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TESTO La Sapienza che tutti coinvolge

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica dopo Natale (03/01/2016)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Nel Natale il mistero di Dio si rivela e il Dio nascosto si rende manifesto nell'evento incarnazione. A Betlemme si verifica infatti che Dio, in se misterioso e ineffabile, si avvicina all'uomo e si rende manifesto tangibilmente, in modo tale che l'uomo immediatamente possa aderirvi. Cosa c'è infatti di più manifesto e sensibilmente esperibile per l'uomo se non il fatto che Dio si è reso uomo? Cos'altro più eloquente se non Dio che assume le vestigia di un bambino, l'Infinito e l'Eterno che entra nella nostra storia e si sottomette ai nostri calendari e alle nostre misure spazio temporali? Nel Natale si concentra tutto il mistero della rivelazione, che è il concedersi totale di Dio all'uomo, l'instaurare relazioni amichevoli con noi, l'intraprendere cammini e percorsi di solidarietà e di amicizia con chi deve assolutamente essere recuperato. Il prologo del Vangelo di Giovanni, sul quale abbiamo riflettuto nella giornata dello scorso 25 Dicembre, ci illustra questo immenso fascino del Verbo che si fa carne e del Fautore di tutto il creato che, pur esistendo sin dall'eternità, si rende carne nella Persona del suo Verbo. Gesù Cristo è infatti la Parola con la quale tutto il cosmo è stato posto in essere, che in un determinato momento della storia si è fatta carne. Ha assunto la nostra natura peccaminosa pur non essendone invischiata, ha esperito ogni umana imperfezione pur restando egli la Perfezione assoluta. Per dirla con le parole della prima lettura di oggi: la Sapienza eterna e onnisciente si crea una casa fra gli uomini.

Come affermerà infatti Paolo, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (1 Cor 1,24-30; Ef 3,1) perché generato non creato ma della medesima sostanza divina, il Verbo di Dio che si è fatto uomo.

La Sapienza che era presente al momento della creazione viene associata nella Scrittura al Verbo e identificata con Esso, sia per l'eternità che la caratterizza sia soprattutto per la "dimora" che essa viene ad instaurare in mezzo agli uomini; essa non può essere allora che il Verbo di Dio incarnato che prende il nome di Gesù e che ci raggiunge nella dimensione storica dell'era di Augusto e nella geografia della cittadina di Betlemme dove avviene questo evento straordinario in una grotta sperduta.

La natura umana e la Persona del Verbo in Gesù sono unite, ed è per questo che nella sua umanità Gesù conosce ogni cosa, scruta a fondo il cuore dell'uomo e penetra tutti i misteri, anche insondabili come si evince nelle relazioni interpersonali dello stesso Signore Gesù.

In Cristo Dio si intrattiene con gli uomini e familiarizza con loro e la sua trascendenza diventa esperienza; la sua rivelazione è apparizione al mondo e itinerario di accompagnamento degli uomini. Dio in se stesso resta sempre un Mistero e non potrebbe essere altrimenti poiché se così non fosse non sarebbe Dio, ma nel Bambino di Betlemme questo mistero ci viene partecipato. Lo stesso Giovanni nel Prologo aggiunge: "Dio nessuno lo ha mai visto; l'unigenito Figlio di Dio, che è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.(Gv 1, 18). Sempre Giovanni ci invita ad entrare nella pienezza del Mistero partecipando dei benefici che Egli stesso ci ha concesso e immedesimandoci nel dono che egli ha fatto di sé, per esserne testimoni agli altri. In un'altra occasione infatti soggiunge:"Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi..." (1Gv 1, 1 - 3). Nel rivelarsi con il massimo espediente per raggiungerci, Dio si è reso vita visibile e palpabile, tutti ne hanno fatto esperienza e adesso non la si può tacere, ma di essa occorre essere latori a tutti. Non possiamo custodire gelosamente la novità esaltante della rivelazione di cui siamo stati resi destinatari, ma necessariamente siamo tenuti a diffonderla. Il Verbo della vita vuole entrare nella vita di tutti, anche dei lontani e dei meschini e soprattutto dei peccatori e dei reietti, ai quali non può essere tolta la rivelazione della misericordia e del perdono. Come afferma Paolo, nessuno crede se non ha ricevuto un annuncio; quello della nascita del Verbo nella carne è l'annuncio ineluttabile di cui tutti siamo tenuti a renderci portatori costanti. Di esso è apportatore lo stesso Bambino divino appena concepito, che pur senza proferir parola accoglie ogni sorta di uomini e di nazioni e popoli: pastori, Magi, angeli, sono tutti espressivi dell'universalità del fenomeno di Betlemme e rendono manifesto che nel Bambino intere nazioni e popoli vengono resi oggetto di accoglienza e di accettazione. Dio unisce tutti i popoli e supera le barriere pregiudiziali proprie dei nostri tempi e in questo si fa apportatore di un messaggio di novità e di assoluta profondità.

Anche la Chiesa è tenuta tuttavia a partecipare al mondo il mistero della rivelazione di cui il Natale è emblema e caratterizzazione. Anche ciascun battezzato, quale membro del corpo di Cristo e partecipe della sua stessa missione di salvezza, è tenuto a partecipare agli altri la vita nuova del Dio che ci ha raggiunti, attraverso la testimonianza della gioia e della contentezza, che si palesano nelle concrete opere di carità e in ogni atto di amore sincero verso quanti sono i prediletti del medesimo messaggio di Dio: i poveri, gli emarginati e i peccatori. Amare concretamente significa annunciare il Verbo e convincere più di ogni libro raffinato di teologia.

Tante volte succede che noi facciamo del Natale un evento solamente personale, relegabile alle nostre case ed estensibile solamente ai nostri parenti o amici; nella nostra opulenta società, ci si ricorda certamente dei bisognosi e in tutti vi è almeno la coscienza di un atto di beneficenza verso chi ha bisogno, anche se non dappertutto vi è il medesimo grado di sensibilità. Raramente però ci si pone il problema di come testimoniare la nascita del Verbo Bambino a quanti non ne sono consapevoli o di come rendere partecipi di questa anche i peccatori e gli esclusi dalla società. Quando invece il Natale non esclude nessuno.

 

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