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TESTO Commento su Luca 3,10-18

don Michele Cerutti

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (13/12/2015)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

La casula rosacea che il sacerdote indossa ha un significato profondo in questa III domenica d'Avvento: ci dice che il nostro cammino ormai si approssima al traguardo, Il Natale è vicino.
Se da un lato ci fa contenti sapere che la ricorrenza del Natale è vicina, allo stesso tempo ci dovrebbe anche inquietare se abbiamo vissuto mettendo nell'angolo tutto ciò che serve per prepararci bene a questo appuntamento. Non pensiamo ai regali da fare e parenti ed amici. Credo che le vetrine sono addobbate da prima dell'Avvento perché l'evento natalizio dal punto di vista commerciale renda il massimo.
Però sgomberiamo il campo da tutto questo.
La preparazione che ci è richiesta è quella di preparare un bell'abito per l'incontro con il Signore. L'abito è quello che viene indossato dentro di noi per far sì che l'incontro con il Dio che si incarna sia un incontro fruttuoso.
Luca ci offre sicuramente un aiuto e un aiuto prezioso.
Tante persone si rivolgono a Giovanni il Battista e chiedono cosa fare. Tutti hanno un compito perché la tipologia di persone che si presenta a Battista e domanda cosa fare è diversa, ma il precursore ha per tutti una risposta.
Il filo comune è l'attenzione al fratello e in particolare a quello che si trova nel bisogno. Io ritengo che l'atteggiamento di questo sostegno al povero deve essere fatto con sollecitudine. Lo stile dei santi della carità fu sempre quello di una carità fatta con sollecitudine.
Papa Francesco incontrando i discepoli di don Guanella lo scorso 12 novembre affermava quanto segue su questo Santo:

"I poveri sono i figli prediletti" del Padre, diceva san Luigi Guanella, che amava ripetere: "chi dà ai poveri, presta a Dio". Come il Padre è delicato e concreto nei riguardi dei figli più piccoli e deboli, così anche noi non possiamo far attendere i fratelli e le sorelle in difficoltà, perché - sono sempre parole di Don Guanella - "la miseria non può aspettare. E noi non possiamo fermarci fino a quando ci sono poveri da soccorrere!". La Madonna si affrettò per raggiungere la cugina Elisabetta (cfr Lc 1,39). Anche noi ascoltiamo l'invito dello Spirito ad andare subito incontro a chi ha bisogno delle nostre cure e del nostro affetto, perché, come insegnava san Luigi, "un cuore cristiano che crede e che sente non può passare davanti alle indigenze del povero senza soccorrervi".

Un monito chiaro anche ai cristiani tutti. L'invito a «fare attenzione»: deriva dal verbo greco usato è katanoein, che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà.
Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene.
Tuttavia il «prestare attenzione» al fratello comprende non solo la dimensione materiale, ma anche la premura per il suo bene spirituale. Occorre richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna. Da sempre, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli.
La lezione la dovremmo trarre dalla Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nel libro dei Proverbi al capitolo 9 versetto 8 leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere». Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato.
Nell'anno della misericordia occorre annoverare tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E' importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Guai a noi se tacciamo di fronte al male. Molte volte c'è l'atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Attenzione il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall'amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello.
L'apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1).
Nel nostro mondo che è sempre più impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l'importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità.
E' un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C'è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.

 

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