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TESTO Aprire la mano per benedire

don Walter Magni  

Ottava del Natale del Signore - Circoncisione del Signore (01/01/2016)

Vangelo: Lc 2,18-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,18-21

18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Cari amici e care amiche
mentre un nuovo anno sta per cominciare, dà gioia e commozione sentire ripetere in questa liturgia parole buone, che incoraggiano al bene, che regalano benedizione (Ottava del Natale, Nella Circoncisione del Signore, 1 gennaio 2016). Così dice la prima lettura: "Ecco voi benedirete così... Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio".

Auguri muti?
Stando alla tradizione rabbinica, questa era la benedizione serale che il sacerdote nell'ora dell'incenso annunciava al popolo. Una sera, il sacerdote di turno, Zaccaria, dopo il sacrificio dell'incenso non riusciva a pronunciare questa benedizione. Era diventato muto e a gesti tentava di spiegare che nel tempo aveva avuto la visione di un angelo che gli annunciava che sarebbe diventato il padre di Giovanni Battista. All'angelo che gli annunciava che a Dio nulla è impossibile, Zaccaria non aveva creduto. Aveva dubitato che un grembo, in apparenza inaridito e vecchio, come quello di sua moglie Elisabetta, potesse trasalire per il miracolo della vita. E, non avendo creduto, non poteva pronunciare più parole di benedizione da parte di Dio.
Forse la trasposizione è azzardata. Potremmo pensare a quest'anno nuovo che sta per cominciare come a un grembo che però nasce già vecchio, inaridito e improduttivo di speranze vere. Festeggiamo l'inizio del nuovo anno, ci facciamo gli auguri, con dentro la convinzione che è solo un gioco e che nulla potrà mai cambiare davvero. Se poi qualche novità dovesse arrivare, allora sarà stato il caso o chissà quale fortuna. Anche noi credenti finiamo per essere increduli davanti alle benedizioni di Dio che regalano. È quasi un ritornello sentir dire che il nostro continente, con quanto contiene - chiese comprese - è ormai invecchiato. Sentiamo di appartenere a una politica vecchia e a una società senza grandi prospettive. Si festeggia tanto per festeggiare. Così anche i nostri auguri diventano muti, vuoti.

La carezza di Dio
La benedizione, invece, è la carezza di Dio, è Dio che ti prende per mano e ti accompagna. Ha la forza disamante della tenerezza, come anche recita il salmo 131: "Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia. Speri Israele nel Signore, ora e sempre". Tutti abbiamo bisogno di benedizioni, proprio come abbiamo bisogno di carezze e di tenerezze. Chi di noi non ha l'esigenza di essere confermato in quello che fa e nei suoi progetti? Chi di noi non s'addolcisce se qualcuno gli dice: è bello che tu sia qui, sono contento per quello che stai facendo? Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci voglia bene, che conservi per noi la sua attenzione e la sua amicizia. In questo senso la benedizione non è un rito magico o scaramantico. È piuttosto un gesto che immette nella corrente del bene, della vita. Se siamo stati toccati dalla quella pioggia di grazia e di benedizione che è Gesù che è passato nel mondo "facendo del bene", parlando bene, regalando del bene, allora anche noi possiamo diventare benedizione per chi ci incontra. Una vera e propria carezza di grazia per chi ci incontra. Che porta a dire: grazie, Signore, per avermelo fatto incontrare. Chi non ricorda quel passaggio del Discorso della luna di papa Giovanni XXIII: "Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona" (11 ottobre 1962).

"Il Signore si pieghi su di te"
Intanto la parola di benedizione continuava così: "Il Signore faccia brillare il suo volto su di te, ti sia propizio". È bello che questa benedizione di Dio sia a pochi giorni dalla memoria del Natale, giorno in cui questo desiderio, questo augurio che parte dal cuore di Dio, acquista tutta la sua pienezza nella nascita di Gesù. Così che il volto di Dio nella Sua infinita benevolenza si è fatto visibile, è brillato su di noi. I pastori tornavano ai loro greggi quella notte, alla fatica del loro quotidiano, mentre su di loro era brillato il volto di Dio. Così noi ritorniamo alle nostre case, alla fatica e alle complessità della nostra esistenza, mentre su di noi, sul nostro volto brilla e traspare il volto di Dio.
"Il Signore faccia brillare su di te il suo volto, e ti sia propizio". Gli esegeti concordano nel ritenere che l'espressione "ti sia propizio" dice anzitutto il piegarsi di Dio, il Suo curvarsi amoroso su di noi. Come una madre e un padre si piegano sul loro bambino. Nel formulare una benedizione a partire da oggi, fidati del tuo cuore accarezzato da Dio. Per quanto dura e complessa sia la situazione nella quale ti trovi, ricorda che non sei solo. E se t'accorgi che le parole non escono o sono un po' affaticate, lascia che Dio ti accarezzi ancora. Lascia che il Suo abbraccio ti riscaldi e i Suoi occhi ti guardino fino a sentire qualche lacrima di commozione. Come saranno i giorni, i giorni futuri, non lo sappiamo. Ma sappiamo che Lui, il Signore, Si curverà su di noi.

 

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