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TESTO Commento su 1Cor 12,31 - 13,13

Monastero Domenicano Matris Domini  

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2016)

Brano biblico: 1Cor 12,31 – 13,13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Collocazione del brano
Continuiamo la nostra lettura di 1Corinti. Si tratta di alcuni dei brani più importanti e famosi dell'opera di Paolo e hanno ancora molto da dire alle nostre comunità di oggi. Dopo aver ricordato che tutti i doni dello Spirito Santo sono tali solo se contribuiscono al bene comune (2a domenica del Tempo Ordinario) e dopo aver paragonato la comunità a un corpo, in cui le varie parti hanno un compito specifico e si aiutano le une le altre (3a domenica), oggi Paolo ci ricorda che alla radice di ogni attività, di ogni dono deve esserci l'amore, altrimenti non serve a niente.
Questo brano di Paolo è conosciuto "inno alla carità", ma poiché non presenta alcun metro poetico appartiene più propriamente al genere letterario dell'elogio, molto diffuso ai tempi di Paolo.
Di che carità (amore) sta parlando Paolo? E' la conseguenza diretta della salvezza divina attuata da Cristo. Tale salvezza ha fatto irruzione nella storia umana e si manifesta nei credenti in forme molteplici. L'amore è la sua espressione perfetta e definitiva. Lo si può definire il dono divino per eccellenza dei tempi ultimi, che muta radicalmente la condizione del credente, determinandone l'agire nell'oggi secondo la logica del nuovo mondo che verrà. Come tale costituisce la piena maturità del cristiano nella sua adesione a Cristo.

Lectio
Fratelli, 31desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Paolo termina il capitolo 12 con l'esortazione a desiderare i doni più necessari alla vita della comunità. Questo desiderio che si mantiene elevato permette di accedere a una conoscenza ancora più elevata del mistero di Dio. In cosa consiste? Lo vediamo nel capitolo 13. Qualsiasi dono, qualsiasi attività compiuta a favore della comunità, se non è animata dall'amore, non ha alcun senso. Forte è qui la critica di Paolo di fronte a tutti i carismi.

13. 1Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
I primi tre versetti ripetono in forme diverse lo stesso concetto: la presenza dell'amore e la sua assenza determinano semplicemente l'essere e il non-essere del cristiano, non solo una modalità del suo esistere. Paolo riprende qui i doni tanto ambiti dai Corinti e li svuota di significato, se privi della carità. Il primo è il dono delle lingue (glossolalìa). Con abilità Paolo introduce il discorso con una formula di stile biblico "le lingue degli uomini e degli angeli", che dà un'idea di totalità. Però anche il glossolalo più sublime, se non è mosso dall'amore, non è che un gong o un tamburo che emettono suoni assordanti. Non a caso Paolo sceglie questi strumenti, che venivano usati nel culto pagano estatico. La riduzione a strumento realizza efficacemente la svalutazione più completa.

2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
Seguono: la profezia, intesa qui come la capacità di prevedere le cose future; la capacità di penetrare i misteri di Dio e del mondo; il possesso di ogni conoscenza ispirata, la fede taumaturgica capace di compiere l'impossibile (spostare le montagne). Tutti doni in cui si esprime l'eccellenza del credente nelle sue esperienze carismatiche. Eppure senza carità tutto si riduce a nulla.

3E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
Paolo passa infine al credente eroico che compie gesti spettacolari e straordinari, dona tutti i suoi beni ai poveri e si presta al martirio. Eppure anche costui gira assolutamente a vuoto, ciò che fa se non è nella carità risulta completamente inutile. L'amore è il costitutivo necessario e insostituibile del vero essere di ciascun credente. Certo Paolo non disprezza in sé queste azioni, ma le pone in riferimento al piano di salvezza di Dio. Solo nella carità si può partecipare a questo piano. Se si compiono azioni con altri intenti, non si raggiunge per niente l'obiettivo.

4La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio,
La seconda parte (4-7) descrive l'azione polivalente della carità attraverso una serie di aggettivi e di verbi. Praticamente specifica come agisce e si relazione chi è mosso dalla carità. Queste indicazioni hanno come costante punto di riferimento il prossimo. Delle 15 affermazioni sulla carità, otto forma negativa, gli ultimi quattro esprimono positivamente una totalità di azione.
Per prima si sottolinea l'agire generoso e benevolo. Chi è animato dall'amore si mostra grande di cuore di fronte a un torto ricevuto o a una ingiustizia subita, e comunque persegue il bene dell'altro. Viene qui giudicata la tendenza alla suddivisione in gruppi dei Corinti. Ancora critica nei confronti dei Corinti è l'esclusione della millanteria e dell'orgoglio.

5non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
Questa sesta caratteristica della carità sarebbe: non fa nulla di sconveniente. Forse si riferisce agli scandali che avvenivano nella Chiesa di Corinto e di cui Paolo ha parlato in questa stessa lettera (cf. 1Cor 5 e 6). La carità è altruista. Di questo atteggiamento Paolo ha parlato nel cap. 10. Le ultime due azioni sono molto simili e riguardano il modo di relazionarsi con gli altri, soprattutto nel caso in cui si debba subire un torto.

6non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità.
Questo versetto ci mostra il modo con cui l'amore spinge a reagire di fronte alla malvagità e alla fedeltà operativa del prossimo. Nessun compromesso con il male, neppure di carattere affettivo; al contrario, interna partecipazione al bene.

7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
Queste quattro espressioni conclusive sembrano riprende sotto il segno della totalità, i comportamenti sopra elencati. Chi ama mostra un atteggiamento di illimitata comprensione e fiducia nel fratello e non si arrende mai di fronte a nessuna difficoltà.

8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.
La terza parte del brano (8-13) evidenzia il carattere di assoluta perfezione dell'amore e la sua conseguente permanenza nel mondo futuro della risurrezione, a differenza della parzialità e limitatezza delle esperienze carismatiche, destinate a venir meno con la fine di questo mondo. I carismi verranno meno perché sono una realtà parziale, limitata e imperfetta, mentre amare è semplicemente la perfezione cristiana.

9Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
Paolo gioca su una serie di antitesi. La prima è tra imperfetto e perfetto. I doni della conoscenza e della profezia, per quanto importanti sono imperfetti. Quando giungeremo alla pienezza, non ci sarà più bisogno di conoscenza e di profezia.

11Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
La seconda antitesi è quella uomo/bambino. Da bambini si vive tutto in modo proporzionato alla propria età. Ma raggiunta l'età adulta tutto ciò che è infantile viene abbandonato.

12Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Un'altra antitesi è tra "ora" e "allora", il momento del compimento. Qui conosciamo in modo indiretto, come in uno specchio (e sappiamo bene quanto opachi fossero gli specchi in epoca antica). Allora vedremo direttamente. Le parole finali di questo versetto sono illuminanti. Verrà meno lo scarto dal modo imperfetto in cui io conosco e quello in cui invece sono conosciuto da Dio. Vediamo dunque che Paolo ha fortemente ridimensionato tutte le esperienze carismatiche su cui tanto contavano i Corinti.

13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
In chiusura Paolo allarga il quadro inserendo l'amore nella tradizionale triade fede speranza e carità (presente già in 1Ts 1,3). Sono motivo di discussione la parola "ora" e il verbo "rimangono". Tra diverse interpretazioni sembra che Paolo termini il suo elogio ribadendo la preminenza della carità su ogni dono carismatico. Alla carità riunisce le altre due virtù teologali, che nella vita eterna verranno meno, ma sono importanti al pari della carità in questa vita presente.

Meditiamo
- Ho potuto notare la differenza tra ciò che ho fatto per amore e ciò che invece ho fatto per altre motivazioni, fosse anche solo il prestigio personale?
- Ho mai conosciuto qualcuno che agisce soprattutto mosso dall'amore verso gli altri?
- Solitamente, quali sono le motivazioni che mi spingono ad agire?

 

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