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TESTO Commento Matteo 4,12-23

mons. Ilvo Corniglia

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III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/01/2005)

Vangelo: Mt 4,12-23 (forma breve: 4,12-17) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 4,12-23

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Forma breve (Mt 4,12-17)

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Gesù inizia il suo ministero non in Giudea e nella capitale Gerusalemme, che sono il centro della vita religiosa di Israele, ma in Galilea, una regione periferica in cui abitano anche molti pagani e che è circondata da territori pagani ("Galilea delle genti"). L'intento dell'evangelista è mostrare che Gesù è il Messia anche dei pagani. Nella presenza e attività di Gesù in Galilea Matteo vede compiersi la stupenda visione profetica di Isaia (8,23-9,3: I lettura). E' come l'esplodere della luce nelle tenebre e della vita in un luogo di morte. Dove arriva Gesù arriva la luce e la vita per tutti, anche per i pagani. E' Lui, Gesù, "la luce" (cfr. Gv 1,4-5; 8,12) e "la vita" (Gv 11,25; 14,6). Lo è con la sua persona, la sua parola, la sua opera. Matteo descrive, appunto, una duplice attività di Gesù: di annuncio e di liberazione dalle malattie.

L'annuncio: "Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino". Sono le prime parole che Gesù rivolge alla gente che incontra ed esprimono in sintesi il suo intero messaggio. Esso contiene un appello e un annuncio. L'appello viene prima, ma dipende completamente dall'annuncio ("perché"). E' questo che fonda l'appello, cioè lo rende possibile e lo esige.

L'annuncio è la buona notizia che riempie di gioia chi la riceve: il Regno dei Cieli (=di Dio) è vicino. Il Regno di Dio non è qualcosa di diverso o di separato da Dio, ma indica Dio stesso che, Signore e Re del suo popolo, interviene e si manifesta come Signore e Re impegnandosi in favore degli uomini. Se potessimo capire chi è Dio (oceano infinito di bontà, di bellezza, di felicità), capiremmo qualcosa del "Regno di Dio": Dio, che è Padre e Amore, si fa incredibilmente vicino per eliminare ogni situazione di ingiustizia e di dolore. Dio è qui e dona tutto ciò che ha e tutto ciò che è. Il Regno non è ancora completamente presente nella sua pienezza. Infatti Gesù ci insegna a pregare: "Venga il tuo Regno!" (Mt 6,10). Ma è già una realtà, che attende di diventare perfetta.

Al lieto annuncio Gesù premette l'appello "convertitevi" = volgersi a Dio, volgere a Lui la faccia e il cuore, ascoltarlo attentamente con fiducia. Non voltargli le spalle, cercando la salvezza e la felicità lontano da Lui. Il muoversi di Dio verso gli uomini esige come risposta il muoversi degli uomini verso di Lui.

L'imperativo< b>"Convertitevi!" viene subito ripreso e precisato da un altro imperativo: "Seguitemi!". La conversione consiste nel legarsi a Gesù, nel diventare suoi discepoli. L'evangelista mostra che cosa accade quando e dove il Regno di Dio, presente in Gesù, arriva e viene accolto: si segue una persona. Abbiamo qui un racconto di vocazione. L'autore narra un fatto, ma ne sottolinea il significato a tal punto che il racconto è estremamente concentrato, quasi stilizzato. Come altri racconti simili, presenta uno schema fisso, dove ogni elemento è importante e quindi non va trascurato: 1 - Gesù passa; 2 - vede qualcuno, di cui si menziona il mestiere e l'attività; 3 - chiama alla sua sequela. Non domanda altro. E' l'elemento centrale dello schema; 4 - il chiamato lascia tutto; 5 - aderisce a Gesù, cioè lo segue. Questo schema, che si coglie in entrambe le chiamate delle due coppie di fratelli, rivela alcune componenti essenziali della vocazione.

Da una parte c'è l'iniziativa di Gesù: Gesù passa. Gesù vede cioè sceglie. Non è uno sguardo distratto e gettato a caso, ma uno sguardo di intensissimo amore. Attraverso lo sguardo di Gesù è tutta la Trinità che mette gli occhi addosso a una persona.

Gesù chiama. La chiamata da parte di Gesù è grazia, è dono. La decisione dell'uomo è solo risposta. Nessuna autocandidatura al discepolato. Mentre i maestri dell'epoca non andavano in cerca di discepoli, ma erano questi che sceglievano il maestro, è Gesù invece che sceglie i suoi discepoli. La sequela non è una conquista, ma un essere conquistati. Inoltre Gesù li chiama a restare con Lui non per qualche tempo (come avveniva per i discepoli dei rabbini), ma in maniera definitiva: di fronte a lui essi non saranno mai altro che discepoli, senza speranza di diventare maestri a loro volta.

Dall'altra parte l'iniziativa di Gesù provoca la risposta dei chiamati. Risposta che è caratterizzata da prontezza e gioia senza rimpianto ("subito"). Risposta che è rottura con la situazione anteriore (professione, famiglia). Si noti il crescendo nel distacco operato dai discepoli: i primi due lasciano la barca, gli altri due anche il padre. Risposta che è, infine, dono totale a chi chiama per condurre una nuova esistenza caratterizzata dalla comunione con Lui e da una missione: "Vi farò pescatori di uomini". Non cattureranno più pesci uccidendoli, ma uomini salvandoli dalla morte. Tale risposta esprime la fede per cui il discepolo, senza chiedere spiegazioni, si affida interamente a chi lo chiama. Esprime anche il distacco più radicale, dove però si abbandona qualcosa perché si è trovato Qualcuno, dove la perdita è compensata dal guadagno (e quale guadagno!), dove quello che si è trovato fa impallidire ciò che si lascia. Tale risposta è soprattutto sequela. Ciò che qualifica il discepolo di Gesù non è tanto il termine "imparare" (come vorrebbe la sua etimologia), ma il verbo "seguire", cioè condividere il progetto di vita del Maestro.

Gesù chiamando i discepoli li lega ciascuno alla sua persona e nello stesso tempo li inserisce in una comunità dove Lui è il perno e il centro. Non li stacca dagli altri uomini, ma vuole che la comunione con Lui e tra loro si espanda nella missione. E' la realtà della Chiesa.

Una volta colto lo schema del racconto, siamo in grado di scoprire la vera intenzione dell'evangelista, che non è semplicemente quella di narrarci un episodio di cronaca, ma mostrare che la chiamata-risposta dei primi discepoli (fatto incontestabile) è, però, emblematica per tutti i cristiani. In questo racconto di vocazione noi possiamo rileggere e verificare la storia della nostra vocazione sia battesimale sia specifica di ciascuno. Una storia non di ieri soltanto, ma di oggi. Anche oggi Gesù continua a passare accanto a me, mi vede col suo sguardo carico d'amore, mi chiama a fare quel passo concreto di fedeltà a Lui e io in ogni gesto decido se seguirlo o meno. Che grazia se, ogni volta che ascolto il "seguimi!", rispondo subito: "Sì, Gesù, io vengo e ti seguo!".

In questo brano predominano i verbi di movimento. Gesù si sposta continuamente e mette in moto altri ("Seguitemi"). Si tratta di mettersi in cammino con Lui e di non fermarsi. Così è la luce che si diffonde, è la buona notizia e il Regno che avanzano afferrando sempre nuove persone. Gesù dà inizio a un movimento di aggregazione attorno alla sua persona. Chi si muove con Lui è una comunità itinerante, la famiglia del Messia che "insegna" e "guarisce": "Gesù andava attorno per tutta la Galilea insegnando e predicando la Buona Novella...e curando...". È un avvenimento in corso nella Chiesa, anche oggi.

La Chiesa che Gesù desidera sempre più legata a sé nell'unità di una sola famiglia. È l'esortazione accorata di Paolo (1Cor 1,10-17: II lettura). La comunità di Corinto è scossa da "divisioni... discordie... ". Ci sono correnti religiose che si rifanno ognuna a un capo carismatico e si contrappongono tra loro. Per l'Apostolo tutto questo mette in crisi il punto centrale della fede, cioè il posto di Cristo. Tutti i battezzati appartengono a Cristo e non ai rispettivi leaders: "Cristo è stato forse diviso?". Cristo, che è la sorgente dell'esistenza cristiana, è uno solo. Non può quindi dare origine a diversi tipi di cristianesimo. Con Lui i cristiani formano una unità vivente. Appellarsi a Paolo, Apollo e Cefa', è come frantumare e dissolvere questa unità di tutti in Cristo. "Forse Paolo è stato crocifisso per voi?". Nessuno dei tre predicatori ha fatto ciò che ha fatto Cristo, il solo che è morto in croce per la redenzione di tutti, compresi i Corinzi. Questa comune appartenenza all'unico Cristo si è attuata nel Battesimo, che non è un rito di iniziazione alla persona che battezza, ma a Cristo stesso: "È nel nome di Paolo che siete stati battezzati?". In fondo, le divisioni nascevano e venivano alimentate (non soltanto allora) dalla confusione fra cristianesimo come adesione personale a Cristo e cristianesimo come un qualsiasi movimento filosofico-religioso del tempo. Il cristianesimo, in realtà, è una Persona e non un'idea. L'impegno ecumenico dei cristiani ha in questo testo di Paolo un solido fondamento e una provocazione costante.

- Prova a rivivere nella successione delle varie scene il Vangelo di oggi sentendoti non spettatore neutrale, ma protagonista, come se fossi tu uno dei primi chiamati e proprio a te fossero rivolte tutte le attenzioni di Gesù e il suo invito. Non è un gioco di fantasia, perché ciò che accadde allora continua ad accadere oggi. Dicendo "Seguimi!" Gesù che cosa ti sta chiedendo concretamente di fare in questo momento? Non deluderlo. Deluderesti te stesso.

 

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