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TESTO Commento su Luca 23,36-43

don Michele Cerutti

Domenica di Cristo Re (Anno B) (08/11/2015)

Vangelo: Lc 23,36-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,36-43

36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Cristo è Re con questo titolo la Chiesa ci propone di adorare Gesù in questa domenica che conclude l'anno liturgico.
Cristo è Re. Certo un titolo che suona male. I Re sappiamo nella storia hanno rappresentato molto spesso il male.
Abbiamo avuto sovrani santi.
Abbiamo già più volte parlato di Re Baldovino, non ancora beatificato, ma di cui conosciamo le grandi doti che ha messo servizio del Belgio a difesa anche della fede.
La liturgia durante l'anno ci esorta a soffermarsi su figure di sovrani santi come Luigi IX, Santo Stefano d'Ungheria.
Se guardiamo la storia. Tuttavia, i Re hanno esercitato il potere per la loro gloria.
Quando il Papa Pio IX negli anni 20 istituisce la domenica di Cristo Re non aveva di certo un panorama politico caratterizzato dalla presenza di sovrani che non si possono definire santi.
Cristo è, tuttavia, Re e questo titolo che è sicuramente svalutato nella politica e nell'ambito sociale offre ancora in Gesù una forte attualità.
Da Gesù impariamo l'esercizio del potere. Questo potere non è mai fine a se stesso, ma è a servizio dell'uomo. Fino all'ultimo minuto della sua esistenza terrena Gesù si è offerto per l'uomo. Lo possiamo notare in questo brano evangelico. Egli, anche nel momento della sofferenza, apre le braccia del perdono al ladrone pentito. Egli perdona i suoi uccisori.
L'uomo è al centro del progetto di Dio.
Il salmo 8 ci offre una indicazione forte: "L'hai fatto poco meno degli angeli di gloria e di onore lo hai coronato".
La regalità di Cristo è a servizio dell'uomo.
Allora non c'è differenza perché tutti gli uomini sono abbracciati da Gesù.
Questa è una lezione importante.
Non ci sono differenze tra gli uomini. Noi facciamo differenze e con le nostre differenze ci creiamo tutte le nostre paure.
Guardiamo lo spettacolo preoccupante con cui serpeggia nei confronti dei migranti tanta preoccupazione.
Gesù mette la sua regalità al servizio anche di questi uomini, donne, bambini e anziani che bussano alle porte della nostra Europa per richiamarci a mostrare i frutti di quegli alberi di cui vogliamo scoprire la robustezza delle loro radici.
Sì, le radici cristiane dell'Europa, sono radici che debbono portare ad alberi rigogliosi.
Una regalità che sfugge davanti alla popolarità, ma che si pone al servizio della Verità sempre e comunque non assecondando compromessi di sorta.
La regalità di Gesù non si esprime in sontuosità, ma sempre in essenzialità.
Nasce in una grotta e muore inchiodato a una croce.
Ecco i troni di Gesù.
La Gloria del Signore, che compete al Figlio di Dio, si nasconde nella povertà delle fasce; lì e non altrove bisogna riconoscerlo.
La Croce, strumento con cui si congeda da questo mondo, è salvezza per l'umanità.
La croce, già segno del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l'albero della vita, il talamo, il trono, l'altare della nuova alleanza. Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa.
La nota di fondo della Regalità di Gesù è la misericordia.
Egli non può rassegnarsi al peccato e alla miseria dell'uomo. Questa miseria commuove il suo cuore e lo sollecita a soccorrerci. E l'uomo, da parte sua, si inserisce in questo grande movimento della misericordia, questa virtù del cuore compassionevole, che condivide la miseria altrui, per soccorrerla.
La misericordia ci conduce al cuore stesso della conversione cristiana, vera metanoia, se paragonata alle mode, agli usi e ai principi che governano la vita degli uomini.
Per Platone, la misericordia è una debolezza (cfr. Leggi XI, Repubblica X). Nella morale di Aristotele, la misericordia non è una virtù, ma una mancanza, che si può scusare solo negli anziani e nei fanciulli (Etica a Nicomano 2,4). Per gli stoici, è la malattia dell'anima. E l'uomo maturo deve saper dominare con la ragione queste manifestazioni di affettività (cfr. Seneca, De Clementia 2, 3-4). Bisogna arrivare a Cicerone per una denuncia del concetto stoico come assurdo, e per riconoscere che la misericordia per il vero filosofo è la saggezza: Viri boni esse misereri (Pro Murena 29,61).
Guardiamo al volto di Cristo Re comprendendo questo termine nell'accezione giusta e allora scopriremo che la misericordia è l'umanità di Dio. Essa è anche l'avvenire divino dell'uomo.

 

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