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TESTO Gesù spezzò i pani, li dava ai discepoli, e questi alla folla

Ileana Mortari - rito ambrosiano   Home Page

3a domenica dopo Epifania (anno C) (24/01/2016)

Vangelo: Mt 15,32-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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32Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». 33E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». 34Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». 35Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, 36prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. 37Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. 38Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci è certamente uno degli episodi più noti del vangelo; ed è anche l'unico tra i miracoli di Gesù che si ritrova in tutti i vangeli, addirittura con due diverse redazioni in Marco e Matteo (qui vediamo la 2° matteana). Rimando alla mia esegesi di Matteo 14, 13-21 (1° moltiplicazione) che si trova nel sito www.chiediloallateologa.it alla voce "Vangelo festivo" 18° domenica dell'Anno A Rito romano, perché qui vorrei invece soffermarmi solo su due particolari: la compassione di Gesù e i discepoli.

v.32 "In quel tempo il Signore Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare....

Compassione è un termine che, insieme a pietà, sembra sparito dal linguaggio corrente e che invece andrebbe recuperato. Il vocabolario dà come primo significato "sentimento di sofferta partecipazione ai mali altrui". Alle pagg.28-30 del Notiziario trimestrale del Fatebenefratelli di luglio-sett.2014 c'è addirittura un excursus molto interessante sulle critiche positive e negative a questo concetto nella storia della filosofia, da Aristotele a Kierkegaard.

Ma soprattutto "compassione" (= "rahamìm" in ebraico, "splanghìzo " in greco, "misericordia" in latino) con il suo sinonimo "misericordia" è un vocabolo frequente nel linguaggio biblico.
Lo si ritrova parimenti nel Primo Testamento (ad es. "Il Signore ti usa misericordia" Is.54,10) e nel Nuovo Testamento, dove Gesù mostra in concreto quella che è la compassione (misericordia) di Dio Padre. L'affermazione del v.32 della pericope odierna è solo una delle numerose frasi analoghe che si trovano nel vangelo.

"Sento compassione per la folla", dice Gesù; due versetti prima si legge infatti in Matteo che il Messia aveva guarito una gran quantità di zoppi, sordi, ciechi, muti e persone sofferenti di varie malattie, e anche gli altri evangelisti parlano spesso di guarigioni miracolose; tutto questo (con il successivo miracolo dei pani) è chiaramente frutto della compassione di Gesù. Ma forse è il caso di approfondire questo sentimento del Nazareno e di arrivare, se possibile, alle origini di esso.

Allo scopo mi servo di un grazioso raccontino comprensibile ai bambini (ma utilissimo anche agli adulti!) che ho trovato sulla rivista "Credere" del 5 luglio 2015.
"C'era una volta uno stormo di passerotti intrappolati in un fienile. Gli uccellini erano molto spaventati e cercavano di fuggire attraverso il vetro di una grande finestra, da cui si vedeva un bel paesaggio di montagna. La finestra però era chiusa ed essi continuavano a sbattere tenacemente il becco contro il vetro, incapaci di capire cosa stessero sbagliando. Per agevolarli, un contadino cercò di dirigerli con ampi gesti verso la porta del fienile dicendo: C'era però da oltrepassare la mucca e gli uccellini erano terrorizzati; il contadino aveva un bel dire che la mucca era del tutto innocua, ma non parlava lo stesso linguaggio dei passerotti. Ci voleva un miracolo: se l'uomo si fosse trasformato in uccellino, avrebbe potuto davvero comunicare con i passerotti e dirigerli verso la strada giusta, che lui già conosceva." Ecco: Gesù è Dio che si è fatto uomo per parlarci in un modo che riusciamo a capire, è quel miracolo di cui c'era bisogno perché gli uomini e Dio si intendessero.

Gesù, Sapienza e Amore, si è fatto uomo e ha parlato il linguaggio degli uomini perché questi potessero capire come vivere, realizzarsi ed essere felici. Ora, dell'insegnamento di Gesù sono ricchi i vangeli, ma Egli non ha insegnato solo con le parole, bensì con la sua stessa vita.
Un esempio lo abbiamo in questo stesso brano, dove Gesù vuole avvalersi dell'aiuto dei discepoli, il cui ruolo viene evidenziato: è a loro che Gesù confida il suo sentimento di compassione (v.32) e soprattutto, dopo aver compiuto il miracolo, è a loro che dà i pani, e i discepoli li distribuiscono alla folla, finché tutti si siano saziati.
E' noto che il primo vangelo ha una forte connotazione ecclesiale; non stupisce dunque il rilievo dato in questo episodio al ruolo dei discepoli (o apostoli) sia nella ricerca della materia prima (pane e pesci) sia soprattutto nella distribuzione del cibo moltiplicato alla folla.
Come spesso nei vangeli, qui ci troviamo di fronte ad un segno: un giorno i discepoli (e i loro successori) dovranno essere servitori della gente dando non solo del pane, ma ciò di cui si ha bisogno per la vita anche sul piano spirituale.
La Scrittura lo dice chiaramente: "Così ognuno ci consideri: servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1° Cor.4,1); e "Ogni sommo sacerdote, preso tra gli uomini, è costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (Eb 5,1).
Il sacerdote (o presbitero o prete) è tale in forza del Sacramento dell'Ordine. Gli viene chiesto di essere esperto in umanità, solidale con le gioie e le sofferenze di tutti, attento e rispettoso della vocazione di ciascuno, e insieme testimone del dono ricevuto dall'alto, segno vivo del Cristo pastore che offre la vita per i suoi e li riconcilia con Dio.
Uomo di frontiera, impegnato nella continua intercessione che in persona di Cristo egli svolge tra gli uomini e Dio, il prete è chiamato a vivere la propria esistenza per gli altri.
In una società, che è spesso una folla di solitudini, un'esistenza donata per l'unità e la riconciliazione, si offre come una possibilità di rinascita, un segno di contraddizione eloquente e liberante.
Certo, "Senza di me non potete far nulla" (Gv.15,8) ha detto Gesù e quindi a tutti è chiesto anzitutto di pregare il Signore Gesù, perché renda possibile a ciascuno la realizzazione della propria chiamata.
Allora può essere utile, di tanto in tanto, ricordare questa bella preghiera del Card. Montini: "Signore, dà ai tuoi ministri un cuore puro e grande, chiuso ad ogni meschina ambizione umana e aperto ai tuoi pensieri, capace di tutti amare e tutti servire; un cuore forte, pronto a sostenere difficoltà e tentazioni, stanchezze e sacrifici; un cuore che sappia con assiduità e costanza servire il ministero che Tu gli affidi."

 

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