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TESTO I tre contesti e i tre preludii

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica di Quaresima (Anno A) (20/02/2005)

Vangelo: Mt 17,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

E' risaputo che mentre ci si industria per raggiungere un determinato obiettivo ci si sottopone alla molteplicità delle lotte per poterlo conseguire e non è raro il caso in l'itinerario verso una meta comporti più delusioni e fallimenti che soddisfazioni.

In un qualsiasi itinerario, progetto di vita o ambizione c'è sempre da aspettarsi una lunga serie di frustrazioni e di fallimenti prima di arrivare al successo una volta per tutte e le frattempo le denigrazioni, le critiche e le vessazioni da parte degli altri sono solo il più insignificante degli ostacoli. Chi scrive ha vissuto esperienze.

In casi come questi occorre non porre troppa considerazione alle difficoltà o agli ostacoli, guardando i quali molte volte ci si può anche arrendere, ma di tappa in tappa è necessario ricordare la validità dell'obiettivo che stiamo perseguendo: anziché lasciarsi prendere dallo sconforto per le sconfitte è bene considerare almeno qualche volta la mete per cui stiamo lottando, il guadagno che in esse avremo raggiunto in futuro, nonché il giusto guiderdone che ci sarà certamente elargito. Il pensiero della meta allevia i dolori della lotta.

Se poi in tutto questo ci si affida al Signore -che fra l'altro è all'origine di qualsiasi missione e vocazione- di questo successo avremo sempre un saggio, ossia un'anticipazione che ci incoraggerà nel nostro cammino.

Non usciamo affatto fuori tema se prendiamo in considerazione le letture di oggi. Anzi, avvaloriamo ulteriormente quello che abbiamo appena affermato. In questi tempi infatti stiamo percorrendo l'itinerario di Quaresima e veniamo assillati da continui moniti alla conversione, alle pratiche astinenziali del digiuno e al ritorno a Dio; anche da parte di noi sacerdoti, tuttavia, forse poche volte si fa riferimento al carattere positivo dell'itinerario di Quaresima, cioè alla ricchezza delle sue finalità, alla realizzazione che si persegue nell'intraprendere tale itinerario liturgico... In altre parole, poche volte si considera la bellezza della "meta". Cosa che invece viene realizzata dal brano del Vangelo odierno, nel quale Pietro, Giacomo e Giovanni strabiliano nel vedere il loro Signore trasfigurato. Lo avevano conosciuto infatti – più che altro- come il loro compagno nonché maestro e confidente, organizzatore della loro attività missionaria. Magari lo avevano certamente riconosciuto come il Signore e Messia, tuttavia forse poche volte si erano soffermati su quest'ultimo aspetto della sua vita.

Adesso avviene la scena in cui Egli, in senso ottico e tattico, si manifesta nella sua gloria piena quale Figlio di Dio, prefigurato dalla Legge (Mosè) e dai Profeti (Elia); la nube, che già altrove nella scrittura attesta al divino, discende su di Lui e su quegli "strani" interlocutori appunto per attestare che Egli è Dio come il Padre. E tale avvenimento ha luogo proprio nei giorni in cui Pietro, Giacomo e Giovanni, assieme agli altri apostoli hanno appreso che il loro maestro è destinato alla crocifissione(Cfr. Mt 17, 21-23), il che non è affatto casuale: se prima Gesù aveva rimproverato Pietro nel suo tentativo di distoglierlo dal raggiungere la capitale giudaica ("Allontanati da me, Satana"), adesso sta mostrando a lui e ai suoi compagni la necessità di tale viaggio e di tale, conseguente, patibolo: il Maestro che verrà crocifisso è lo stesso che sarà glorificato, al quale la morte non potrà recare scalfitura alcuna e che resterà il Signore della gloria per sempre.

Nel contesto triste dell'itinerario verso Gerusalemme la trasfigurazione del Signore è un preludio alla Pasqua, cioè alla gioia della Risurrezione e alla gloria che in futuro attende gli apostoli. Nel contesto ravvicinato della Quaresima essa è preludio della gioia che ci verrà data nella Pasqua. Nel contesto immediato della vita è il preludio della nostra vittoria sulle ansie e le difficoltà. In tutti i casi il "preludio", appunto perché anticipo della ricompensa ci incute forza e coraggio, rendendoci perseveranti e speranzosi nella lotta, giacché è un anticipo della giusta condecorazione dei nostri meriti che invita a fissare lo sguardo sulla meta e non sulle sole difficoltà.

Come dicevamo all'inizio, tutto questo avviene ad una sola condizione: che ci si disponga a fare la volontà di Dio e ad interpretare ogni evento e ogni itinerario alla luce della Sua Parola e della Sua Volontà. E su quest' ultima istanza quale pedagogia sarà mai migliore rispetto a quella che ci viene fornita dalla prima Lettura? Abramo intraprende l'uscita dal suo paese non già come un'iniziativa del tutto propria e priva di riferimenti al trascendente, bensì come la realizzazione di una progetto di Dio sulla sua vita e pertanto parte da casa fiducioso e soddisfatto, anche se accompagnato dal magone della patria e dallo sgomento degli imprevisti e delle novità. Sappiamo benissimo quale sarà il glorioso destino di questo personaggio biblico, destinato ad essere considerato il capostipite di un'intera generazione di popoli.

Coltivare ogni progetto nella speranza e nella fiducia in Dio vuol dire corrispondere ai suoi progetti su di noi e questo non potrà che recarci soddisfazioni.

 

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