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TESTO Convertirsi all'umanità

don Alberto Brignoli  

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (13/12/2015)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Sarà perché loro - come sempre - non si sentivano chiamati in causa dalla parola "conversione"; sarà perché questa sedicente "voce che grida nel deserto" offre indicazioni morali molto poco dogmatiche, poco teologiche, al punto che nemmeno invita a pregare o a compiere la volontà di Dio attraverso l'osservanza della Legge: sta di fatto che - ascoltando l'evangelista Luca - nessuna delle autorità religiose di allora si rivolge a Giovanni il Battista per chiedere come intraprendere un serio cammino di conversione in vista dell'arrivo del Messia, ritenuto da Giovanni ormai imminente. Tre sono, infatti, i gruppi di persone che si rivolgono a Giovanni nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato, e nessuno dei tre raccoglie membri appartenenti ad una specifica categoria religiosa, tutt'altro: chi si rivolge a Giovanni sono i soldati (quasi certamente pagani, in quanto appartenenti all'esercito di Roma), i pubblicani (notoriamente poco raccomandabili da un punto di vista della moralità e della pubblica onestà) e le non meglio precisate "folle", che nel loro anonimato non rappresentano certo una specifica appartenenza religiosa, e che, per di più, pochi versetti prima erano state definite dallo stesso Giovanni "razza di vipere". Per quale motivo si rivolgono a Giovanni?

L'approccio al Battista è la conseguenza dell'ascolto della sua predicazione, nella quale aveva proclamato la necessità di preparare la strada alla venuta del Messia; e già quest'avvicinamento denota la sana intenzione di voler dare un'impronta diversa alla propria esistenza. Non è sufficiente, infatti, ascoltare un messaggio di speranza e manifestare il nostro assenso con una professione di fede: occorre sempre, e quasi d'immediato, passare anche a delle determinazioni etiche, comportamentali, che siano la concretizzazione del nostro assenso di fede. Se la fede rimane un assenso concettuale e teorico ad alcune affermazioni o verità rivelate, e non incide profondamente anche su uno stile di vita concreto, a poco serve: ebbene, queste tre categorie di persone hanno già colto che l'annuncio di Giovanni è un annuncio di speranza, e di conseguenza sono desiderose di sapere come ci si debba comportare perché dalla fede si arrivi alla prassi di vita.

Le tre distinte risposte di Giovanni - lo accennavamo prima - destano inizialmente qualche perplessità. Nessuna di esse, infatti, parla del comportamento nei confronti di Dio; nessuna invita a un ritorno di fede a Dio o a un'intensificazione delle pratiche di preghiera e dei sacrifici offerti al tempio, o all'osservanza rigorosa della Legge di Mosè. Il tema essenziale della prassi religiosa proposta dal Battista è un cambio di atteggiamento nei confronti delle persone, quindi qualcosa che punti a creare relazioni umane più giuste. Le folle sono invitate a condividere cibo e vestiti, i pubblicani a non esigere più del dovuto nella riscossione delle tasse, i soldati a non abusare del loro potere o a cercare favoritismi (verrebbe proprio da dire che passano le epoche storiche, i secoli e i millenni, ma i vizi umani rimangono sempre i medesimi...).

La strada del cambiamento di vita è tracciata in modo preciso da Giovanni: non c'è vera conversione, non c'è vero ritorno a Dio dove non c'è ritorno all'uomo, ovvero, dove non ci si preoccupa innanzitutto di ricreare relazioni più umane. Perché è proprio la ricreazione del tessuto di relazioni umane la miglior culla dove poter adagiare il Dio Bambino, il Dio fatto uomo che ci apprestiamo ad accogliere nel mistero del Natale. E se questa prospettiva è già di per sé sconvolgente rispetto a una prassi o a una mentalità come quella delle autorità religiose del tempo del Battista (e non solo del suo tempo), le quali identificavano la conversione con l'intensificarsi della pratica religiosa e del culto, ancor più sconvolgente è lo stile dell'attenzione rivolta dal Battista alle tre categorie di persone che interloquiscono con lui, in modo particolare ai pubblicani. Non dimentichiamo che l'opinione pubblica nei confronti dei pubblicani non era certo intrisa di stima e di rispetto, non solo per le evidenti ruberie ed estorsioni da loro attuate nei confronti dei più deboli, ma anche perché ormai essere pubblicani, significava essere indelebilmente e irreversibilmente segnati dall'impurità, dalla dannazione: erano persone ritenute da tutti ormai prive di alcuna possibilità di riscatto. Invece, nella predicazione del Battista c'è spazio anche per loro, per di più senza che venga loro richiesto l'abbandono della loro immonda e immorale professione (cosa a loro ormai impossibile), ma attraverso quantomeno l'osservanza di una minima regola di giustizia ("Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato").

Il Regno di Dio annunciato da Giovanni assume, secondo i canoni delle autorità religiose del suo tempo, le fattezze di uno scandalo, di un ricettacolo di persone che altro non meriterebbero se non il fuoco della Geenna. Di fuoco parla anche Giovanni, quando - annunciando l'arrivo del Messia - lo presenta come un fuoco inestinguibile che brucerà definitivamente la paglia separata dal grano buono, oramai raccolto grazie a una semina attenta, quella, appunto, derivante dalla conversione da lui annunciata. Al Messia che viene, Giovanni si presenterà con l'umiltà di chi sa che dovrà lasciargli libero lo scenario; di chi accetta volontariamente di rinunciare al diritto di essere sposo e padre di un popolo nuovo (diritto simboleggiato, nel codice ebraico, dal gesto del sandalo sciolto) per fare in modo che un altro sia padre; di chi accetta di continuare a battezzare con la freschezza e la semplicità dell'acqua, ben poca cosa rispetto alla forza dello Spirito Santo e del fuoco.

Salvo poi...andare in crisi per la comparsa di un Messia decisamente ancor più misericordioso di quanto egli lo fosse già stato con i pubblicani. Un Messia che non avrà fretta di ripulire l'aia, senza per questo rinunciare a raccogliere il buon grano.

Ma per giungere a questo, c'è tempo: per ora, rallegriamoci, perché il Signore è vicino, la porta della sua Misericordia è già spalancata.

 

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