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TESTO Altro che miscredente!

don Alberto Brignoli  

II Domenica di Pasqua (Anno C) (03/04/2016)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Mi sono chiesto come la Chiesa nascente potesse essere così piena di entusiasmo, di freschezza, di voglia di evangelizzare, se in realtà la prima reazione di fronte all'annuncio della resurrezione fu di scetticismo, di paura, di chiusura, cose ben simboleggiate da quelle "porte chiuse per paura dei Giudei"... come è possibile una voglia così grande di sentirsi Chiesa, al punto che - ci dicono gli Atti degli Apostoli - "venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e donne"? Certo, la risposta è immediata e semplice: tra "il primo giorno della settimana" vissuto a porte chiuse, e quei giorni passati nel tempio sotto il portico di Salomone c'è stata la Pentecoste, con tutto ciò che è significata, con quel vento che si abbatte impetuoso sulla stanza dov'erano radunati e le lingue di fuoco che permettono loro di parlare in tutte le lingue. Ma non fu così immediato e semplice capire che era opera dello Spirito Santo: potente finché vuoi, ma sempre molto misterioso e incomprensibile rispetto al Maestro, a Gesù. Quello sì, i discepoli vorrebbero sempre vederlo, invece di rassegnarsi a saperlo salito al Padre una volta per sempre... Vederlo risorto, è la soddisfazione più grande, è una gioia incontenibile, è qualcosa che non è capitato a tutti quelli che l'hanno visto morto, ma solo "a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti", per citare ancora un passo di Atti.

Certo, il Risorto ha fatto visita ai suoi, e l'ha fatto in un modo tutto particolare. L'ha fatto "il primo giorno" della settimana, così come "il primo giorno" Dio creò il cielo e la terra, perché dopo che lui, con la sua morte, ha fatto nuove tutte le cose, ora con la resurrezione si ricomincia da capo. Si ricomincia a partire dall'accettazione che quel Cristo che ora vediamo risorto, forte, glorioso, capace di passare anche attraverso le porte chiuse del nostro cuore, è lo stesso Cristo che era morto in croce, abbandonato e reietto dagli uomini, ultimo tra i malfattori: per questo mostra loro le mani e i piedi forati dai chiodi, perché nessuno, a Pasqua, dimentichi il Calvario. Se non accetti che il Calvario c'è stato, e che ci sarà sempre, la Resurrezione rimarrà senza effetti nella tua vita.

E si ricomincia a partire dalla pace, il primo dono del Risorto. Una pace ricevuta, ma una pace che poi diventa impegno, trasmissione, dono agli altri: "Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Il Padre - lo sappiamo proprio dal Vangelo di Giovanni - ha mandato Gesù nel mondo con l'unico incarico di annunciare a tutti il comandamento dell'amore: questo stesso annuncio è quello che ora Gesù affida ai suoi discepoli, pace e amore, per ogni uomo e ogni donna, indistintamente. Gesù non fa preferenze di persone, non fa gerarchie, non annuncia pace e amore a qualcuno piuttosto che a qualcun altro, e nemmeno pone delle priorità. L'annuncio, il dono di pace e amore è dato a tutti. È significativo, infatti, come Giovanni collochi Gesù nel momento in cui appare ai discepoli: per ben due volte in pochi versetti (e quindi significa che è veramente così) ci dice che Gesù "stette in mezzo". Non è un particolare di poco conto, ancor più in un Vangelo come quello di Giovanni in cui i particolari sono di fondamentale importanza. Un Maestro nei confronti dei suoi discepoli si pone sempre "di fronte", o "in alto", in atteggiamento appunto di insegnamento frontale. Ma un Maestro che insegna frontalmente, come in una classe, ha di fronte a sé gli alunni disposti secondo delle gerarchie più o meno consolidate: i bravi davanti, e gli "asini" dietro; i migliori in prima fila e i peggiori nell'ultima... Niente di tutto questo: con Gesù, che sta in mezzo, tutti quanti si trovano alla stessa distanza da lui, ovvero allo stesso piano, sullo stesso livello, senza una priorità, senza una gerarchia, ma in comunione, proprio come è bene espresso dalla circolarità. Facendo così, non fa altro che ribadire, con il suo comportamento, ciò che nell'ultima cena narrata da Luca aveva lasciato come testamento ai suoi discepoli: "Io sono in mezzo a voi come colui che serve".

E a stare nel mezzo, e non di fronte, Gesù ci tiene anche nel momento estremo del Calvario, dove viene crocifisso con due malfattori, "uno a destra, uno a sinistra, ed egli nel mezzo". È totalmente "in mezzo" a noi, nel mezzo della nostra esistenza, invischiato fino in fondo nella nostra umanità, facendoci tutti uguali di fronte a Dio, senza preferenze né favoritismi: il Dio morto come servo risorge pure come servo, in mezzo all'umanità, trattando tutti quanti come suoi fratelli. Tutti quanti, anche quelli che, in apparenza, faticano a credere: li chiama addirittura "gemelli" (è il significato di "Didimo", il nomignolo di Tommaso), per dire che con gente come lui non c'è solamente fraternità, ma addirittura uguaglianza.

Sì, perché Tommaso, da noi visto sempre come l'emblema dell'incredulità, dell'ateismo, dell'uomo lontano da Dio, in realtà è un discepolo di profonda fede, e lo si vede nella storia della sua vicenda personale con Gesù. Quando Gesù è minacciato di morte dai Giudei e rischia la pelle per andare a resuscitare Lazzaro, Tommaso è l'unico pronto ad "andare a morire con lui"; quando dopo la Resurrezione i discepoli tornano a pescare sul lago di Tiberiade, è citato da Giovanni subito dopo Simon Pietro, secondo solo a lui; è a lui che Gesù rivela di essere "la Via, la Verità e la Vita"; è sua la professione di fede più bella di tutti i Vangeli, "mio Signore e mio Dio!", ovvero mio tutto, mio assoluto. Se questo è Tommaso, come ci viene da pensare di piazzarlo tra i peggiori increduli, atei e miscredenti, miracolosamente convertito da Gesù con l'ostensione dei segni della sua passione? No, Tommaso non è l'ateo miscredente: è "l'incredulo" sbalordito e meravigliato dalla potenza della resurrezione, di fronte alla quale s'interroga, di fronte alla quale vuole vederci chiaro, di fronte alla quale non gli basta il "sentito dire" degli amici, vuole portare a compimento lui la sua bella e personale storia d'amore con Dio.

Anche nella nostra vita di fede, ben vengano, allora, dubbi, interrogativi, domande, desiderio di capire, desiderio di approfondire, volontà di non dare nulla per scontato: tutto questo ci farà esclamare, con Tommaso, "mio signore e mio Dio!".

 

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