ma s'arrestò alle soglie del mistero, si sbucciò le ginocchia piombando in adorazione: «Mio Signore e mio Dio!» Il Risorto poteva giocare con le orecchie di Tommaso: tirargliele, fargliele venire rosse, allungargliele come quelle di un asino. Preferì rimanere quello di sempre, il Discreto, Colui che bussa: gli porse le mani, gli diede-una-mano, lo prese per mano. Gli chiese la mano: «Guarda le mie mani, tendi la tua mano».

Credergli quand'era vivo sembrava complicato. Dargli fiducia in Croce fu fede ardimentosa. Riconoscerlo Risorto fu azione in-due-tempi. Anche tre, forse di più: i calcoli sono ancora in corso, manca ancora la mia fede.

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