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TESTO La Parola si è fatta carne e storia

don Bruno Maggioni

Natale del Signore - Messa dell'Aurora (24/12/2004)

Vangelo: Lc 2,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,15-20

15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Nella Messa dell'aurora la liturgia di Natale propone la narrazione della nascita di Gesù secondo Luca (2,1-20). Il racconto inizia con un inquadramento storico (2,1-3). La nascita di Gesù è un evento storico, accaduto in un tempo e in un luogo preciso. L'intera narrazione è poi racchiusa in tre movimenti ordinati secondo la tipica figura dell'evento cristiano: il fatto, l'annuncio dell'avvenimento, la sua accoglienza. Ma nell'intelligente narrazione di Luca c'è una frase ripetuta tre volte: «Un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia». È la meraviglia del Natale: ad essere proclamato Signore, Messia e Salvatore (così le parole dell'angelo) è un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. È chiaro che Luca, ripetendo tre volte la medesima frase, invita il lettore a mantenere fermo lo sguardo su questo tratto. Che unisce insieme la semplicità e la gloria, la debolezza e la potenza. Questo sorprendente intreccio di gloria e di semplicità costituisce un severo giudizio nei confronti di un mondo, anche cristiano, sempre tentato di nascondere la nuda semplicità del bambino per legarla alle forme più seducenti della potenza e del prestigio o ai tratti più romantici dei buoni sentimenti. Ma in questo caso non celebriamo più la gloria di Dio e del Natale, bensì la gloria inutile dell'uomo.

Nella Messa del giorno le affermazioni del prologo del vangelo di Giovanni sull'origine divina del Verbo, non sono fine a se stesse, ma necessarie per capire l'incarnazione, per capire Gesù nel suo ruolo di rivelatore. Il centro del prologo è l'affermazione: «La Parola è divenuta carne» (1,14). La Parola può parlare e farsi narrazione di Dio perché Parola che riflette il Padre, Parola sempre in ascolto (come è sottolineato nei primi versetti del testo), ma anche perché Parola divenuta carne dell'uomo, storia e divenire: Gesù può parlare di Dio all'uomo e dell'uomo a Dio. Facendosi carne la Parola di Dio si è fatta visibile: Parola che non solo si sente, ma si vive. "Carne" significa soprattutto che il Verbo non si è sottratto all'opacità della storia, ma al contrario vi è entrato, condividendola. La Parola di Dio si comunica all'uomo mediante una profonda condivisione di esperienze, inserendosi nelle contraddizioni dell'uomo: nella sua morte e nel suo dolore, nelle sue domande e nelle sue sconfitte. Gesù è così veramente un Dio fra di noi, compagno della nostra esistenza. Anche questo è la bellezza del Natale.

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