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TESTO Nel Battesimo l'umiltà di Dio

padre Gian Franco Scarpitta  

Battesimo del Signore (Anno C) (10/01/2016)

Vangelo: Lc 3,15-16.21-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 15poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

21Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Questa Domenica osserviamo il Figlio di Dio che si confonde con coloro che fanno ressa alla riva del fiume Giordano per ricevere il battesimo di Giovanni. Questo era all'epoca un segno esteriore che avveniva con acqua per significare il pentimento sincero di quanti si erano ravveduti dai loro peccati e intendevano riconciliarsi con Dio; un rito simile ai vari usi iniziatici di altre religioni, anche nel paganesimo. Da Giovanni accorrevano tutti coloro che avevano preso coscienza del loro peccato, che consideravano la loro indegnità e meschinità, si sentivano oppressi dalla loro coscienza e il peccato era stato per loro uno stato di indegnità davanti a Dio. C'è differenza infatti fra peccato e senso di colpa: quest'ultimo riguarda il lato psicologico personale di una persona che si rapporta con se stessa. Il peccato è invece la consapevolezza di aver offeso innanzitutto Dio e di aver perso la comunione con lui e poiché Dio lo si trova nei fratelli il peccato è implicitamente una mancanza anche nei loro confronti, poiché quando non si ama il fratello non si ama Dio. Nella consapevolezza di aver peccato, ai è un rapporto in dimensione verticale e un altro orizzontale.

Di tutto questo doveva essere ben consapevole Gesù, il Figlio di Dio, che entra in contatto con i peccatori per fare la fila con loro e ricevere il battesimo, come se anche lui avesse avuto delle colpe da cui emendarsi. Che Dio avesse fatto assumere a Gesù una carne di peccato è assodato. Come dice infatti Paolo: " Colui che non aveva conosciuto peccato eppure Dio lo trattò da peccato a nostro favore"(2Cor 5, 21) perché potesse partecipare in tutto della nostra natura umana assumendone ogni precarietà. Ciononostante egli "è stato tentato in ogni cosa senza commettere peccato"(Eb 4, 15) e piuttosto "lui ci è stato manifestato per togliere i peccati, ma in lui non c'è peccato"(1Gv 3, 5). Adempiere la volontà del Padre corrisponde per Gesù a eliminare i nostri peccati, a vincere il peccato soprattutto nel riscatto della croce, ma in effetti in tutta la sua vita umana Cristo non ha mai peccato e nessuna imperfezione poteva mai caratterizzarlo. Eppure lo troviamo fra i peccatori a chiedere il battesimo come se avesse peccato alla pari di tutti gli altri. Nella risposta stessa di Gesù a Giovanni si trova la spiegazione di tanto abbassamento da parte del Figlio di Dio: "Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia". Nel linguaggio del profeta Isaia "adempiere ogni giustizia corrisponde a "preparare la via del Signore e raddrizzare i sentieri" (Is 40, 3) invito che aveva proclamato lo stesso Battista sulle orme del profeta medesimo (preparare la via del Signore) ma quale poteva essere il migliore procedimento del Verbo Incarnato per predisporre le nostre vie se non percorrerle insieme a noi? Come poteva aiutarci il Figlio di Dio se non configurandosi con noi peccatori e condividendo tutto, sentimenti, impressioni, timori e prospettive? Gesù fa la fila non perché abbia la coscienza di aver peccato, ma perché vuol rendersi in tutto solidale con i peccatori, condividendo ogni cosa con loro ai fini di poterli liberare dal morbo che li affligge dopo averli condotti e accompagnati. Una decisione di semplice condivisione e abbassamento che indica la pienezza della misericordia di Dio.

Diceva un autore che "l'umiltà è la ricchezza della povertà", perché essa è all'origine di tutto ciò che può nobilitare l'uomo e di conseguenza non si è mai miseri quando si è umili. Secondo Marcel Aymè "l'umiltà è l'anticamera delle perfezioni, e senza di essa le virtù sono vizi." Anche se non sempre l'esperienza ce ne da conferma, mostrarci umili e sottomessi dischiude la strada per conseguire ogni successo e per consolidarci nelle virtù. Anzi, la buona disposizione all'umiltà coltiva e accresce qualsiasi virtù acquisita e qualsiasi pregio o facoltà possiamo ritrovarci. Non avere vanagloria e presunzione da ostentare, non coltivare ambizioni o false e altezzose pretese, considerare gli altri al di sopra di noi stessi e non avere di che autoesaltarci evitando la megalomania e la presunzione sono tutti effetti dell'unica virtù senza la quale nessun obiettivo è possibile, appunto l'umanità. Papa Francesco in qualche luogo ci ricordava che l'umiltà innanzitutto è lo stile di Dio, al quale l'uomo è chiamato ad attingere e sul quale ci si deve conformare. In questo Anno dedicato alla misericordia ci rendiamo conto che essa è una prerogativa del Dio amore che sacrifica se stesso superando ogni nostra aspettativa. Dio per amore dell'uomo si umilia e su questo ci dà esempio concreto di umiltà. Dio che spoglia se stesso rinunciando al predominio e alle sue certezze, e che per amore dell'uomo si fa piccolo per innalzare tutti è già un emblema di umiltà proficua e munifica.

Ora Gesù si dispone in fila davanti al Battista per condividere lo stato di debolezza morale di tutti i suoi contemporanei, anche se è inesistente il suo stato di debolezza e di peccaminosità attuale. Con la fuoriuscita dall'acqua Gesù ottiene il dono dello Spirito Santo simboleggiato metaforicamente dalla colomba (dolcezza, pace e gioia nella novità di vita) dell'avallo del Padre che lo istituisce "Figlio suo prediletto". Non che non lo fosse già prima, ma adesso in forza dello Spirito Dio Padre ce lo manifesta come tale in vista della missione di annuncio del Regno di Dio che egli darà al mondo. Sarà lo Spirito Santo a condurre Gesù prima nel deserto e poi a Cafarnao, dove inizierà il suo ministero pubblico; sempre lo Spirito condurrà Gesù in tutta la sua predicazione e nella missione pubblica, facendo in modo che egli venga riconosciuto ed esaltato Figlio del Padre. In Cristo si evince il vero e inconfondibile Signore che salva e che redime, cioè il Dio che non potrebbe essere mai confuso con nessun altro: il Dio Trinitario.

Dio che nella sua pienezza di gloria e di grandezza si china sulle nostre miserie e prende sulle spalle la nostra povertà morale, facendo propri i nostri bisogni e che non disdegna di confondersi con i peccatori, mentre agli occhi del mondo c'è sempre stata incompatibilità fra peccatori e giusti.

Lo stesso Cristo Signore istituirà un Battesimo diverso da quello di Giovanni. In esso non vi sarà semplicemente un "segno" esteriore di acqua. Questa sarà solamente la materia del Sacramento, per mezzo della quale lo stesso Cristo, in forza dello Spirito Santo, ci libererà egli medesimo dal peccato che tutti ci caratterizza (peccato originale) risollevandoci e chiamandoci a vita nuova. Nel battesimo operato da Gesù riceveremo direttamente la grazia santificante e diventeremo figli di Dio. Figlio nel Figlio, partecipi della stessa missione sacerdotale del Cristo, anche noi missionari con lui.

Il solo termine Battesimo (Bautizo) è espressivo degli effetti di grazie che esso comporta nella nostra vita: vuol dire etimologicamente "lavacro", questo da intendersi nel duplice senso di lavacro di distruzione e debellamento e lavacro innovativo di rigenerazione. Nel primo caso si ha infatti che nel Battesimo si ottiene la liberazione dal peccato che è la radice di tutti i mali; nel secondo caso, una volta liberi e riscattati si rinasce a nuova vita e ci si dispone a camminare secondo nuova dignità di vita. Del nostro Battesimo, che non di rado dalle famiglie dei piccoli battenzandi viene frainteso quasi alla stregua di una festa gratuita senza conseguenze, dovremmo allora essere e manifestarci orgogliosi e testimoniare nella gioia la nostra appartenenza al Dio che si è umiliato per noi.

 

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