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TESTO Commento Matteo 3,13-17

mons. Ilvo Corniglia

Battesimo del Signore (Anno A) (09/01/2005)

Vangelo: Mt 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Oggi celebriamo altri aspetti dell'Epifania, cioè della manifestazione di Dio in Gesù.

Chi riceveva il battesimo da Giovanni, con tale gesto si riconosceva peccatore, bisognoso di essere perdonato e purificato da Dio, e manifestava pubblicamente la volontà di percorrere un cammino di conversione alla scuola e sotto la guida del Battista, per prepararsi ad accogliere il Messia. Non poteva non suscitare stupore e scandalo nei primi cristiani il fatto che anche Gesù - l'innocente, il Figlio di Dio - si sia mescolato con i perduti, in coda anche Lui aspettando il proprio turno per essere battezzato. Giovanni stesso si rifiuta e accetta soltanto dopo la dichiarazione di Gesù: "... conviene che così adempiamo ogni giustizia", cioè la volontà di Dio che il proprio Figlio si faccia solidale in tutto con gli uomini peccatori.

L'Incarnazione non è soltanto il farsi uomo del Figlio di Dio, ma il farsi fratello dei peccatori, prendendo su di sé la loro realtà di peccato e accettandone tutte le conseguenze. La Croce sarà l'ultimo traguardo di questo "sprofondare", per amore, del Figlio di Dio nell'esperienza umana di lontananza e separazione da Dio. Il battesimo quindi manifesta la scelta fatta da Gesù di essere uno di noi, uno con noi.

Colui, però, che per amore si è identificato con i suoi fratelli peccatori, Dio, il Padre, lo riconosce e lo manifesta come il proprio Figlio e gli dona lo Spirito Santo.
La scena è estremamente suggestiva e ricca di significato.

"Si aprirono i cieli": la comunicazione tra Dio e gli uomini, che era stata interrotta dal peccato, ora riprende. Il dialogo si fa nuovo e intenso. La via è libera perché lo Spirito di Dio, cioè la sua infinita vitalità e potenza, il suo amore traboccante, venga riversato sulla terra. Il primo destinatario è Gesù:

"Egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui". Nell'Antico Testamento lo Spirito del Signore investiva temporaneamente i suoi servi e li rendeva capaci di svolgere la missione che era loro affidata. Lo Spirito, poi, secondo i profeti, avrebbe "riposato" sul Messia. Cfr. anche Isaia 42, 1s. (I lettura): "Ecco il mio servo... il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho posto il mio Spirito su di lui". La promessa si realizza in Gesù.

Non è facile interpretare il simbolo della colomba. Evoca lo Spirito che aleggiava sulle acque all'inizio della creazione (Gn 1,2) e, quindi, indica che con Gesù ha inizio la nuova creazione? Oppure la colomba è immagine della sposa - Israele e quindi Gesù viene manifestato come lo sposo messianico che incomincia a incontrare la sua sposa, cioè il popolo, attuando la nuova alleanza? Oppure nell'immagine della colomba veniva raffigurata la Presenza di Dio. Così es. nel giudaismo la voce di Dio nel tempio è paragonata al tubare della colomba. In tal caso, Gesù verrebbe presentato come il nuovo e vero tempio di Dio. Oppure, come la colomba si posa nel suo nido, così la potenza di Dio ha trovato finalmente la sua casa in Gesù.

Qualunque sia il senso preciso dell'immagine, tuttavia si vuol dire che l'intera realtà di Dio si racccoglie e si concentra in Gesù.
La voce di Dio, però, proclama:

"Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". E' l'unica volta che nei primi tre Vangeli si ode la voce di Dio (qui e nella Trasfigurazione di Gesù). Se Dio parla è per rivelarci chi è Gesù. E' il Messia: le parole di Dio richiamano quelle già ascoltate nella prima lettura sul Servo del Signore. Ma nel nostro testo evangelico il Padre dice "Figlio mio" (cfr. Sal. 2,7), non intendendo soltanto il Messia, ma il suo Figlio unico, oggetto di tutto il suo amore. In tal modo Dio rivela l'identità di Gesù quale figlio amatissimo. Ma nello stesso tempo è tutta la famiglia della Trinità che si manifesta in questo evento: il Figlio prediletto del Padre si trova fra gli uomini e con Lui sono presenti in mezzo a loro Dio e il suo Spirito.

Il battesimo rappresenta per Gesù una svolta decisiva: ricevendo la forza dello Spirito e ascoltando la voce del Padre, dà inizio alla sua missione.

Ma il suo battesimo diventa in qualche modo simbolo e anticipo di quello cristiano.

La scena del Giordano si è rinnovata nel momento del mio battesimo. Attraverso questo rito di ingresso nella comunità cristiana sono stato accolto nella Chiesa. Qui ho incontrato Gesù, che è il cuore pulsante di questa famiglia, e Gesù mi ha legato a sé per sempre. E anche su di me è sceso lo Spirito Santo invadendomi col suo amore. E anche su di me il Padre, abbracciandomi con infinita tenerezza, ha incominciato a dichiarare: "Questo è mio figlio. E' tutta la mia gioia". E non si è ancora stancato di ripeterlo. E ' cominciata per me la più grande avventura, la più bella storia d'amore che mai sia stata vissuta, la storia d'amore tra il Padre e ognuno dei suoi figli. Col battesimo, infatti, siamo entrati nella famiglia di Dio per pura grazia, perché Lui ci ha scelti.In questa famiglia non si vale per le opere che si fanno, per quello che si produce. Si vale solo perché Dio ci ama. E l'amore di Dio per noi è eterno. Il battesimo non può essere ripetuto, perché è una parola d'amore eterno di Dio su di noi. Un amore che ci fa figli suoi e mai nulla, neppure il nostro tradimento, potrà cancellare il fatto che siamo suoi figli.

Si tratta di aiutarci a vicenda a riscoprire il dono del battesimo. Forse per molti rimane il "tesoro nascosto" che uno possiede in casa sua, ma non lo sa o non ha interesse a cercarlo. Il loro battesimo somiglia a uno di quei pacchi-dono che si ricevono a Natale e che per incuria è rimasto incartato, non è mai stato svolto. Essi non hanno ancora scoperto che cosa Dio ha regalato loro attraverso il battesimo. Perché non andare, allora, alla scoperta del tesoro? Perché non andare finalmente a vedere che cosa c'è in quel pacco dono che abbiamo ricevuto da Dio all'inizio della nostra vita? È stata una trasformazione radicale, una nuova creazione, una nuova nascita. Sono tutte espressioni che nel N.T. tentano di descrivere ciò che el Battesimo è accaduto in una persona, al di là di ciò che appare esternamente. S. Agostino, rivolgendosi ai neo-battezzati, lo evoca con parole colme di entusiasmo: "Rallegriamoci e rendiamo grazie a Dio. Non soltanto siamo diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo. Capite, fratelli, vi rendete conto della grazia di Dio verso di noi? Stupite, gioite: noi siamo diventati Cristo!".

Si tratta anche di essere responsabili di tale dono: l'appartenenza a Gesù, prodotta dal battesimo, ci impegna a vivere come Lui, che "passò beneficando e risanando tutti" (Atti 10,38: II lettura).

In altri termini quel rito lontano mi ha segnato per sempre e io ogni giorno, ogni momento sono chiamato a verificare come vivo, a livello esistenziale e operativo, la mia appartenenza a Cristo, a Dio. Prima ancora di fare qualunque cosa viene il mio "essere di Cristo", la mia appartenenza a Lui. Prima viene la mia relazione con Cristo, senza la quale cade e si svuota anche l'attività più intensa e brillante.

Momento privilegiato in cui far memoria del nostro Battesimo è l'Eucaristia domenicale. Infatti attraverso il Battesimo siamo entrati nella Chiesa e qui abbiamo incontrato Cristo, il quale ci ha uniti strettamente non solo alla sua persona, ma anche all'avvenimento pasquale della sua morte e risurrezione. Con Lui siamo morti e risorti a una vita nuova e traboccante. Ora l'Eucaristia rende presente l'evento pasquale. Ogni domenica perciò, partecipando all'Eucaristia, abbiamo la possibilità di ricordare e rinnovare la grazia del nostro Battesimo. Un richiamo speciale ci viene dal rito dell'aspersione dell'assemblea all'inizio della celebrazione, quando si compie; ma anche dal gesto di segnarci con l'acqua benedetta entrando in Chiesa.

Il battesimo unisce intimamente a Cristo quanti lo ricevono, non soltanto i cattolici, ma anche i fedeli di altre Chiese cristiane. Ci lega perciò a loro un profondo vincolo di unità, che ci impegna a un dialogo costruttivo e instancabile nella verità e nella carità. Tutto questo ce lo richiama anche la Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani, che si svolgerà dal 18 al 25 gennaio e ha come tema "Cristo, unico fondamento della Chiesa" (1 Cor. 3,1-23).

Nella recita del Rosario il Papa ha inserito, tra i "Misteri della gioia" e quelli del "dolore", i "Misteri della luce" (il giovedì), di cui il primo è il Battesimo di Gesù. È sicuramente un esercizio fruttuoso contemplare con Maria, in questo mistero del Rosario, Gesù "dichiarato Figlio diletto del Padre nel battesimo al Giordano" (RVM 19 e 21)

"Questi è il Figlio mio prediletto"..."Tu sei il Figlio mio prediletto". Il Padre con infinito amore continua a dichiararlo a Gesù e Gesù nel suo cuore gli risponde senza sosta: "Tu sei il mio Abbà, il mio papà!". Che gioia infinita in questo dialogo incessante tra il Padre e il Figlio!

Grazie al battesimo, io sono unito a Gesù e quindi anche a me il Padre ripete: "Tu sei il mio figlio prediletto!".

Me ne accorgo? Mi ritaglio lungo la giornata spazi di silenzio, sia pure brevissimi, in cui poter ascoltare questa stupenda dichiarazione d'amore? Gli rispondo con Gesù: "Grazie, Abbà, papà! Ti voglio bene!"?

Ecco un modo concreto di vivere il nostro battesimo.

 

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