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TESTO Commento su Giovanni 20,1-9

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Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (27/03/2016)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Alleluia, Cristo è risorto! È veramente risorto! La Vita ha vinto la morte, l'Amore il peccato, la Verità la menzogna!
Gesù ha fatto Pasqua, cioè è passato da questo mondo al Padre, per spalancarci le porte del cielo e donarci, se lo accogliamo, il Suo Amore, il Suo Spirito e con esso il perdono dei peccati e la vita eterna! La morte così non è più un capolinea, ma una stazione intermedia che culmina presso il Padre: il vero volto della morte è l'incontro con l'amore, con Dio!
La Pasqua degli ebrei, cioè il passaggio dalla schiavitù dell'Egitto alla libertà della terra promessa, era solo una pallida figura della vera Pasqua: accogliendo Cristo possiamo passare dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio, dal vivere centrati su noi stessi al vivere per gli altri: "E' uno scrollarsi di dosso le mille catene che ci tengono schiavi... infatti siamo schiavi delle cose, dei comodi ai quali non sappiamo rinunciare; schiavi dei pregiudizi e delle mode; schiavi soprattutto dei peccati, perché chiunque commette il peccato è schiavo del peccato (Gv. 8, 34). Dio, a Pasqua, ci chiama a uscire, a ribellarci a tutto ciò, a destarci dal sonno terribile in cui siamo immersi, ad alzarci e a metterci in cammino... Aprirci a Dio... non è un invito astratto: Egli entra nella nostra vita Bisogna spalancargli le finestre... esporre la nostra vita al suo giudizio e al suo perdono" (R. Cantalamessa). Perciò facciamo Pasqua: lasciamoci perdonare da Dio nella confessione e risorgiamo a vita nuova!
La risurrezione non è una formula matematica cui aderire intellettualmente, ma è un evento con cui misurarsi e di cui farne esperienza in noi, prendendo posizione: credere o no, accogliere o rifiutare. Per viverla non basta sapere che Gesù è risorto, ma bisogna credere che Gesù è Dio, il Signore morto e risorto per noi, aprendogli il cuore, tagliando con il peccato e decidendoci a seguirlo, mettendo in pratica la Sua Parola: allora sì anche noi, uniti a Lui, andiamo oltre la morte!
Nel Vangelo tre personaggi si devono confrontare con questo avvenimento; il loro è un vero e proprio itinerario di fede legato al vedere e al credere: Maria di Magdala è scossa per la dolorosa perdita del Maestro che l'aveva amata, perdonata, fatta riscoprire in tutta la sua preziosità e bellezza. Lei, fedele sin sotto la croce, è la prima che si mette in cammino per cercarlo: chi ama infatti desidera vedere e stare con l'amato. Lo cerca nella tomba che è stranamente aperta; turbata, non pensa alle parole di Gesù sulla risurrezione e si fa prendere dalla paura, legge tutto umanamente e scappa, pensando che qualcuno l'abbia trafugato.
Eh sì, altro è parlare di risurrezione, altro è crederci; altro è parlare di sofferenza come occasione per amare Dio, altro è non farsi travolgere dal dolore, dai perché, dalla paura della morte... Quante volte leggiamo con occhi superficiali e negativi la realtà: tutto grigio, tutto va male, tutte capitano a noi... e spesso siamo a caccia dei (presunti) colpevoli. Assumiamo il ruolo di vittime, nel quale tutto sommato ci crogioliamo e ci diamo per vinti, rinchiudendoci nei sepolcri della nostra tristezza.
Maria dovrà lasciarsi stupire da una novità che non si aspetta: quella della vita che vince la morte passandoci attraverso, non scansandola. Dovrà imparare a leggere in modo diverso i fatti: quello che sembrava solo un fallimento, una sofferenza inaudita e magari inutile, è stata in realtà utile e preziosa!
I discepoli all'udirla, corrono immediatamente verso il sepolcro; in loro un mix di nostalgia e trepidazione, speranze e paure. Giovanni, il discepolo dell'amore, corre più veloce: l'amore mette le ali, fa capire prima gli altri e la verità delle cose. Ma Giovanni ha anche tanto rispetto per il primato di Pietro, e non entra, lo aspetta; in Pietro è ancora viva la ferita del rinnegamento: lui che era tanto sicuro di sé, non ha retto allo scandalo della croce: corre più lentamente, quasi appesantito dalla sua storia, ma ha nostalgia del Suo Signore e corre, cerca quello sguardo che ha scommesso su di lui.
Nel sepolcro, Pietro per primo osservò una scena tranquilla, un ordine perfetto: le bende stavano al loro posto come svuotate internamente del corpo di Gesù e il sudario «avvolto in un luogo a parte». Non era stato necessario sciogliere le bende come per Lazzaro: Gesù è libero da queste bende, è passato oltre; il sudario è tolto e piegato, perché Gesù è vivo, non c'è più il velo della morte.
Pietro non dice nulla, non si sbilancia, "sospende il giudizio", invece Giovanni vide e credette: Giovanni sa vedere più in profondità le cose perché le legge alla luce della Parola e dell'amore di Dio: "È la fede nella Parola del Signore e nel suo amore che consente di iniziare e continuare a credere la resurrezione in mezzo agli innumerevoli segni di morte che traversano la nostra vita e il nostro mondo" (p. E. della Corte).
Anche nella nostra vita c'è questo salto da fare: altro è vedere segni, altro è credere, certi che Dio anche dal male ne sa trarre un bene più grande! Miei cari, possiamo sperimentare la risurrezione in ogni nostra delusione e sofferenza: spalanchiamo il cuore alla gioia, facciamo Pasqua, passiamo tra le braccia del Signore, che nell'Eucaristia ci trasmette tutto se stesso, perché in Lui: "siamo nati e non moriremo mai più" (C. Petrillo).

 

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