TESTO Prima mi servi, e poi mi segui
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
III Domenica di Pasqua (Anno C) (10/04/2016)
Vangelo: Gv 21,1-19

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
È dura, quando ti rendi conto di non essere più capace di fare il tuo mestiere. A volte, perché gli anni passano e le forze non sono più quelle di prima; a volte, perché le tecniche cambiano alla velocità della luce e tu non riesci a rimanere aggiornato; a volte, perché la globalizzazione cambia le logiche del mercato, e fai fatica a stare al passo con i tempi; a volte perché le normative cambiano in continuazione, in campo fiscale oppure sulla sicurezza, e ogni volta che cambia un governo ti ritrovi a iniziare da capo; a volte, magari, solo perché hai lasciato perdere per un po' troppo tempo la tua professione per dedicarti ad altro, e quando vuoi ricominciare ti accorgi che non sei più capace di farlo. Come quei sette galilei disperati che, una sera, decidono di rimettere in acqua la barca, nel mare di Tiberiade, dopo quasi tre anni di inattività. Per di più, solo tre di loro erano certamente pescatori, stando ai Vangeli: possiamo quindi immaginare quale frutto dia una pesca fatta dopo tre anni di inattività, con una barca forse fuori uso, e in compagnia di gente che non ha mai calato una rete in acqua. E infatti, quella notte non presero nulla, come ci dice il Vangelo. I sette discepoli si sentono come chi ha perso ogni speranza e, aggrappandosi all'unica certezza che era loro rimasta, quella del mestiere, perdono pure quella: la parola giusta è "falliti".
Ma in questa vicenda, c'è un fallimento ancora peggiore, ed è quello personale del "capogruppo", Simon Pietro. La sua storia è ben più drammatica di quella degli altri: a lui era stata affidata dal Maestro la cura del gruppo, e sul più bello, ovvero nel momento in cui avrebbe dovuto prendere in mano le redini del gruppo a causa dell'arresto e poi della morte del Maestro, non solo se la svigna come tutti gli altri, ma lo fa pure in una maniera abbastanza vile e meschina, ossia rinnegando per ben tre volte il Maestro dopo aver giurato, di fronte a lui, che lo avrebbe seguito ovunque, anche sulla croce. Da sempre Pietro ha accettato di guidare il gruppo nella logica del comando e della successione, ovvero convinto di succedere a Gesù nel comando del gruppo al momento opportuno. Anche adesso, dopo aver visto la tomba del Maestro vuota, e dopo averlo incontrato con tutti gli altri nel Cenacolo a porte chiuse, è lui a prendere l'iniziativa con l'atteggiamento del leader, della guida, dietro di cui si muove la truppa: "Io vado a pescare... Veniamo anche noi con te".
Ma non è questo lo stile, l'atteggiamento che vuole il Maestro. E infatti, "quella notte non presero nulla". A Pietro manca l'atteggiamento fondamentale: quello del servizio. Per essere autorità, nella Chiesa di Gesù, c'è poco da fare: occorre la logica del servizio. E questo, Pietro ha sempre faticato a comprenderlo, sin da quando se l'era presa col Maestro perché parlava di un Messia servo sofferente dell'umanità, che avrebbe salvato il mondo facendosi ultimo e morendo in croce: "Questo non ti accadrà mai, Signore!". E lì, il Maestro lo rimette al proprio posto dandogli del "satana". Ma è nell'ultima cena che Pietro esce allo scoperto denotando la sua scarsa propensione a comprendere la logica del servizio: non solo non accetta il fatto che il Maestro indossi il grembiule del servo e si metta a lavare i piedi ai discepoli, ma continua anche a pensare nella logica dell'uomo di fiducia, del portaborse, di colui che non abbandonerà mai il capo, di colui che è disposto a seguirlo fino in fondo nella sua opera liberatrice. Salvo poi darsi alla fuga - come abbiamo detto - quando comprende che stare insieme al capo comporta mettersi al servizio dell'umanità fino al dono estremo della vita.
E allora Pietro, prima che il Vangelo termini, dovrà "frequentare" un corso accelerato di conversione per accettare che avere autorità nella Chiesa altro non significa se non mettersi al servizio. La sua conversione non avviene solo nell'ormai conosciutissimo dialogo riparatore con il Maestro, che lo costringerà per tre volte a fare la sua professione d'amore, giusto a compensare il triplice tradimento. In tutto l'episodio della pesca a Tiberiade Pietro viene costantemente invitato a convertirsi dalla logica del comando alla logica del servizio. Abbiamo già detto del fallimento della sua figura di guida, che non sa più guidare né gli altri, né se stesso, ossia fare il proprio mestiere. Egli deve, allora, tornare a imparare cosa significhi obbedire, come gli toccò fare all'inizio della sua vicenda col Maestro, dove gettò le reti - nonostante una notte di pesca fallimentare - solo sulla scorta della sua parola. Deve imparare ad accettare che altri, e non sempre lui, riconoscano per primi il Signore negli eventi della quotidianità; deve imparare a cingersi del grembiule del servizio per gettarsi nell'acqua della grazia del battesimo, certamente più dirompente e purificante di quella della lavanda dei piedi; deve tornare a scaldarsi al calore della brace, come la sera del tradimento, a fianco dei servi, questa volta facendosi uno di loro; deve accettare una volta per tutte che il Maestro, che lo ha voluto come proprio braccio destro, ora lo vuole servo, identico a lui, capace di preparare da mangiare a tutti i suoi fratelli come fa il Maestro sulla riva.
Allora, non c'è più bisogno di chiedergli "Chi sei?", perché tutti lo hanno riconosciuto nella dimensione del servizio, e tutti hanno capito che bisogna fare altrettanto. Si spera l'abbia capito anche Pietro, che ora ha preso coscienza quantomeno dei propri limiti: della limitatezza delle sue promesse di fedeltà al Maestro; della limitatezza del suo amore per lui, che non va oltre un semplice "ti voglio bene"; della sua incapacità ad amare il Maestro "più di costoro", come lui vorrebbe; dell'impossibilità a disporre della propria vita, e soprattutto della sua morte, come vorrebbe lui.
Così, con una morte da servo, sulla croce come il Maestro, avrebbe un giorno glorificato Dio, e non se stesso: proprio come fa un servo fedele. Ora, e solo ora, al termine del Vangelo e dopo le pagine buie del tradimento, Pietro è pronto a raccogliere l'invito del Maestro: "Seguimi".