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don Walter Magni  

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II domenica di Quaresima (anno C) (21/02/2016)

Vangelo: Gv 4, 5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Oggi è la domenica della Samaritana (II di Quaresima, 21 febbraio 2016). Se osserviamo con attenzione non è difficile accorgersi che Gesù non sopporta facilmente le convenzioni, certi schemi di pensiero preconfezionati, la formalità di alcuni comportamenti. Qualcuno ha scritto che Gesù è un rabbì che amava i banchetti (E. Bianchi) e, soprattutto, che amava sconfinare (A. Casati). Non per esibizionismo, ma perché voleva parlare al cuore. Raggiungere, come in questo caso, il cuore ferito di una donna samaritana. Infatti, "il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito" (sl 33,19).

Sconfinare per andare al cuore
Intanto Gesù non è mai preoccupato di Sé. Di tagliare corto, di farla breve. Se, leggendo i Vangeli, dovessimo analizzare i Suoi percorsi stradali vedremmo che sono quasi sempre pieni di imprevisti e di deviazione. Quasi un continuo zizzagare per le strade della Palestina. Anche nell'episodio della Samaritana. Per sé Gesù sta andando dalla Galilea in Giudea. Da nord a sud della Palestina. Avrebbe potuto percorrere la strada sicura e diritta che corre lungo il Giordano. Invece ad un certo punto devia decisamente verso il centro della Samaria. Sa bene che i samaritani sono in guerra di religione con i giudei. I giudei, Suoi correligionari dicevano che Dio va adorato nel Tempio di Gerusalemme, mentre i samaritani sostenevano che andava pregato sul monte Garizim, che sovrasta la città di Sicar. Perché Gesù se la va a cercare, cacciandoSi in un ginepraio così complicato e contorto? Perché queste faccende non Gli interessano particolarmente. Per natura le sue mire sono altre. Il Suo Dio non si nasconde nelle chiese, ma è stampato nel cuore della gente. Nel cuore di una donna che Lo sta aspettando senza averLo mai visto! Per raggiungerla Gesù esce da ogni schema di percorso ed è disposto a compromettere la Sua reputazione. Persino l'osservanza puntuale della Legge, con tutte le sue convenzioni.
Dovremmo anche noi sconfinare come Gesù. Non per andare di principio contro la Legge, ma per imparare a mirare al cuore della gente come ha fatto Lui. Andando oltre certi confini potremmo rischiare di trovarci nei bassifondi, nelle periferie di un'umanità che pure aspetta d'essere incontrata.

Sempre in relazione
Perché Gesù ama sconfinare nelle praterie del cuore? Perché il nostro Dio ha il gusto della relazione diretta. Come ci direbbe il Cantico dei Cantici, il nostro Dio è un amante così appassionato che non si da pace fin quando non riposa sul cuore dell'amata. A Gesù non bastava insegnare il primato dell'amore. Ricordate la discussione col dottore della Legge su qual è il più grande comandamento (Mt 22,34-40)? Gesù ha anzitutto esercitato il primato dell'amore per l'altro. Senza confini di Legge, senza irrigidimenti formali. Semplicemente sconfinando. Lasciando che lo Spirito, che soffia sempre dove vuole, Lo conducesse sulla strada di Sicar, presso il pozzo che aveva scavato Giacobbe. Avviando persino una vera e propria strategia di seduzione per raggiungere il cuore di questa donna. Come giocando d'anticipo le chiede da bere. Una domanda semplice, apparentemente banale. Alla quale si potrebbe rispondere senza neppure parlare per non infrangere la Legge. Lei accetta la provocazione e decide di rischiare a sua volta. Il gioco è fatto. Così scatta un intreccio dal quale non ci si sbroglia più. Questa donna si mette in gioco perché Gesù per primo s'è compromesso. Rischia perché Lui per primo ha rischiato. Quella che inizialmente era la sete di Gesù, di colpo diventa la tua, mentre ti accorgi che proprio Lui, solo Lui, è in grado di rispondere alla tua sete d'infinito.
A volte penso, quando vedo una Chiesa provata e stanca, le nostre comunità senza entusiasmo, che mettersi in relazione così è l'unico spazio reale che ci rimane da gestire. Dopo aver molto lavorato per soddisfare i bisogni primari della gente, nelle nostre chiese è urgente mettersi in ascolto dei desideri più profondi del cuore. Anche questo è amore di Dio.

Sedere al pozzo, scendere nei crepacci
Come afferma un grande filosofo: in ogni uomo e in ogni donna c'è sempre "un crepaccio assetato di Infinito" (S. Kierkegaard). E in questo crepaccio Gesù ha deciso caparbiamente di scendere e di restare. Sino a perderSi. Imparando persino a danzare con l'arte della parola e dello sguardo, pur di riuscire a ridare ad una donna, già troppo umiliata nell'intimità dei suoi affetti, un gusto rinnovato per la vita. Un sussulto di speranza.
Che altro resta da fare alla chiesa, pur con tutti i suoi limiti e i suoi peccati, se non riattivare la vita, uno spiraglio di vangelo, nelle vene di questa nostra umanità? Mi piace pensare, come ha fatto Gesù, che a questo pozzo imparino a sostare anche le nostre comunità e se fosse necessario s'inoltrino anche in qualche crepaccio, in qualche dirupo, rischiando. Pur di raggiungere i segni più profondi della sete della gente. Di tante uomini e di tante donne. "Una chiesa che sa chiedere un po' d'acqua confessando il suo bisogno, una chiesa che parla delle cose della vita, una chiesa che non invade le coscienze, che fa emergere pazientemente le attese del cuore, scavando nel bene che rimane comunque in ogni cuore. Con che volto accostiamo l'altro, con che occhi lo guardiamo? Ci abita, dentro, lo sguardo del rabbì del pozzo per la donna samaritana? E sappiamo sognare, come faceva lui, il maestro?" (Angelo Casati). Convinti che si comincia là dove l'altro si trova. Non chiedendogli di raggiungere i livelli dei nostri principi e delle nostre leggi, ma raggiungendolo nelle sue ferite. Tra i rovi nei quali s'è andato a cacciare. Ricordate la pecorella smarrita? (Lc 15,4-7). La danza dell'amore che Gesù ci ha insegnato è costituita dalla relazione diretta e personale con l'altro. Che non chiedere all'invito segni particolari di riconoscimento o di appartenenza. Esercitando una misericordia che guarisce, una senso della verità che non giudica e non s'impone. Anzitutto in questo sta il culto spirituale che l'incontro di Gesù con la Samaritana ci ha voluto insegnare.

 

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