PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento

don Fulvio Bertellini

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/11/2002)

Vangelo: Mt 25,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

Il significato di questa parabola è prima di tutto Cristologico ed escatologico. Cristologico, perché ci rivela qualcosa su Gesù; escatologico, perché ci parla del senso ultimo della storia. Ma il campo di applicazione della parabola è centrato sul nostro presente, sul nostro oggi di uomini inseriti nel tempo e nella storia.

Lo sposo

L'immagine matrimoniale evoca tutta una serie di passi dell'Antico Testamento, in cui è Dio stesso colui che ama Israele, è ricambiato con l'infedeltà, ma non si comporta come un qualunque marito, che ripudierebbe senza esitazione una moglie adultera. Come una moglie adultera, Israele viene punito, ovvero allontanato dalla presenza amorosa del suo Dio, e cade in balia dei nemici. Ma tutto avviene in vista del pentimento e del perdono: Israele deve rendersi conto del suo peccato e ricambiare integralmente l'amore di Dio. Allora ci saranno nozze eterne tra Dio e il suo popolo. Presentandosi come "lo sposo", Gesù annuncia due fatti di portata enorme: annuncia la venuta del tempo messianico, il tempo delle nozze eterne, e nello stesso tempo manifesta la sua identità divina. Senza una certa identità tra Gesù e il Padre, non potrebbe pretendere in nessun modo di essere lo sposo.

L'attesa

La parabola tuttavia non si concentra sulle nozze, ma sulle vicende delle ancelle portalampade, che secondo il costume orientale accompagnavano il corteo nuziale. Le loro peripezie sono determinate dal ritardo dello sposo. Solo in virtù di questo ritardo appare la differenza tra le stolte e le sagge. E al termine della parabola, solo le sagge avranno diritto ad entrare insieme allo sposo. Manca la figura della sposa, che sarebbe un elemento essenziale in un matrimonio, ed è un'omissione significativa: in un certo senso, le vergini sagge ne prendono il posto, e non è forzato vedere in esse l'immagine della Chiesa, sposa di Cristo. Ma è il ritardo che complica le cose. Un ritardo imprevedibile, che porta inesorabilmente al sonno. Troviamo spesso nei Vangeli una simile dilazione del tempo: il seme che cade nella terra, muore, e impiega tempo a germogliare; il grano che cresce con la zizzania fino al tempo della mietitura; il padrone che tarda ad arrivare. Tutte parabole che intendono rispondere all'angoscia dell'attesa, che è angoscia di un'assenza, e che porta al dubbio e alla rassegnazione, per non dire alla disperazione. Noi viviamo nel pieno di questa angoscia: ci domandiamo il perché delle guerre, del terremoto, delle disgrazie che ci colpiscono, e non ritroviamo la presenza di Dio, e fatichiamo a vedere il suo Regno già operante nella nostra storia.

Il sonno inevitabile

Alle dieci vergini non è possibile evitare di dormire. Come anche per noi non è possibile evitare un certo rilassamento, il calare della tensione per il Regno di Dio: concretamente, non stiamo sempre lì a ricordarci della fine del mondo o della nostra morte. Qualcosa però fa la differenza: la scorta di olio, che le sagge hanno con sé, e le stolte hanno dimenticato. L'estenuante tempo dell'attesa fa emergere la verità della persona, la sua qualità autentica: questo sta dietro all'immagine della scorta di olio, che i Padri interpretavano come le "buone opere", da compiere in attesa della venuta del Cristo. Nell'interpretazione tradizionale emerge un dato fondamentale: la verità della persona emerge "sul campo", nell'azione, nella quotidianità. Le vergini sono tutte pronte per la parata, forse le stolte sono anche meglio vestite e truccate delle sagge. Ma il tempo dell'attesa distilla ciò che è veramente essenziale.

Dal futuro al presente

Dalla contemplazione delle nozze messianiche siamo dunque ributtati dalla parabola alla considerazione del presente. Nel presente si rivela la nostra persona, nell'oggi si manifesta il nostro amore, nella quotidianità si decide il nostro destino: non possiamo rimandare al domani, o delegare ad altri.



Flash sulla I lettura

"La Sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la cerca...": la figura della Sapienza nell'Antico Testamento appare come intermediaria tra il Dio inaccessibile e il mondo degli uomini. Nell'Antico Testamento troviamo una pluralità di immagini e presentazioni dell'unico Dio: il Dio guerriero, che salva il popolo dai nemici, il Dio padrone e signore, che si riserva Israele come sua proprietà, il Dio che ha la tenerezza di un padre o di una madre... accanto ad esse la sapienza, immagine spiccatamente femminile, che esprime da un lato la vicinanza affettuosa e illuminante di Dio, e dall'altra la sua desiderabilità e amabilità. Soprattutto la Sapienza è legata alla creazione: ognuna delle cose create porta un riflesso della Sapienza divina, l'impronta di un progetto assolutamente buono e affidabile. Il sapiente è colui che scopre questo progetto, e sa plasmare la sua vita in riferimento ad esso. Il brano di questa domenica insiste sulla semplicità necessaria per accogliere e decifrare la sapienza. La vera sapienza non è legata ad un processo iniziatico tortuoso e complesso; è a portata di mano di chi la cerca con umiltà. La visione dell'antico autore del libro della Sapienza ci appare oggi forse utopica e semplicistica. La vita ci appare molto più complicata. Per vivere bene sembra indispensabile un insieme complesso di conoscenze scientifiche (sempre più specialistiche), conoscenze tecniche, appoggi, agganci, esperienza, risorse economiche... oppure il possesso di doti naturali (bellezza, talento...) riservate ai pochi, e da affinarsi in una dura lotta contro se stessi e contro gli altri. Ma se consideriamo bene, ci accorgiamo che rischiamo di perdere di vista proprio quello che è essenziale per una vita bella. Abbiamo bisogno di ritrovare la via della sapienza.

Flash sulla II lettura

La conclusione della lettera ai Tessalonicesi porta un conforto riguardo alla morte. La nostra situazione è per certi aspetti opposta, per certi aspetti identica a quella dei destinatari della lettera. Sembra infatti che il problema a cui Paolo intende rispondere è quella della morte di alcuni membri di una comunità che attendeva imminente il ritorno di Cristo. "Noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore non avremo alcuni vataggio su quelli che sono morti...": Paolo era probabilmente convinto che l'avvento definitivo del Regno di Dio si sarebbe verificato entro breve, tanto da poterlo vedere con i propri occhi; lo stesso per i Tessalonicesi. Sorgeva pertanto il dubbio riguardo a chi era prima di questo evento: sarebbe stato escluso dal Regno di Dio?

Paolo dissipa i dubbi con il lieto messaggio della Risurrezione: nel giorno della definitiva manifestazione di Cristo anche chi è morto risorgerà e potrà godere per sempre della sua presenza: "saremo sempre con il Signore".

Come dicevamo, la nostra problematica di uomini del terzo millennio ci appare diametralmente opposta. Ormai l'idea di un ritorno definitivo di Cristo si è molto annacquata nelle coscienze dei cristiani. Ci comportiamo e pensiamo come se il mondo così com'è non dovesse avere nessuna fine. Di fronte alla morte ci resta solo la disperazione, perché solo il presente ci appare godibile e reale. Ma le parole di conforto di Paolo valgono anche per noi: ci sarà per ognuno di noi una risurrezione, e ci sarà un esito positivo per questo mondo, una radicale trasformazione. Paolo esprime il rinnovamento cosmico con l'immagine di una traslazione celeste: "sarermo rapiti... tra le nubi per andare incontro al Signore nell'aria...". Questo mistero che dovrà compiersi non esime il cristiano dal vivere nel mondo: anzi, riempie la sua presenza nel mondo di speranza, di generosità, di disponibilità.

 

Ricerca avanzata  (54028 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: