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TESTO Dio premia il merito

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/02/2016)

Vangelo: Lc 5,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Leggiamo in questi giorni che il nostro Paese ha il triste primato in Europa in fatto di corruzione e di raccomandazioni. In altre pagine leggevo che l'Italia è anche il paese che meno fra tutti premia il merito, per cui conviene recarsi all'estero per sfruttare una laurea o una qualifica conseguita, poiché solo i "raccomandati di ferro", tante volte inadeguati al ruolo, hanno sempre la meglio. Indipendentemente dalla brutta impressione che certamente diamo al sospetto dell'Europa e del mondo, va considerato innanzitutto che corruzione e raccomandazione sono alla radice di tanti mali sociali e determinano anche scompensi nel mondo dei servizi e della gestione delle vita, soprattutto pubblica.

Ancor prima di qualsiasi riferimento etico o vocazionale, osserviamo che procacciare il nostro destino semplicemente affidandoci al caso o lasciandoci abbindolare dalle mode o dalle ambizioni del momento, non può che trasformarsi in occasione di danno per noi stessi e per gli altri. Operare delle scelte sospinti solamente dal fascino o dall'attrattiva esteriore di una determinata posizione di successo che vogliano raggiungere a tutti i costi, magari con illeciti ricorsi o per mezzo di raccomandazioni o di sostegni di alto livello, produce la conseguenza di dispersioni sociali dovute al fatto che ora ricoprono determinati ruoli coloro che in realtà non ne erano all'altezza. Chi ha raggiunto un obiettivo semplicemente mosso dal'ambizione del prestigio o dell'onore che esso comporta, senza calcolare se quella era la posizione a lui pertinente, si ritrova a disagio egli stesso e inevitabilmente non può non procurare perniciose conseguenze a chi gli sta attorno e all'intera società. Chi occupa un ruolo di cui non è all'altezza, sostituendosi a quanti invece lo meriterebbero, non può che procurare prima o poi danni a se stesso e agli altri. Occorre piuttosto domandare a se stessi con assoluta coerenza e obiettività: "Qual è il mio posto nel mondo?"; "Dove sono orientato?" A cosa sono realmente portato?" E' necessario che, prima di intraprendere una scelta, ciascuno si interroghi sulle proprie inclinazioni personali e sui reali talenti e le potenzialità ci cui dispone e che si disponga a mettere a frutto i propri talenti e le proprie capacità soggettive, senza invidiare quelle degli altri. Anche nelle scelte apparentemente aleatorie, occorre atteggiarsi con il massimo dell'umiltà e della buona disposizione. Come pure, è altrettanto onesto e umano saper cambiare indirizzo quando ci si accorge che la strada intrapresa non è quella congeniale o quando la posizione assunta non è quella a me confacente. Quando si cambia idea su un determinato progetto di vita intrapreso, sempre che non si sia vittime di una disillusione o di un'impressione gratuita e momentanea, ciò può essere indice di aver scoperto altri carismi o altre caratteristiche da sfruttare altrove o comunque di aver compreso che la via che avevamo intrapreso non era quella esatta.

Quando mi trovai a dover abbandonare la prospettiva del sacerdozio Diocesano per la vita religiosa, sulle prime non seppi accettare di abbandonare il mio primo, tanto agognato, progetto di vita: ero convinto che esso fosse in effetti la mia direzione e che il mio futuro risiedesse in una Diocesi. Ma quando mi trovai a confrontare successivamente l'esperienza in un Ordine Religioso da quella di un Seminario Diocesano, compresi che non era stato affatto un caso che mi trovassi in quella nuova dimensione che inizialmente non avevo mai considerato. Qualcuno mi aveva condotto in un altro luogo nel quale vivere e coltivare il sacerdozio con altre prerogative a me più confacenti e con strumenti molto più appropriati alla mia condizione, che non avrei trovato in una realtà secolare.

la verità è che dobbiamo ammettere una verità di fondo: non siamo noi a scegliere il nostro percorso di vita, ma l'esistenza stessa, in noi, di determinate potenzialità che ci differenziano da tutti gli altri attestano affatto che Qualcuno ha stabilito il nostro cammino e che ogni scelta nostra è in realtà una risposta ad una chiamata. Perfino tante persone miscredenti e di una certa fama ammettono che la loro scelta di vita doveva seguire un determinato percorso e avere un determinato obiettivo reimpostato: "Il tizio che ha rubato stanotte in casa mia non ha portato via un dubbio che che c'è in me: se non mi andava bene con le canzoni forse ero dalla sua parte e c'era un ladro in più... (Gino Paoli).

A meno che non ci lasciamo avvincere dalla casualità e dalla vanità esteriore, dobbiamo riconoscere che ogni nostra scelta è vocazione, cioè una chiamata di Dio che ha dato a ciascuno i suoi doni e che sin dall'eternità ha orientato ciascuno verso un determinato indirizzo. Anche quando ci sembri di aver optato una decisione fra le tante per esempio attraverso un concorso pubblico o un'assunzione (apparentemente) improvvisa. Ed eccoci alla liturgia della Parola di oggi, che ci ragguaglia della certezza fondamentale delle parole di Gesù: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi"(Gv 15, 16).

Nelle domeniche precedenti si parlava della docilità nei confronti della Parola di Dio, alla quale siamo invitati a rispondere "amen" cioè "approvo per vero", "è verità", dando ad essa il necessario assenso di fede. Disporsi all'ascolto della Parola, interpretandola come parola di Dio e non come messaggio di mera provenienza umana o di banale contenuto e scaturigine, predisporsi ad accoglierla e a viverla nel quotidiano, diventa sempre condizione per determinare al meglio le scelte della nostra vita. Isaia comprende innanzitutto la misericordia di Dio poiché reputa se stesso "un uomo indegno dalle labbra impure". Vedere con i propri occhi il Signore comportava già nell'Antico Testamento la certezza di dover morire e invece il profeta non soltanto viene esonerato dalla condanna ma viene anche "reso puro", cioè messo in grado di avere dignità davanti a Dio. Al punto che alle parole: "Chi manderò, chi sarà mio messaggero?" egli stesso si propone: "Eccomi, manda me", unico caso nella Bibbia nel quale un profeta propone se stesso al Signore. Da persona immeritoria e indegna, Isaia si scopre chiamato e questo grazie alla scoperta dell'amore di Dio nei suoi confronti e per inciso anche dell'efficacia della sua Parola.

Simon Pietro è un semplice pescatore di Galilea che aveva trascorso una notte insonne senza che il mare fosse generoso con lui. Gesù avrebbe potuto scegliere a "pescatore di uomini" uno fra i tanti che gli avevano fatto ressa sulla spiaggia per ascoltare la sua Parola, uno dei tanti suoi devoti ascoltatori che senz'altro avrebbe avuto più qualità teologiche di lui. E invece si propone proprio a Simone (che solamente dopo chiamerà Pietro). Come? Non chiamandolo direttamente alla sequela, ma innanzitutto mostrandogli l'efficacia della sua Parola, dando credito alle possibilità della sua fede e rivelandogli la potenzialità per cui nulla è impossibile a chi ama Dio (San Francesco di Paola). Pietro non sarà certo il più dotato degli apostoli, visto che più volte vacillerà di fronte a Gesù Messia Salvatore (vedi il rinnegamento e il diverbio sull'andata a Gerusalemme) ma il Figlio di Dio ha deciso di scegliere proprio lui e provvederà a fornirgli tutti i mezzi per adempiere al meglio la sua missione.

I procedimenti divini di elezione vocazionale differiscono dalle selezioni propriamente nostrane. La chiamata di Dio può interessare tutti in tutti gli ambiti, sotto tutti gli aspetti e in qualsiasi momento. Ciò è vero anche per la chiamata alla missione o alla speciale consacrazione (vita religiosa e sacerdozio): Dio chiama deliberatamente senza sottostare ai nostri criteri di scelta e alle nostre pretese di requisiti di base o di curriculum. Nella sua deliberazione vocazionale Dio semplicemente chiama dopo aver mostrato amore e misericordia e dopo aver reso il candidato oggetto della sua speciale predilezione e di conseguenza lo attrezza egli stesso secondo i tempi e i mezzi che egli solo ritiene opportuni e confacenti.

Unica condizione in assoluto è quella di lasciarci amare senza opporre resistenza.

 

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